LA RIVINCITA DI SPALLETTI. E ORA QUALCUNO A ROMA DOVRA’ CHIEDERGLI SCUSA – PER ZAMPARINI ERA “UNO SFIGATO, UN BECCHINO”, ILARY LO DEFINI’ “UN PICCOLO UOMO” AL TEMPO DELLA QUERELLE TRA IL TECNICO E TOTTI. CON IL NAPOLI CONQUISTA IL SUO PRIMO SCUDETTO IN ITALIA: I TIFOSI GIALLOROSSI CHE ROSICANO NON RICORDANO IL SUO GIOCO SPUMEGGIANTE E IL FATTO CHE CON LA ROMA AVREBBE GIA’ POTUTO VINCERE IL TRICOLORE DUE VOLTE…
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Francesco Persili per Dagospia
LUCIANO SPALLETTI IN LACRIME DOPO LA CONQUISTA DELLO SCUDETTO
Finalmente “lo sfigato” Spalletti ce l’ha fatta. Certo, ha vinto con lo Zenit in Russia, ma vuoi mettere uno scudetto in Italia? C’è riuscito, dopo una vita in cui non ha mai viaggiato al “posto finestrino”. A 64 anni, a Napoli, una città che lo aspettava dai tempi di Maradona. Più di mille panchine in serie A e quello stigma che lo marchia dai tempi del Venezia, complice Zamparini: “Spalletti è un becchino, porta sfiga”. Salvo poi aggiungere: “Ma è bravissimo, sbagliai a esonerarlo”. Già, perché di Spalletti te ne accorgi soprattutto quando non ce l’hai più. Provare per credere. Con la Roma, lo scudetto avrebbe potuto vincerlo due volte.
Nel 2008, lo perse anche per “errori arbitrali” dopo un contestatissimo Inter-Roma 1-1 con espulsione nel finale di Mexes, rosso definito da Totti “un aiutone ai nerazzurri”, ma soprattutto in cima a un campionato con “sette-otto partite falsate” (De Rossi dixit).
En passant, Luciano Spalletti da Certaldo è stato l'ultimo allenatore, prima di Mourinho, ad aver regalato trofei ai giallorossi (due coppe Italia e una Supercoppa) dopo aver messo alla porta Cassano ed essersi inventato un 4-2-3-1 spumeggiante con Totti falso 9, Perrotta incursore, che fece dire a Mexes: “Luciano ha fatto grande una piccola Roma”.
Quando tornò a Trigoria nel 2016, per “portare a termine il lavoro”, centra un terzo e un secondo posto con 87 punti in campionato (record assoluto per la Roma) che fanno ancora oggi male alle coronarie di Walter Sabatini, direttore sportivo di quella Roma: “Con quel punteggio in altre stagioni, si vince il titolo. Ma c’era la Juve che faceva più di 100 punti. Questo rammarico non passerà mai…”.
Lo scontro frontale con Totti e le scudisciate con la stampa romana con riferimenti zoologici a “topini” e “galline del Cioni” ha fatto perdere di vista il grande lavoro sul campo di Spalletti che scovò il talento di Emerson Palmieri, fece tornare un cecchino infallibile Dzeko, regalò a Nainggolan giornate (e non solo nottate) indimenticabili. Una gioiosa macchina da gol, la seconda Roma spallettiana. Lo spagnolo Cesc Fabregas ricorda cosa gli confessarono Emerson e Rüdiger ai tempi del Chelsea: “Spalletti ci diceva che se avessimo lanciato la palla lunga ci avrebbe messo in panchina”. Il giornalista di Sky Angelo Mangiante certifica: “Esperienza fantastica per me seguire sul campo un allenatore così preparato. Meritava uno scudetto conquistato con la forza delle sue idee”. Daniele De Rossi, tra i primi a complimentarsi con lui sui social, lo annovera tra le sue fonti di ispirazione per il mestiere di allenatore che è andato ad iniziare.
“Big Spalla” è un artigiano del calcio che ha sempre fatto giocare bene le sue squadre. La cura per la linea difensiva, il play palleggiatore alla Pizarro o alla Lobotka, la palla buttata dentro all’improvviso. Walter Sabatini di Spalletti riconosce “il genio tormentato, con saltuari sconfinamenti in una quieta follia”. Il "Caravaggio" della panchina con i suoi demoni e le sue ossessioni: l'avversione per il poker in ritiro, che fu motivo di polemica aspra con Totti, l’erezione agonistica che diventa tormentone (“Uomini forti, destini forti, non c’è altra strada”) e l'epitaffio califanesco (“Non escludo il ritorno”) al termine della seconda avventura romanista.
daniele de rossi foto di bacco (1)
Dopo averlo inseguito per anni, arriva con il Napoli quel titolo che per troppo tempo è stata la sua croce. “Sì, bravo, però…”, si diceva, perché non aveva ancora vinto lo scudetto.
Quello scudetto che ora sta assaporando piano piano ma senza dimenticare le lacrime per gli esoneri, il “piccolo uomo” che si beccò da Ilary, le “prese per il culo” per le scarpe da calcio e i fischi degli ultrà giallorossi ogni volta che torna all’Olimpico.
E visto che ama la filosofia non meno di "diagonali e spaziature", Spalletti sa che il piacere non è solo nel risultato ma anche nel percorso, sempre accidentato, che porta ad esso. Uomo forte, destino forte. La strada era quella giusta. E ora a Roma qualcuno dovrà chiedergli scusa…
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Previti71
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