giovedì 22 settembre 2022

Wanda

 


Guardate "Wanda". E' la serie su Wanna Marchi e sua figlia Stefania Nobile, da ieri su Netflix.


E' fatta splendidamente, piena di materiale e ottimamente realizzata (quattro puntate che volano via), ma non è solo questo. Nella parabola orrenda e immorale di questi due personaggi, c'è molto dell'Italia.


Narra l’ascesa irresistibile di un personaggio volgare e cafone, spietato e irricevibile, dotato di un talento enorme: non avere ritegno (e vantarsene). Un talento condiviso dalla figlia, se possibile persino più inaccettabile e moralmente “efferata”. 


La serie si interroga su chi sia il colpevole tra il truffatore e il credulone, evidenziando la spaventosa - e ostentata - mancanza di empatia delle due criminali condannate a 9 anni e 6 mesi (purtroppo ne hanno fatti solo sei). 


Famiglie distrutte, pochezza etica totale, accenni di camorra, marchesi piduisti vendicativi, "maestri di vita" brasiliani (l'ex cameriere scalzo e poi mago imbonitore Do Nascimiento si è beccato 4 anni col rito abbreviato, non ha fatto mezzo giorno di carcere, se la gode da decenni in Brasile, è strafottente oggi come ieri e quando tornerà in Italia potrà farlo serenamente). 


Dentro c’è l'Italia degli Anni Ottanta, tra le prime tivù commerciali, canzoni vomitevoli (“D’accordo?!”) e il sogno ignorante di essere belli per magia (lo scioglipancia, le alghe); i Novanta tra declino anticipato (la bancarotta, le prime condanne), volgarità gossip tamarre, vendite del nulla (i numeri del lotto, il sale, i rituali, il malocchio) e interventi politici avvolti dal mistero (sì, a un certo punto spunta pure Dell'Utri); e i Duemila della condanna e della gogna, di Striscia la notizia e della Guardia di Finanza, con loro a credere che trasformare il processo in circo mediatico avrebbe giovato (è accaduto il contrario). Sullo sfondo, un paese dove per molti - fino al giorno prima - le due soggette erano da stimare e invidiare, tutto sommato persino simpatiche.


La scena più bella è quando le due vengono prelevate per essere portate in carcere, e pure in quel momento trovano il tempo di filmarsi (ed è l'unica volta in cui la figlia pare piangere sul serio di paura). 


Le scene più tremende sono tante: gli auguri di morte delle criminali (oggi libere) a molti loro nemici; la TOTALE assenza di empatia e pentimento; le lacrime e il dolore di chi, ora per ignoranza e più spesso per disperazione, è stato spolpato e rovinato senza pietà da questa coppia sciattamente diabolica; e quel "i coglioni vanno inculati!", detto con orgoglio durante l’intervista da una Wanna Marchi che a 80 anni è spietata come quando dominava le tivù.


Una serie sulla banalità del male, sulla ferocia quotidiana, su un paese che ama prima elevare (persino due comprimarie sguaiate come queste qua) e poi fucilare (mediaticamente). E sull'ignoranza di un popolo che, nella vita quotidiana come in politica, troppo spesso preferisce credere ai Wanna Marchi più improbabili pur di non pensare con la sua testa.


Una serie stupefacente e terribile, che vi farà più male di quanto crediate: il quadro che ne deriva è infatti quello del niente assoluto. Che è poi il nostro presente. 


Complimenti agli autori: hanno preso una microstoria vile e abietta per trasformarla in un piccolo, surreale e sconsolato racconto di un'epoca. Bravi.

Andrea Scanzi

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