giovedì 31 luglio 2014

La sacerdotessa sumera

Daniela Degan

L’articolo che segue fa parte del percorso di ricerca «Tracce di mutualità nella storia», insieme a Ayla, la figlia della terra che visse nell’Europa Preistorica, «Le donne di Creta», «Superare la «democrazia» greca». La ricerca mette insieme interviste immaginarie, indagini tra storia e archeologia al femminile, racconti per fare emergere punti di vista, storie e paradigmi che aiutano a mettere in discussione idee, politiche, stili di vita, relazioni sociali (il percorso parte da una prospettiva in cui alcuni spunti del pensiero femminista, ancora poco indagati, si intrecciano con i principi e la pratichedella decrescita).
Esistono molti linguaggi, differenti metodologie, la possibilità di molte verità che possono emergere anche dopo un sogno: siamo davanti alla bellezza delle narrazioni mitologiche o a quelle dei modelli matematici e delle dimostrazioni scientifiche.
Con il tempo sento più l’esigenza di mostrare, piuttosto che di-mostrare, attraverso un linguaggio poetico e visionario che scaturisce dal cuore e dal mio immaginario femminile archetipo e dettato dai legami e connessioni con le nostre antenate. Mi appresto allora a narrarvi una nuova storia, un nuovo avvenimento di tempi remoti.
Siamo intorno al 2.300 prima dell’era comune.
Desideravo con tutta me stessa, con il mio corpo di una moderna dea dormiente, poter rifare quei sogni e avere quelle visioni, perché questo mi avrebbe permesso di riconnettermi con la dimensione sottile di una grande gioia, nell’incontro di un nuovo svelamento.
Sono a Ur, la città-stato, centro della civiltà sumerica, fiorita lungo le rive dell’Eufrate, non lontano dalla confluenza con il fiume Tigri. Nel tempio del dio-luna Nanna, nel gipar, la residenza della Grande Sacerdotessa della Dea Inanna.
Aspetto… l’attesa è senza tempo.
Eccola che arriva, le sue lunghe vesti rosse con le balze che la modellano nella sua originale bellezza, i suoi lunghi capelli neri, raccolti nelle trecce, un passo solenne di Grande Sacerdotessa…. Sono le prime luci dell’alba, siamo sole, mi avvicino, la omaggio. Tutto intorno, un giardino armonioso e il canto degli uccelli ci avvolgono di amore immenso.
Dan: Io sono venuta dal sogno per incontrarti, Enheduanna, grande sacerdotessa e poetessa della dea Inanna. Sono Dan del Serpente arcobaleno e le tue poesie, i tuoi versi antichi mi hanno condotta a te… tu mi hai chiamato ed io ti ascolto, antica madre della poesia scritta.
Enheduanna: Salve a te Dan! Non indossi le vesti degli antichi, non indossi le vesti delle antenate di Samarra, tu non porti lunghi capelli sciolti fino ai piedi e non ti appresti a danze estatiche, ma nel tuo nome appare il serpente e tieni in mano un bastone con il simbolo della mia signora Inanna dal cuore immenso e al collo hai la dea dei Cucuteni, la dea serpente … sei la benvenuta e benedetta in questo luogo sacro.
«Io sono Enheduanna, la vera signora di Nanna, moglie di Nanna, figlia di Sargon di Akkad, re di tutto, nel tempio di Inanna»: questo è quello che ho fatto incidere nel Disco di Alabastro (foto), nel quale presiedo un rituale di libagione nel mio gipar.
Dan: So chi sei. Tuo padre, Sargon, ti ha nominato Grande Sacerdotessa del dio-luna Nanna, ma tu somma poetessa hai innalzato la Dea Inanna grazie ai tuoi versi, i primi scritti, prima di Saffo, prima dell’epica di Gilgamesh. Noi, donne “oltraggiose e coraggiose” e indomite abbiamo letto i tuoi versi. Tu ci insegni, dopo secoli, cosa vuole dire avere la responsabilità di un potere personale, spirituale e immaginifico.
La scoperta del tuo disco è materiale concreto di quello che una donna può essere. Penso che la tua poesia, gli inni alla Dea Inanna, siano una protesta per l’intrusione dei re nel potere religioso, che sappiamo essere stato, molto prima di te, nelle mani delle donne-sacerdotesse, senza bisogno di investitura alcuna ad opera degli uomini-re. Sai, divina poeta, per citarti “combattere è il mio gioco” e molte di noi, le mie sorelle di girotondi moderni e di antiche danze a spirale, sono “quelle donne guerriere come una sola linea che procedono dal fiume e lavorano insieme (…)”, le molte devote che sono state bruciate dall’amore per te “come mattoni cotti al sole” divenendo così materia resistente di costruzioni durature nel tempo.
Enheduanna: Grazie Dan per le mie parole che si rinnovano nelle tue, prendono forza e definiscono la nostra essenza di donne, connesse in dimensioni che vanno oltre lo spazio, il tempo, il visibile e le soglie. Una mia collega moderna e irachena, Amal al-Juburi, nel 1967 ha scritto di me:  «Lei era il gioiello di Sargon, ora è sacerdotessa della frammentazione. Urlate e non dimenticate, monumenti maledetti che il cuore di Enheduanna era più grande della scrittura di questi tiranni».
Non posso che essere orgogliosa di queste donne dei miei territori che rifacendosi a figure come la mia dea Inanna dal CCcCuore Immenso e a Lilith, riflettono sull’essenza di essere donne, come feci io ai miei tempi. Sostiene Rita El Khayat, scrittrice marocchina, candidata al premio nobel nel 2008: «In questi ultimi anni si è affermato che la condizione femminile è in genere difficile. Io ho voluto rettificare questa posizione. Essere donna può essere piacevole: le donne sono belle, ridono e scherzano. Raccontano e si raccontano, cantano e danzano. Si vestono di colori sgargianti e di molteplici riflessi cangianti. Amano i gioielli e sanno indossarli, la loro ricerca del piacere è già di per sé una forma di bellezza».
Sono donne che esaltano la possibilità di un metodo per la promozione dell’io creativo alla ricerca di una continua evoluzione della emancipazione femminile, come nell’immagine della spirale, senza un principio e una fine, in divenire continuo.
I miei inni, i miei versi spiccano per una caratteristica, nel mio tempo ancora sconosciuta, l’utilizzo della parola ”io”, della prima persona: io sono una donna che ha preso la parola in onore e omaggiando un’altra donna, una Dea, Inanna, così terrena oltre che divina, immanente. Spiego, attraverso la mia poesia, la difficoltà e anche la pena delle pratiche legate alla professione del culto di Inanna. Il mio testo sacro per 500 anni sarà usato come esempio per l’insegnamento dell’arte dello scriba. Ed è anche per questa continua ripetizione che i miei tre poemi Inninsagurra, Ninmesarra e Inninmehusa (La signora dal gran cuore, L’esaltazione di Inanna e La dea dai poteri eccezionali) sono arrivati salvi a voi donne del mondo nuovo, prossimo oramai alla nuova era.
Dan: Cara Enheduanna, la scoperta e la riunione dei frammenti del disco e la scoperta dei tuoi testi sono un esempio per tutte noi, ma anche un lascito chiaro e incontrovertibile delle tue molteplici capacità e delle tue responsabilità di principessa, sacerdotessa e poetessa sublime, in un mondo non certo facile, dove secondo alcune ricerche, stava avvenendo un passaggio, come lo definisce Riane Eisler, dalla società del piacere alla società della dominanza e del dolore: un nuovo ordine simbolico, quello della spada. Come lo hai vissuto? Cosa hai fatto per resistere visto che hai governato per quasi cinquant’anni?
Enheduanna: Quando sono stata insediata come grande sacerdotessa, mio padre Sargon aveva già riunito tutte le città-stato della Mesopotamia, precedentemente in guerra tra di loro. Fu la prima riunificazione delle città meridionali sotto un’unica organizzazione amministrativa: la città settentrionale di Akkad. Tuttavia ci furono sempre rivolte e la spada era molto usata a quel tempo. L’antico ordine che da Jarmo, Samarra e Halaf durava da millenni, in cui le madri e le dee occupavano il centro e l’agricoltura muoveva i primi passi, ancora resisteva.
Mio padre, narra la leggenda, era il figlio di una sacerdotessa e quando crebbe rivendicò il favore della dea Ishtar, come sai il nome semitico della dea Inanna. Tutti i re del Primo Periodo Dinastico, non potendo fare diversamente per essere legittimati nel loro potere, si autodefinivano sposi di una divinità femminile, in questo caso della Dea Inanna. Attraverso di lei mantenevano il potere indicando così di essere ancora in una fase di passaggio, anche se di lì a poco le cose sarebbero cambiate. Il mio ruolo e il potere connesso al titolo già non veniva più dalla Dea, ma da mio padre.
«Io la Grande Sacerdotessa, Io Enheduanna» sono stata rimossa con la forza dal mio incarico e fui bandita dal tempio di Nanna a Ur. Io nei miei sacri quartieri «ho sollevato la cesta rituale, io ho cantato il grido di gioia», ma quell’uomo mi ha gettato tra i morti. Lui, Lugalanne, divorando la mia vita, ha rovinato quel luogo sacro e impose nuovi rituali perché non temeva il Grande Uomo An. Io mi rifiutai, lui mi allontanò dai miei luoghi sacri, dove cantavo inni alla eminente Regina, guardiana della stanza del trono. Profondamente sdegnata dell’affronto, gridai alla mia Dea, pregai nel buio della notte: lei unico mio conforto e la mia unica speranza di soccorso e di giustizia.
Come vedi cara Dan era il potere maschile che avanzava, con le armi, profanando i recinti sacri dei templi di An e di Inanna. Lei, Regina del cielo e della Terra, intervenne e io tornai nel luogo che mi spettava. E restai per molti, moltissimi anni ancora. Io come sacerdotessa ero la sposa del dio luna Nanna, ma avevo un grande vantaggio su tante altre: la mia poesia. Non ho smarrito la mia voce e sono rimasta ferma nelle mie idee e nelle mie convinzioni. Ho usato i miei versi, maturati nelle mie più intime percezioni dell’immaginazione, donando una nuova luce e compostezza alla Dea Inanna, elevandola sulle altre divinità maschili che stavano ovunque prendendo una forma che non corrispondeva più alle visioni dell’antica religione neolitica. Intuivo che l’emozione e le immagini avevano un peso reale sulla psiche umana. Volevo mantenere, attraverso la scrittura, la potenza di una dea non domata dall’ordine sociale, capace di «rovesciare la testa», di essere simbolo di trasformazione e di cambiamento, una dea che sfida le strutture e che sa anche impugnare la spada, una dea immanente nella natura, l’antica dea uccello che, «come primo serpente», esce dalla montagna. Luce e ombra insieme perché non c’è separatezza nell’essere dea…
Dan: … e quindi nell’essere donna «che cavalca il potere come il fuoco rosso», che persuade con la sua impudenza.
Enheduanna: Figlia più antica della Luna, che hai distrutto Ebih, O vergine Inanna che tu sia lodata e lode sia a Nisaba dea della scrittura.
Signora dal cuore immenso
Regina che brama battaglia
gioia degli Annuna
Figlia più antica della Luna
Suprema su tutte le terre
Tu sovrasti i grandi sovrani
Regina di rare imprese
Lei raccoglie i me
da cielo e terra
superando il grande An
An è ignaro del suo pianto
mai si oppone al suo comando
lei è mutevole e nascosta
LEI completa i grandi me
Rende perfetti i poteri consacrati
LEI la più importante degli dei
Tira con le sue mani la corda –da- naso
Lei è una morsa di legno
Pizzica gli dei
Terrore oscillante avvolge la montagna
Colpisce silenziosa la strada
Lei urla
E gli dei iniziano a tremare
Lei infuria
E gli Annuna tremano
Si rannicchiano come una canna piegata
Di fronte al suo ruggente dum-dum
Afferrano braccia e gambe e si nascondono
Senza Inanna
An è titubante
Enlil non può stabilire i destini
(…) Inanna leonessa
accovacciata in un bosco di canne
si lancia per squarciare l’impavido
gatto selvatico di montagna
vagando per le strade
mostra le zanne umide
digrigna i denti
Regina toro selvaggio
Signora della forza
Audacemente forte
nessuno osa allontanarsi
An, scosso dalla paura
trema davanti alla tua casa
Solo quando ti siedi
Nel suo dominio
La sua pelle non brucia
E lui dice
I riti reali dei re
I riti divini degli dei
porgo nelle tue mani
(..) senza di te nessun fato è stabilito
senza di te non giunge alcun profondo consiglio
(….) distruggere, costruire, sollevare, trasformare un uomo in una donna, una donna in un uomo, insegnare, vigilare, scoprire luoghi sacri, la parola di rifiuto, la parola di liberazione, unire, preparare contese tra amanti, prendersi cura, essere negligente, incoronare, dare il trono, garantire i culti, scherzare, provocare risate, oscurare la luce, chiamare i serpenti dal deserto, rendere liberi
Sono cose tue INANNA
Signora dal cuore immenso
Regina che brama battaglia
gioia degli Annuna
Figlia più antica della Luna
Suprema su tutte le terre
(… ) sia lode alla mia signora avvolta dalla bellezza
SIA LODE A INANNA

Fonti utilizzate:
INANNA Signora dal cuore immenso – Betty De Shong Meador – Edizione Venexia – Le isole di Venexia – Roma, 2009
Rileggendo:
Il Linguaggio della Dea – Marija Gimbutas – Edizione Le civette di Venexia – I Saggi
Quando dio era una Donna – Merline Stone – Edizione Le civette di Venexia – I Saggi
Il Piacere è sacro. Il potere e la sacralità del corpo e della terra dalla preistoria ad oggi – Riane Eisler – Forum
Oscure madri splendenti – Le radici del sacro e delle religioni – Luciana Percovich Edizione Le civette di Venexia – I Saggi
Il mito sumero della vita e dell’immortalità. I poemi della Dea Inanna – D.Wolkestein e S. Noah Kramer – Jaca Book
Fonti on-line:
http://www.cddc.vt.edu/feminism/Enheduanna.html
http://www.angelfire.com/mi/enheduanna/index.html
http://www.women-philosophers.com/EnHeduAnna.html


Daniela Degan è impegnata da anni nella ricerca e nella formazione sui temi della nonviolenza, della decrescita e della storia al femminile.

http://comune-info.net/2013/02/enheduanna-la-grande-sacerdotessa-sumera/

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