domenica 9 marzo 2014

La Cassazione riapre il processo sulla strage di Piazza della Loggia

↳ Una storica fotografia scattata subito dopo lo scoppio della bomba in piazza Della Loggia a Brescia

Dopo quarant’anni la lun­ghis­sima vicenda pro­ces­suale sulla strage di Piazza della Log­gia non è ancora chiusa. Ieri la quinta sezione penale della Corte di Cas­sa­zione, dopo poche ore di camera di con­si­glio, ha accolto il ricorso della pro­cura gene­rale di Bre­scia con­tro le asso­lu­zioni di Carlo Maria Maggi e Mau­ri­zio Tra­monte. Esce invece defi­ni­ti­va­mente dal pro­cesso Delfo Zorzi, oggi impren­di­tore in Giap­pone. I tre neo­fa­sci­sti di Ordine Nuovo, coin­volti anche nei pro­cessi sulla strage di piazza Fon­tana, erano stati assolti il 14 aprile del 2012 insieme al gene­rale dei cara­bi­nieri Fran­ce­sco Del­fino. Adesso per Maggi e Tra­monte si dovrà nuo­va­mente cele­brare il pro­cesso d’appello. La Cas­sa­zione inol­tre ha annul­lato quella parte del ver­detto di secondo grado che con­dan­nava le parti civili al paga­mento delle spese processuali.
Il 28 mag­gio 1974 alle 10 e 12 in piazza Della Log­gia a Bre­scia durante una mani­fe­sta­zione anti­fa­sci­sta dei sin­da­cati una bomba uccise 8 per­sone e ne ferì 108. Da allora la verità giu­di­zia­ria non è mai stata accer­tata nono­stante il sus­se­guirsi di tre inchie­ste e un numero enorme di udienze che hanno pro­dotto 900.000 pagine di docu­men­ta­zione. La sen­tenza della Cas­sa­zione ria­pre uno spi­ra­glio per la terza inchie­sta giunta a un ver­detto di asso­lu­zione in primo grado nel 2010 per Zorzi, Maggi, Tra­monte, Del­fino e Pino Rauti per insuf­fi­cienza di prove, con­fer­mato in appello due anni dopo. Maggi, medico, era il capo in Veneto di Ordine Nuovo e secondo l’accusa sarebbe stato il man­dante della strage in cui sarebbe coin­volto anche Tra­monte in quanto noto infor­ma­tore dei ser­vizi segreti (la cosid­detta fonte Tri­tone). Zorzi invece era accu­sato di aver con­fe­zio­nato e pro­cu­rato l’ordigno. Men­tre Fran­ce­sco Del­fino era il coman­dante dei cara­bi­nieri, poi dive­nuto gene­rale, accu­sato di aver depi­stato le inda­gini.
«Ver­rebbe meno la mia coscienza di cit­ta­dino se non chie­dessi alla Corte di col­mare con gli stru­menti che ha a dispo­si­zione le lacune di una sen­tenza che non può essere accet­tata», ha detto l’altro giorno il pro­cu­ra­tore gene­rale della Cas­sa­zione Vito D’Ambrosio che aveva chie­sto di ria­prire il pro­cesso. «E’ stato Maggi l’ideatore del man­dante della strage di Piazza Della Log­gia», ha soste­nuto D’Ambrosio per il quale dagli atti emerge «la sua volontà di com­piere atten­tati e stragi. Il pro­cu­ra­tore gene­rale aveva anche rite­nuto «neces­sa­ria la revi­sione della posi­zione di Tra­monte» e aveva invece defi­nito «defi­lata» la posi­zione di Zorzi. Infine aveva chie­sto di rin­viare al giu­dice civile gli atti riguar­danti il gene­rale Del­fino. Impos­si­bile fare di più visto che la pro­cura di Bre­scia non aveva pre­sen­tato ricorso con­tro la sua asso­lu­zione, ma quanto meno per D’Ambrosio andava tute­lata in sede civile l’interesse delle parti civili. Richie­sta, que­sta, che però la Cas­sa­zione non ha accolto. «La posi­zione di Del­fino rias­sume e con­densa la pagina più amara – ha detto D’Ambrosio — per­ché rimarca il ruolo irre­vo­ca­bil­mente nega­tivo di un uomo dell’apparato dello stato che è il motivo per cui ci tro­viamo ancora in que­sta aula».
Maggi, 79 anni, oggi risiede a Vil­la­nova di Gheb­bio (Rovigo) e ha già annun­ciato che non si farà vedere al nuovo pro­cesso d’appello: «Io vado dalla pol­trona al letto. Andranno i miei legali all’appello. Sono venti anni che la giu­sti­zia mi per­se­guita. Mi è costata un po’ di soldi, ma per for­tuna non tan­tis­simi. Tanto, penso che non ci sia niente da fare. Faranno l’appello tra loro».
Il pro­nun­cia­mento della sen­tenza è stato invece ascol­tato fra le lacrime dai super­stiti e dai parenti delle vit­time. «Meglio di così non poteva andare», ha com­men­tato Redento Peroni, uno dei 103 feriti dalla bomba. «Ritrovo il senso di una giu­sti­zia che ha dato rispo­sta alla sto­ria – ha detto Man­lio Milani, pre­si­dente dell’associazione delle vit­time – ritrovo qui i com­pa­gni che non ci sono più. Dalla sen­tenza della Cas­sa­zione abbiamo la con­ferma della respon­sa­bi­lità della destra e dei depi­staggi». Sod­di­sfa­zione è stata espressa anche da Roberto Di Mar­tino, attuale pro­cu­ra­tore a Cre­mona e pm dei due primi gradi di giu­di­zio cele­brati a Bre­scia: «Una luce dopo tanto buio per i parenti delle vit­time di cui ricordo la sof­fe­renza lace­rante, i volti rigati di lacrime dopo i primi due verdetti».

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