giovedì 31 luglio 2014

Le multinazionali si attaccano al tubero

Alessandro Graziadei

 La più grande azienda chimica tedesca, la Basf, ha annunciato la resa europea sul fronte ogm. La multinazionale di Francoforte ha, infatti, deciso di bloccare gli investimenti e le richieste per ottenere una licenza comunitaria utile alla coltivazione di varietà di patate geneticamente modificate in Europa. In un comunicato emanato il 30 gennaio dalla propria sede centrale di Ludwigshafen in Renania, la Basf ha dichiarato di “dover interrompere l’iter dei regulatory approvals per i progetti delle patate Fortuna, Amadea e Modena in Europa perché la continuazione degli investimenti non può essere giustificata a causa dell’incertezza del contesto normativo e per le minacce di distruzioni dei campi ogm” che in passato hanno contaminato altre colture. La decisione della Basf di rinunciare ad introdurre patate ogm in Europa era nell’aria dopo che qualche settimana fa a Bruxelles la Commissione europea (che ha avuto fino ad oggi una politica favorevole agli ogm) aveva annunciato che “bloccherà il processo di approvazione per le colture ogm fino alla fine del suo mandato”, che scade il prossimo anno e “lavorerà per raggiungere un accordo con gli Stati membri dell’Ue,” la maggioranza dei quali sono ad oggi contrari agli ogm.

Così a lasciare l’Europa, oltre alla varietà di patata Fortuna pensata come una patata da consumo (resa resistente alla peronospora, malattia in grado di distruggere il 20% della produzione annuale) e la cui richiesta di via libera era stata presentata nel 2011, è oggi tutto il pacchetto ricerca e sviluppo sui tuberi ogm della Basf, la cui introduzione era attesa per il 2015. Nel 2010 dopo una procedura durata 13 anni, l’Unione europea aveva autorizzato la sola coltivazione della Amflora arricchita con amido e destinata ad un uso industriale, ma che ha avuto una scarsissima diffusione e dopo essere stata seminata soprattutto in Germania, Svezia e nella Repubblica Ceca è stata progressivamente abbandonata.

Anche per questo già un anno fa, a causa delle perplessità europee nei confronti dell’adozione dell’ingegneria genetica in campo agricolo, la Basf aveva interamente trasferito negli Stati uniti la divisione Plant Science con una perdita netta di 140 impieghi ad alta professionalità in Europa. “Anche in Usa la procedura di approvazione è dura, ma gli americani trattano più apertamente la questione, e non sono così fortemente ideologizzati”, aveva dichiarato l’ex presidente della Basf Juergen Hambrecht che non aveva rinunciato a difendere lo sviluppo e la commercializzazione ogm. “Quando mi viene chiesto della questione sicurezza, da scienziato non posso che affermare che esistono sempre dei rischi residui, ma questo vale anche per le cose quotidiane, come per un autista o un ciclista”.

Di tutt’altro avviso l’associazione ambientalista Bundche ha accolto con soddisfazione la volontà della Basf di lasciare l’Europa ed interrompere anche la procedura di autorizzazione per le nuove patate ogm: “Con un anno di ritardo nei consigli d’amministrazione è finalmente tornato il lume della ragione”, ha commentato Heike Moldenhauer, esperta di ingegneria genetica della Bund, sottolineando la diffidenza da parte dei consumatori dell’Unione ed in particolare di quelli tedeschi che per il 75 per cento si oppone agli Ogm e solo pochi politici sono ancora favorevoli.
 “Si prende finalmente atto – ha fatto eco la Coldiretti – che gli ogm spingono verso un modello di sviluppo omologante che non si adatta a quell’agroalimentare che in Europa è vincente solo se punta sulla biodiversità” e questo è stato possibile grazie al “rifiuto mostrato dai cittadini nei confronti dell’adozione dell’ingegneria genetica in campo agricolo” e che ha portato al calo della superficie coltivata a Ogm in Europa. “Su un totale di 27 paesi dell’Unione europea – ha continua la Coldiretti – solo in 6 è stato coltivato mais Ogm: Spagna, Romania, Slovacchia, Portogallo, Polonia, e Repubblica Ceca”. Mute Schimpf, infine, esperta di biotecnologia agricola per l’organizzazione ambientalista Friends of the Earth Europe di Bruxelles, ha invitato anche altre aziende “a seguire l’esempio della Basf e a portare via dall’Europa le proprie colture ogm” alla luce delle numerose proteste degli ambientalisti in diversi Paesi europei.

Mentre la patata bollente ogm è per ora passata oltre Oceano, il fronte italiano anti ogm guidato da una trentina di associazioni ambientaliste, di difesa dei consumatori e di categoria ha lanciato un appello a tutte le forze politiche impegnate nella campagna elettorale, “perché si impegnino a dire no agli ogm se e quando faranno parte del nuovo governo”. Una scelta in favore degli ogm, farebbe venire meno “quei principi di precauzione e di responsabilità che implicano il dovere di informare ed impedire l’occultamento di dati e ricerche su possibili rischi, sia per la salute che per l’ambiente; a riguardo basta sottolineare che una vasta parte della comunità scientifica continua ad esprimere forti e rinnovate perplessità e significative resistenze all’impiego delle tecnologie transgeniche”. Altro elemento contestato è che la scelta degli ogm finirebbe per mettere in discussione il modello agricolo e zootecnico italiano, una “chiave identitaria e distintiva basata sulla qualità e sulla bio-diversità” che sta alla base del Made in Italy.

“Per questo chiediamo – ha spiegato il Wwf – in modo chiaro e trasparente a tutti i partiti e candidati impegnati nella consultazione elettorale di esprimersi in merito all’adozione della clausola di salvaguardia da notificarsi alla Commissione europea, su iniziativa dei ministri delle Politiche agricole, alimentari e forestali, della Salute, dell’Ambiente, al fine di vietare ogni eventuale futura forma di coltivazione di ogm autorizzata a livello europeo a tutela della sicurezza del modello economico e sociale di sviluppo dell’agroalimentare italiano”. La scelta ogm-free aiuterebbe, ha concluso il Wwf, “tutte quelle esperienze avviate con successo in economia e nella società, che stanno dando vita a modelli di consumo sempre più basati sulla trasparenza, sulla assoluta garanzia di sicurezza, sul riconoscimento della firma del produttore stesso, ripristinando la fiducia negli scambi dopo i molti scandali provocati dal commercio internazionale dell’agroalimentare”.


Fonte: Unimondo.org

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