Alessandro Graziadei
La più grande azienda chimica tedesca, la Basf, ha
annunciato la resa europea sul fronte ogm. La multinazionale di Francoforte ha,
infatti, deciso di bloccare gli investimenti e le richieste per ottenere una
licenza comunitaria utile alla coltivazione di varietà di patate geneticamente
modificate in Europa. In un comunicato emanato il 30 gennaio dalla propria sede
centrale di Ludwigshafen in Renania, la Basf ha dichiarato di “dover
interrompere l’iter dei regulatory approvals per i progetti delle patate
Fortuna, Amadea e Modena in Europa perché la
continuazione degli investimenti non può essere giustificata a causa
dell’incertezza del contesto normativo e per le minacce di distruzioni dei campi
ogm” che in passato hanno contaminato altre colture. La decisione della Basf di
rinunciare ad introdurre patate ogm in Europa era nell’aria dopo che qualche
settimana fa a Bruxelles la Commissione europea (che ha avuto fino ad oggi una
politica favorevole agli ogm) aveva annunciato che “bloccherà il processo di
approvazione per le colture ogm fino alla fine del suo mandato”, che scade il
prossimo anno e “lavorerà per raggiungere un accordo con gli Stati membri
dell’Ue,” la maggioranza dei quali sono ad oggi contrari agli ogm.
Così a lasciare l’Europa, oltre alla varietà di patata Fortuna pensata come una
patata da consumo (resa resistente alla peronospora, malattia in grado di
distruggere il 20% della produzione annuale) e la cui richiesta di via libera
era stata presentata nel 2011, è oggi tutto il pacchetto ricerca e sviluppo sui
tuberi ogm della Basf, la cui introduzione era attesa per il 2015. Nel 2010 dopo
una procedura durata 13 anni, l’Unione europea aveva autorizzato la sola
coltivazione della Amflora arricchita con amido e destinata ad un uso
industriale, ma che ha avuto una scarsissima diffusione e dopo essere stata
seminata soprattutto in Germania, Svezia e nella Repubblica Ceca è stata
progressivamente abbandonata.
Anche per questo già un anno fa, a causa delle perplessità europee nei
confronti dell’adozione dell’ingegneria genetica in campo agricolo, la Basf
aveva interamente trasferito negli Stati uniti la divisione Plant Science con
una perdita netta di 140 impieghi ad alta professionalità in Europa. “Anche in
Usa la procedura di approvazione è dura, ma gli americani trattano più
apertamente la questione, e non sono così fortemente ideologizzati”, aveva
dichiarato l’ex presidente della Basf Juergen Hambrecht che non aveva rinunciato
a difendere lo sviluppo e la commercializzazione ogm. “Quando mi viene chiesto
della questione sicurezza, da scienziato non posso che affermare che esistono
sempre dei rischi residui, ma questo vale anche per le cose quotidiane, come per
un autista o un ciclista”.
Di tutt’altro avviso l’associazione ambientalista Bundche ha accolto
con soddisfazione la volontà della Basf di lasciare l’Europa ed
interrompere anche la procedura di autorizzazione per le nuove patate ogm: “Con
un anno di ritardo nei consigli d’amministrazione è finalmente tornato il lume
della ragione”, ha commentato Heike Moldenhauer, esperta di ingegneria genetica
della Bund, sottolineando la diffidenza da parte dei consumatori dell’Unione ed
in particolare di quelli tedeschi che per il 75 per cento si oppone agli Ogm e
solo pochi politici sono ancora favorevoli.
“Si prende finalmente atto – ha
fatto eco la Coldiretti – che gli ogm spingono verso un modello di sviluppo
omologante che non si adatta a quell’agroalimentare che in Europa è vincente
solo se punta sulla biodiversità” e questo è stato possibile grazie al “rifiuto
mostrato dai cittadini nei confronti dell’adozione dell’ingegneria genetica in
campo agricolo” e che ha portato al calo della superficie coltivata a Ogm in
Europa. “Su un totale di 27 paesi dell’Unione europea – ha continua la
Coldiretti – solo in 6 è stato coltivato mais Ogm: Spagna, Romania, Slovacchia,
Portogallo, Polonia, e Repubblica Ceca”. Mute Schimpf, infine, esperta di
biotecnologia agricola per l’organizzazione ambientalista Friends of the Earth
Europe di Bruxelles, ha invitato anche altre aziende “a seguire l’esempio della
Basf e a portare via dall’Europa le proprie colture ogm” alla luce delle
numerose proteste degli ambientalisti in diversi Paesi europei.
Mentre la patata bollente ogm è per ora passata oltre Oceano, il fronte
italiano anti ogm guidato da una trentina di associazioni ambientaliste, di
difesa dei consumatori e di categoria ha lanciato un appello a tutte le forze
politiche impegnate nella campagna elettorale, “perché si impegnino a dire no
agli ogm se e quando faranno parte del nuovo governo”. Una scelta in favore
degli ogm, farebbe venire meno “quei principi di precauzione e di responsabilità
che implicano il dovere di informare ed impedire l’occultamento di dati e
ricerche su possibili rischi, sia per la salute che per l’ambiente; a riguardo
basta sottolineare che una vasta parte della comunità scientifica continua ad
esprimere forti e rinnovate perplessità e significative resistenze all’impiego
delle tecnologie transgeniche”. Altro elemento contestato è che la scelta degli
ogm finirebbe per mettere in discussione il modello agricolo e zootecnico
italiano, una “chiave identitaria e distintiva basata sulla qualità e sulla
bio-diversità” che sta alla base del Made in Italy.
“Per questo chiediamo – ha spiegato il Wwf – in modo chiaro e trasparente a
tutti i partiti e candidati impegnati nella consultazione elettorale di
esprimersi in merito all’adozione della clausola di salvaguardia da notificarsi
alla Commissione europea, su iniziativa dei ministri delle Politiche agricole,
alimentari e forestali, della Salute, dell’Ambiente, al fine di vietare ogni
eventuale futura forma di coltivazione di ogm autorizzata a livello europeo a
tutela della sicurezza del modello economico e sociale di sviluppo
dell’agroalimentare italiano”. La scelta ogm-free aiuterebbe, ha concluso il
Wwf, “tutte quelle esperienze avviate con successo in economia e nella società,
che stanno dando vita a modelli di consumo sempre più basati sulla trasparenza,
sulla assoluta garanzia di sicurezza, sul riconoscimento della firma del
produttore stesso, ripristinando la fiducia negli scambi dopo i molti scandali
provocati dal commercio internazionale dell’agroalimentare”.
Fonte: Unimondo.org
http://comune-info.net
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