PIERPAOLO GAROFALO E L’OPINIONE PUBBLICA |
Lo scopo di questa intervista è quello di dare agli studiosi della pubblica opinione la possibilità di studiare la materia da una diversa visuale. Le farò cinque domande. Nel corso della sua vita privata e professionale si è mai posto la domanda da cosa sia regolata l’opinione pubblica? «Mi è difficile rispondere, in quanto io faccio parte di quelli che formano l’opinione pubblica e forse la condiziono, più che costituirla. Comunque mi sono posto la domanda, sì, ma la risposta più immediata è che molta parte dell’opinione pubblica si forma attraverso un media, di cui io sono anche un operatore tra l’altro”. Quando, per la prima volta, ha preso coscienza dell’esistenza della pubblica opinione? «Sono stato, fin da giovanissimo, molto attento ai fenomeni sociali e politici. Proprio in quest’ultimo campo mi sono reso conto che esiste e si percepisce un’opinione pubblica. Come giornalista tuttavia, anche se ho 20 anni d’attività professionale alle spalle, ho avuto riscontri solo in un secondo momento. E questo grazie al contatto diretto con la gente, che mi ha permesso di verificare sul campo il rapporto causa-effetto della mia professione, il comunicare. Scrivevo nella cronaca locale e avevo osservato che i lettori citavano, come spunto di riflessione, articoli che avevo redatto o anche pezzi dei miei colleghi». Il suo approccio al tema in questione è frutto di un percorso di studio o è dettato dall’istinto e dall’esperienza personale? «Sicuramente non da una formazione accademica, ma è dettato sia dall’istinto sia dall’esperienza personale, questo per circa 15 anni. Ora mi sono affacciato anche al mondo degli uffici stampa e quindi di riflesso so come confrontarmi con il mondo dell’opinione pubblica». Come e che sistemi usa per rilevare la pubblica opinione? «Lascio da parte la teoria, anche se la insegno, perché dal punto di vista personale sono molto empirico e mi baso su una capacità che ogni giornalista deve necessariamente sviluppare per lavorare al meglio: lo spirito d’osservazione e l’analisi veloce, mirata e molto target-oriented. In una realtà dinamica e dai processi ideativi e produttivi molto velocizzati come quella di un quotidiano è essenziale. Personalmente posso rilevare l’opinione pubblica anche da una conversazione: sia tra conoscenti che con persone con le quali vengo in contatto per motivi professionali e non. Sono delle cartine di tornasole efficaci. Giornalisticamente parlando, si cita sempre come esempio la cosiddetta “casalinga di Voghera”. Con tale espressione si indica l’archetipo del lettore medio, alle cui capacità ricettive, d’attenzione e comprensione bisogna adeguarsi nel comunicare. Così, quindi, s’indica il tessuto sociale medio cui ci si rivolge o si analizza, quindi persone di medio livello e media cultura. Altre volte, invece, leggendo i giornali, accedendo ai media elettronici, ascoltando la radio o guardando la tv, oppure scambiando esperienze con i colleghi». Il suo metodo personale per creare un’opinione pubblica a lei positiva: in che cosa consiste e con quali strumenti? «Guardi, io non ho mai avuto bisogno di creare un’opinione pubblica su di me in quanto persona, dunque a me positiva. Se invece si parla d’impressione di opinione pubblica che cerco di creare per un committente, a esempio una certa unità dell’Esercito, come mi è successo nella realtà, allora devo dire che cerco di dare anzitutto una buona immagine come persona, sincera e corretta. Credo che, seppure comporti sacrifici e rinunce, alla lunga distanza sia una strategia remunerativa, in termini di credibilità e autorevolezza. Eppoi ne faccio una questione di principio. Io l’ho pagata cara questa mia sincerità, sia umanamente sia professionalmente. Ma la coerenza è un valore cui tengo molto, e io faccio della mia sincerità una bandiera verso l’opinione pubblica». Grazie. http://www.demodossalogia.it/index.php?option=com_content&task=view&id=180&Itemid=1 |
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