venerdì 31 agosto 2012

Dalla Chiesa: un intreccio di segreti lungo trent'anni


I 'cento giorni a Palermo' del superprefetto, ucciso il 3 settembre 1982

La A112 bianca con i corpi senza vita di Carlo Alberto Dalla Chiesa e della moglie Emanuela Setti Carraro, crivellata dalle raffiche di Kalashnikov AK-47, in via Isidoro Carini, Palermo, il 3 settembre 1982

La A112 bianca crivellata dalle raffiche di Kalashnikov AK-47 il 3 settembre 1982


Carlo Alberto Dalla Chiesa e la seconda moglie Emanuela Setti Carraro alla prima uscita dopo il loro matrimonio nel luglio 1982

L'agente Domenico Russo, ucciso assieme a Carlo Alberto Della Chiesa e alla moglie del generale

Una donna e un ragazzo leggono un cartello con la scritta ''Qui e' morta la speranza dei palermitani onesti '' apparso sul luogo dell'omicidio

Il presidente della Repubblica Sandro Pertini e il presidente del Consiglio Giovanni Spadolini durante i funerali a Palermo il 4 settembre 1982

Il tricolore, la sciabola e il berretto della divisa da generale di Carlo Alberto Dalla Chiesa sul feretro del generale

Il presidente della Repubblica Sando Pertini rende omaggio alla salma di Carlo Alberto Dalla Chiesa durante i funerali a Palermo. In prima fila i ministri Virginio Rognoni e Bettino Craxi

Lungo corteo di cittadini per rendere l'ultimo saluto a Carlo Alberto Dalla Chiesa prima dei funerali a Palermo

Rita Dalla Chiesa commossa sul feretro del padre durante i funerali a Palermo

Il feretro di Carlo Alberto Dalla Chiesa portata a spalla da ufficiali di polizia e carabinieri dopo i funerali nella chiesa di San Domenico a Palermo

Il ministro dell'Interno Virginio Rognoni attraversa piazza San Domenico scortato da funzionari di polizia, mentre da una parte della folla vengono scanditi slogan contro il governo, dopo i funerali

Rita Dalla Chiesa bacia le medaglie ricevute dal padre Carlo Alberto durante la sua carriera ai funerali del generale celebrati a Milano il 5 settembre 1982

Carlo Alberto Dalla Chiesa e la seconda moglie Emanuela Setti Carraro nel giorno del loro matrimonio nella cappella del castello di Ivano Fracena, in provincia di Trento

Il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa entra in Prefettura a Palermo il 30 aprile 1982


Il ministro dell'Interno Virginio Rognoni (S) e il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa (D)


di Franco Nicastro

C'era un inquieto presagio nelle parole che Carlo Alberto Dalla Chiesa aveva affidato a Giorgio Bocca nella sua ultima intervista: "Un uomo viene colpito quando viene lasciato solo". Quelle parole davano forza a un senso di impotenza, frustrazione, ostilità che accompagnò Dalla Chiesa nei suoi 'cento giorni a Palermo'. La sfida alla mafia era cominciata lo stesso giorno (30 aprile 1982) in cui era stato ucciso Pio La Torre. E si sarebbe conclusa la sera del 3 settembre 1982 in via Carini: sotto i colpi di Kalashnikov di un commando il generale fu ucciso con la moglie Emmanuela Setti Carraro e l'agente Domenico Russo.
Mentre all'Ucciardone si brindava, in una Palermo stretta tra orrore e disperazione, una mano anonima lasciò un cartello sul luogo dell'agguato: "Qui è morta la speranza dei palermitani onesti". All'indignazione della città fece eco la denuncia del cardinale Salvatore Pappalardo che ai funerali svolti in un clima di grande tensione tuonò: "Mentre a Roma si discute Sagunto viene espugnata". Sagunto, cioé Palermo, era stata espugnata da un sistema criminale che aveva colpito lo Stato e stritolato Dalla Chiesa, lasciato solo e senza i poteri di coordinamento e di intervento a lungo e inutilmente reclamati.
All'atto della sua nomina il generale era stato chiaro. Veniva in Sicilia per colpire la struttura militare di Cosa nostra ma soprattutto per spezzare il sistema di coperture e di complicità tra la mafia e la politica. Al presidente del consiglio Giulio Andreotti aveva promesso: "Non guarderò in faccia nessuno".
L'attacco alla mafia era partito con un rapporto contro 162 boss, l'atto di avvio di un lavoro investigativo che pose le basi del primo maxiprocesso a Cosa nostra con 475 imputati e una montagna di accuse. L'altro fronte investigativo aperto da Dalla Chiesa era il sistema politico-affaristico contiguo alla mafia. Ma proprio queste iniziative, hanno scritto i giudici della corte d'assise, suonavano come un "chiaro campanello d'allarme per chi all'epoca traeva impunemente quanto illecitamente vantaggio dai rapporti tra la mafia e la politica, soprattutto nello specifico mondo degli appalti". Per questo l'azione del superprefetto fu circondata dalle ostilità politiche ambientali.
Preparata da una catena di sangue intitolata dalla mafia "campagna Carlo Alberto", con la strage di via Carini i boss poterono regolare i conti con un nemico storico implacabile che in Sicilia aveva già dato prova della sua determinazione: nel 1949 quando, giovane capitano, era stato mandato a Corleone a perseguire il clan di Luciano Liggio e tra gli anni '60 e '70 quando aveva comandato la legione dei carabinieri di Palermo.
Dopo trent'anni i processi hanno scritto una verità parziale. Sono stati condannati i sicari e i vertici della cupola tra cui Totò Riina, Bernardo Provenzano e Pippo Calò. Ma i lati oscuri sono tanti: "Si può, senz'altro, convenire con chi sostiene che persistano ampie zone d'ombra, concernenti sia le modalità con le quali il generale è stato mandato in Sicilia a fronteggiare il fenomeno mafioso, sia la coesistenza di specifici interessi, all'interno delle stesse istituzioni, all'eliminazione del pericolo costituito dalla determinazione e dalla capacità del generale". Così si legge nella sentenza che ha condannato all'ergastolo i killer Raffaele Ganci, Giuseppe Lucchese, Vincenzo Galatolo e Nino Madonia, e a 14 anni i pentiti Francesco Paolo Anzelmo e Calogero Ganci. L'ombra della "coesistenza" di interessi, di cui parla la sentenza, incombe su un misterioso episodio. La sera del delitto qualcuno andò a cercare nella residenza di Dalla Chiesa lenzuoli per coprire i cadaveri. Ma ne approfittò per ripulire la cassaforte dove il superprefetto teneva documenti scottanti, compreso un dossier sul caso Moro. Quando i magistrati l'aprirono non trovarono più nulla. Da quel mistero ne sono germinati tanti altri, tutti irrisolti, sull'intreccio di poteri che decretarono la fine di Dalla Chiesa. (ANSA)













 

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