venerdì 3 agosto 2012

Euro, l'epurazione dei contrari


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Riporto questo articolo di Claudio Borghi, apparso sul Giornale di oggi, a pagina 3. Lo ringrazio di avermi citato, "senza pregiudizi".


di Claudio Borghi @borghi_claudio

Il contrasto fra il dibattito internazionale in merito agli errori nella costruzione dell'Euro e il silenzio totale della politica Italiana sul tema è impressionante. Eppure si tratta di argomenti che, oltre ad essere profondamente pervasivi, vedono un'opinione pubblica divisa a metà e una fortissima e qualificata corrente di opinione da parte di economisti internazionali di assoluto prestigio: in teoria quindi condizioni ideali per la nascita di un dibattito di largo spessore.

Non si tratta quindi di una stravaganza de “il Giornale”, che da più di un anno ospita articoli che invitano a riconsiderare l’Euro attuale, al contrario, è incredibile che gli appelli di premi Nobel come Krugman e Stiglitz rimangano del tutto inascoltati e relegati, magari dagli stessi giornali che ne pubblicano gli articoli tradotti, a idee marginali senza risposta. Le opinioni euroscettiche non sono del resto una novità. Buona parte del mondo accademico economico anglosassone evidenziò da subito molti dei difetti della moneta unica, poi prontamente rivelatesi tali. Si trattava di nomi di peso assoluto, come Rudiger Dornbusch, professore al MIT oppure Martin Feldstein, insegnante ad Harvard. Tali opinioni risultarono poi fondamentali per la decisione dell’Inghilterra di non aderire alla moneta unica e ne rimane evidente traccia nei dibattiti parlamentari a seguito dei quali la scelta di Londra venne presa.

In Italia invece tali argomenti “contro” vennero sbrigativamente bollati come dettati da una sorta di invidia dell’America nei confronti della meravigliosa idea europea. Errare è umano ma, una volta toccato con mano e duramente quanto essi avessero avuto ragione, sarebbe normale aprire una parentesi di riflessione e ripensare al merito delle nostre scelte. Invece il nulla. Eppure Dornbusch nei suoi scritti faceva preciso riferimento proprio all’Italia, prevedendo che una volta agganciata ad una valuta troppo forte si sarebbe trovata negli stessi problemi che avevano portato alla crisi del ’92. Il premio Nobel Krugman è addirittura ossessivo, dalla sua tribuna ospitata nelle colonne del New York Times, nell’evidenziare la stupidità delle scelte dei governanti europei e del mito dell’”austerità espansiva”. Su queste pagine viene citato ma per il dibattito politico italiano egli rimane sostanzialmente uno sconosciuto, così come le conclusioni euroscettiche di un altro premio Nobel come Joseph Stiglitz. E’di questa settimana l’ennesimo articolo di Krugman che paragona l’Euro al calabrone, che in teoria non dovrebbe volare ma che ha volato lo stesso grazie allo sfruttamento delle economie periferiche (gonfiate dal denaro “facile”portato dall’Euro) da parte dell’industria della “virtuosa” Germania avvantaggiata dall’assenza di cambi flessibili. Recente è lo studio di David Woo di Merrill Lynch che, sulla base della teoria dei giochi, stabilisce che per l’Italia sarebbe conveniente uscire dall’Euro.

Nulla. Silenzio. I commentatori di casa nostra rimangono aggrappati ad uno studio catastrofista dell’UBS dell’anno scorso come se fosse vangelo. Non mancano comunque anche le voci europee sull’insostenibilità dell’Euro così come oggi è formulato: peccato che le idee, pure se ottimamente argomentate come quelle di Paul de Grauwe oppure gli editoriali più che espliciti di Jeremy Warner, editorialista economico del “Telegraph”, fatichino a trovare spazio nella cappa di euroconformismo montiano.

In questo contesto l’informazione a volte va cercata con fatica in rete, dove i commenti degli economisti contro l’Euro vengono attivamente dibattuti, talvolta anche in siti italiani, come quello gestito dal professor Alberto Bagnai dell’università di Pescara, abilissimo nel confutare i falsi miti legati all'Euro e che ha organizzato anche un convegno internazionale per discutere del tema, invitando economisti come Roberto Frenkel dell’università di Buenos Aires. Altre voci si possono ritrovare nelle interviste “senza pregiudizi” del blogger indipendente Claudio Messora, a volte sbrigativamente bollate come “complottiste” per lo spazio che concedono a tutte le opinioni, incluse quelle di qualche teoria alternativa. Eppure anche economisti decisamente a favore dell’Europa, come Luigi Zingales, propongono idee per uscire dal vicolo cieco attuale, come ad esempio la creazione di due aree differenziate.

Insomma, ce ne sarebbe abbastanza perché anche in parlamento si cominciasse a discutere apertamente di costi e benefici, senza accettare qualsiasi cosa in nome del dogma della moneta unica. Nota finale: quasi tutti gli economisti “critici” propongono soluzioni alternative alla rottura dell’Euro: le tasse non sono mai fra queste.

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