mercoledì 5 febbraio 2014

ANDREA TILATTI E L’OPINIONE PUBBLICA
Il professor Andrea Tilatti ha gentilmente rilasciato la seguente intervista a Francesco Bergamo, direttore responsabile dell’Agenzia Informatore Economico-SocialeAndrea Tilatti è professore di Storia medioevale presso la Facoltà di Scienze della Formazione di Udine.
Fa parte del comitato di redazione delle riviste “Il Santo”, “Quaderni di storia religiosa”, “Cristianesimo nella storia”, “Reti medievali”, “Forum Julii” e ha collaborato alla Bibliografia della “Rivista di storia della Chiesa in Italia”. Ha pubblicato articoli, schede e recensioni su alcune riviste nazionali ed estere: “Analecta Augustiniana”, “Bollettino della Società di studi valdesi”, “Cristianesimo nella storia”, “Medievistik”, “Quaderni di storia religiosa”, “Quaderni storici”, “Rivista di storia sociale e religiosa”, “Rivista di storia e letteratura religiosa”, “Ce fastu?”, “Metodi e ricerche”, “Quaderni cividalesi”. Ha pubblicato e collaborato alla stesura di sessanta lavori tra volumi, pubblicazioni e saggi.

Professore, lo scopo di questa intervista è quello di dare agli studiosi della pubblica opinione la possibilità di studiare la materia da una diversa visuale. Le farò cinque domande.
Professore, nel corso della sua vita privata e professionale si è mai posto la domanda da che cosa sia regolata l’opinione pubblica?
«Credo che la risposta sia soggetta a notevoli margini di variabilità. Questione preliminare è cosa si intenda per “opinione pubblica”. Si potrebbe pensare che essa sia un tipico prodotto della società moderna e implichi uno stretto rapporto con il mondo della politica, come per lo più appare dalle pubblicazioni che ne definiscono il concetto. Se così fosse, si dovrebbe ritenere che sia regolata per lo più dalle fonti di informazione e di opinione, dai mezzi di comunicazione, innanzi tutto. Assumendo una prospettiva che tenga conto della profondità storica, però, si nota che nelle espressioni dell’opinione pubblica (politica o di altra natura) non contano solo gli impulsi momentanei ed estrinseci, ma agiscono pure strutture mentali e stratificazioni culturali preesistenti, capaci di orientare anche la fruizione e interpretazione dei messaggi provenienti, ad esempio, dai mass media».

Quando, per la prima volta, ha preso coscienza dell’esistenza della pubblica opinione?
«Non saprei dare una risposta precisa. Potrei dire che in qualche misura è connaturato a tutti preoccuparsi dell’opinione altrui, tuttavia la formalizzazione del concetto (o, meglio, dei concetti) deriva dalla mia pratica di lavoro di storico e di docente».

Professore, il suo approccio al tema in questione è frutto di un percorso di studio o è dettato dall’istinto e dall’esperienza personale?
«Il mio primo campo di indagine è l’agiografia: ossia la disciplina che studia la dimensione storica dei santi e della santità. Da quando esiste, la santità cristiana di un individuo ha come carattere ineliminabile, sia pure non sufficiente, il consenso della vox populi, in altri termini di una opinione pubblica, di una fama, favorevole. Questo è un terreno di ricerca non estraneo alla scienza, di natura soprattutto sociologica, che studia il concetto di pubblica opinione (penso ai testi di Vincent Price o, più recentemente, di Giorgio Grossi, o di molti altri studiosi). Ad un livello più pratico, come docente, devo in qualche modo preoccuparmi di avere un “consenso”, innanzi tutto circa la mia professionalità. Istinto, esperienza, percorsi di studio sono strade da percorrere insieme, soprattutto per uno storico, il quale vive per certi aspetti immerso nel passato, ma vi si immerge e lo comprende solo se abbia una viva attenzione e sensibilità per il presente».

Come e che sistemi usa per rilevare la pubblica opinione?
«Anche in questo caso occorre rispondere in modo articolato. Nel mio mestiere di ricercatore devo affidarmi alle fonti, ai documenti. La loro tipologia è vastissima. Io mi occupo per lo più di medioevo e non ho a disposizione materiali paragonabili ai sondaggi d’opinione ora tanto usati. Sono costretto a leggere e analizzare i documenti, che normalmente sono pochi, se paragonati a quelli disponibili per l’epoca attuale, sotto un profilo “qualitativo”, forzandoli a darmi notizie che apparentemente non avevano intenzione di darmi. Allora posso sperare che mi dicano la verità, ossia esprimano una propria “opinione”. Certo, non ho normalmente a che fare con “masse”, anche se si sa che pure piccoli campioni possono essere significativi. Per la mia funzione di docente posso cavarmela quasi con una battuta. Quando tengo i miei corsi universitari non devo sforzarmi molto: da alcuni anni vige un sistema di valutazione della didattica e i questionari circa la soddisfazione degli studenti mi giungono già elaborati e trattati».

Il suo metodo personale per creare una opinione pubblica a lei positiva: in che cosa consiste e con quali strumenti?
«La domanda sarebbe più fruttuosa se rivolta a un uomo politico, a un attore, a una personalità nota a un livello più esteso di quanto possa normalmente aspirare un docente universitario. Per quanto possa parere retorico, dirò che, per quanto mi concerne, tento sempre di far corrispondere nel mio essere “persona pubblica” verbum et exemplum. Mi sforzo di possedere e di mostrare solidità di formazione, correttezza di metodo e inappuntabilità professionale. Si comunica pure con i comportamenti. Le esperienze di studio e di vita mi dimostrano ogni giorno che si viene osservati molto di più di quanto si creda, mentre si viene ascoltati molto meno di quanto si vorrebbe».

Professore, grazie.
http://www.demodossalogia.it/index.php?option=com_content&task=view&id=179&Itemid=1

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