Un colpo alla nuca, ucciso il giorno del suo compleanno, mentre rientrava a casa. Don Pino Puglisi se lo aspettava e quando quell’uomo lo chiamò per nome, sorridendo glielo disse proprio "Me lo aspettavo". Furono le sue ultime parole.
Per anni aveva infatti contrastato la mafia a Palermo. Aveva fatto cambiare i percorsi delle processioni, abolendo i vergognosi “inchini” di fronte alle case dei mafiosi. Aveva strappato il velo d’ipocrisia con tutti quei riti dei cristiani di facciata, quelli che ammazzavano, rubavano, estorcevano e poi pensavano di essere bravi credenti perché avevano una catenina al collo o celebravano feste religiose. Ma oltre a questo, strappava i ragazzi dalla strada. Li toglieva allo spaccio, al giogo mafioso. E questo ai mafiosi non andava bene, perché a causa sua perdevano manovalanza.
Contro la sua parrocchia tirarono molotov, fecero arrivare lettere intimidatorie. Poi incendi, gomme dell’auto squarciate. Don Pino Puglisi non si fermò mai e continuò a strappare ragazzi dalla strada, dalla mafia. Conscio dei rischi diceva: “Il massimo che possono farmi è ammazzarmi. E allora?”.
Era il 15 settembre 1993 quando avvenne.
A lui, tanti ragazzi devono oggi una vita diversa, profondamente diversa. Perché grazie al suo impegno e il suo coraggio vennero strappati dalla strada. Esempio per tanti, ricordiamone la vita, i valori e il sacrificio, specialmente oggi che di mafia si parla purtroppo molto meno, quando invece dovremmo tenere l’attenzione sempre più alta.
Leonardo Cecchi
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