“Il grande capolavoro della natura, l’elefante; l’unica creatura gigantesca e innocua”
John Donne
Edicola Magnani, cimitero di Bregazzana di Varese
E’ indubbiamente il più stravagante ed eclettico tra i monumenti funebri italiani. Si compone di un elefante in bronzo di grandezza quasi naturale sormontato da una pagoda indiana in pietra grigia alla cui sommità vi è una grande lanterna realizzata in ferro battuto e vetro. L’originalissima opera fu realizzata nel 1919 per volontà del commendator Angelo Magnani, nipote ed erede del cavalier Angelo Poretti fondatore dell’omonimo birrificio situato nella vallata sottostante Bregazzana, all’inizio della Valganna. Il monumento fu commissionato al celebre scultore Enrico Butti, originario di Viggiù in provincia di Varese, che si avvalse della collaborazione dell’ingegnere varesino Ernesto Brusa. La cripta è posta al di sotto del monumento e vi si accede attraverso un portale in bronzo decorato con i rilievi dei coniugi Magnani, posizionato al centro della pagoda, in corrispondenza del ventre dell’elefante. Ai lati del portale sono poste due emblematiche figure in pietra: una contadina inginocchiata con un cesto di ortaggi sulle ginocchia ed un soldato dormiente. La donna rappresenta il sacrificio e il duro lavoro dei campi ricompensati dai frutti della Terra; la seconda figura allegorica richiama l’Italia sfinita dalla Grande Guerra con il soldato esausto abbandonatosi al sonno dopo una immane fatica. Alla base della cuspide si alternano scene di lavoro agreste che celebrano lo spirito di sacrificio delle famiglie contadine. Questa bizzarra ma nello stesso tempo pregevole opera architettonica, era originariamente posizionata nei giardini della Villa Magnani. Solo in seguito, all’inizio degli anni venti del secolo scorso, si decise di spostarla nel piccolo cimitero di Bregazzana per farne il mausoleo di famiglia, Angelo Magnani morì infatti il 19 maggio del 1924. Il mausoleo pertanto non ha alcun richiamo alla religione cattolica, ma è viceversa una celebrazione laica del lavoro e della volontà di ricostruzione di un paese profondamente segnato dalla guerra. L’elefante in molte culture simboleggia infatti la forza e la tenacia. Nel suo complesso l’edicola Magnani sembra ispirarsi ad un certo gusto per l’esotico se non addirittura alle filosofie orientali. Viceversa, considerandone l’origine puramente decorativa nel parco della villa padronale della famiglia Magnani, il monumento potrebbe forse riferirsi all’immagine dell’elefante come rappresentato nell’arte figurativa del XVI secolo. Nel ‘500 infatti numerosi artisti, molti dei quali allievi o seguaci di Hieronymus Bosch, raffigurarono il pachiderma nelle loro opere richiamandosi ad una certa suggestione per l’esotico, in un’epoca di grandi esplorazioni in Africa e in Asia. L’elefante era inoltre spesso protagonista di fastosi ricevimenti con i quali i sovrani dell’epoca celebravano le proprie conquiste coloniali.
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