domenica 16 febbraio 2014

Meno male che (a Ponte Milvio) Silvio c’è…


silvio120.jpgMestieri che cambiano, mestieri che scompaiono. Con la crisi dell’artigianato spariscono i mestieri storici, non li vuole fare più nessuno. Secondo un recente studio fra quelli che si estingueranno nel giro di un decennio ci sono anche i calzolai. Che accada o no, noi intanto cantiamo meno male che (a Ponte Milvio) Silvio c’è
C’era una volta l’arrotino, il ciabattino, il fabbro, la ricamatrice, il materassaio cardatore.. e la lista potrebbe continuare a lungo perché sono tanti i mestieri antichi e ricchi di storia che stanno scomparendo.
Piccoli artigiani che lavorano con le mani, custodi di antiche tradizioni, botteghe disordinate e a volte polverose dove si consumano mestieri rigorosamente “made in Italy” che i giovani non vogliono imparare, mestieri di una volta sopraffatti dalla grande distribuzione,da anonimi centri commerciali, dal “made in China”, dall’epoca dell’usa e getta, professioni delle quali tutti abbiamo ancora bisogno e di cui tutti proviamo un po’ di nostalgia.
E anche la zona nord di Roma, e in particolare Ponte Milvio, che fino a qualche anno fa era un po’ l’anima artigiana dei quartieri Vigna Clara, Corso Francia, Fleming fino ad arrivare ai Parioli, si sta svuotando delle tante piccole e preziose botteghe artigiane per lasciare il posto a boutique, pub, paninoteche, friggitorie, birrerie, pizzerie,wine bar, kebab.
Ma la spiegazione a tutto ciò in qualche modo c’è. Un tempo si guardava alla qualità e un acquisto doveva durare a lungo, quasi una vita. Oggi purtroppo le materie prime e gli articoli sono spesso di pessima qualità tanto che non vale la pena ripararli, perché la riparazione costerebbe più del prodotto nuovo.
Fino a qualche anno fa, ad esempio, in via della Farnesina c’era un piccolo negozio di arrotino, punto di riferimento della zona dove tutti, ma proprio tutti, almeno una volta sono entrati per comperare o affilare forbici, coltelli, coltellini.. e un negozio di pasta all’uovo dove la proprietaria preparava rigorosamente a mano gli gnocchi di semolino o di patate con la ricetta di una volta, le lasagne cotte che sembravano fatte in casa e, sotto le festività natalizie, il negozio fermava le ordinazioni tante erano le richieste.
Anche a Roma Nord quindi sta scomparendo il mondo dei piccoli artigiani che si arrende alla crisi e alla ritrosia dei giovani i quali, nonostante le grandi difficoltà di inserirsi nel mondo del lavoro, non vogliono “sporcarsi” le mani, in senso positivo naturalmente, con i cosiddetti mestieri manuali, diventati sempre più di nicchia.
Ma qualcuno, per fortuna, ancora resiste. E parliamo di Silvio. Tutti lo conoscono e lo salutano solo col nome di battesimo. Silvio, professione calzolaio, orgoglioso di essere artigiano.
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Cinquantotto anni, figlio di un impiegato dell’Atac e di una casalinga, single per scelta, da venticinque anni dedica le sue giornate a risuolare le scarpe, rifare i tacchi, accomodare cinte e borse.
Nella zona è conosciuto sin dal 1989 quando ha aperto un corner all’interno del grande magazzino Upim di Via Ferrero da Cambiano. Nel 2005, però, decide di mettersi in proprio e apre il suo negozietto, 25 mq in via dei Prati della Farnesina, al civico 3. Siamo andati a scoprire i suoi segreti.
La sua è una bottega-bazar sui generis. Intanto perché da Silvio molti clienti, con la scusa di rifare i tacchi, riparare una borsa o una cintura, si intrattengono per fare due chiacchiere e.. c’è sempre qualche aneddoto curioso da scoprire sul quartiere, qualche piccola notizia che ai più è sfuggita.
La sua ricetta con i clienti? “Sorrisi, molta pazienza e non avere preferenze politiche e sportive”.
Alle 8,30 del mattino Silvio ha l’appuntamento fisso per un cappuccino e un cornetto al Bar Pallotta con i suoi fedelissimi Ennio e Aldo, tipografo pensionato uno e rappresentante l’altro, amici cari con cui divide gran parte della giornata in quanto presenze fisse all’interno del suo negozietto.
E inoltre, a fare da cornice ai suoi attrezzi da lavoro, quasi a “dargli una spinta” alla routine della quotidianità, le sue tre grandi passioni: la fotografia, la pittura, il cinema.
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E così, appese alle pareti della sua “disordinata” bottega alcune foto da lui scattate (Villa Borghese innevata, un gattino seduto su una panchina del Pincio, le foto di Anna Magnani e Marylin Monroe, le sue attrici preferite, uno scorcio della Sardegna…) o disegni/schizzi da lui eseguiti a penna, a olio, a carboncino (un ritratto di Van Gogh, la Venere del Botticelli, un ritratto a olio dell’attrice Sydne Rome del 1980, Il Martirio di San Matteo del Caravaggio ancora da ultimare..) .
E poi, ancora, un modellino di cartone che riproduce la torretta di Ponte Milvio, modellini di aeroplani e di macchinette,berretti dell’Arma dei carabinieri, della polizia..
Silvio, come hai imparato questo mestiere? Me l’ha insegnato un vecchio calzolaio. Con in tasca un diploma da tecnico perito in comunicazioni e uno in dattilografia, ho fatto tanti concorsi senza esito positivo poi un giorno, un vecchio amico calzolaio mi ha detto:”Viene a bottega da me, ti insegno a usare i ferri del mestiere. Vedrai, ti piacerà…”
C’è qualche richiesta curiosa che ti ha fatto un cliente? Sì, una signora mi ha chiesto di foderare con la pelle un’urna cineraria. Francamente non ce l’ho fatta ad accontentarla…. un’altra invece mi ha lasciato a riparare un borsone firmatissimo. Dopo un anno non era ancora tornata a ritirarlo, il numero di cellulare che mi aveva lasciato era inesistente, così l’ho dato in beneficenza.
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Silvio, risenti anche tu della crisi? No, direi di no. Anzi, le persone invece di comperare le scarpe nuove le fanno riparare.
Si guadagna a fare il calzolaio, cosa consiglieresti a un giovane disoccupato? Si guadagna il giusto per vivere e per togliersi qualche soddisfazione e oggigiorno non è poco. A un giovane direi di imparare un mestiere manuale. Di non scoraggiarsi alle prime difficoltà, rimboccarsi le maniche e non storcere il naso di fronte a certi mestieri…
Quando andrai in pensione, chi ti sostituirà? Al momento non ho eredi e non vedo in giro ragazzi disposti a imparare questo mestiere che, diciamolo chiaramente, comporta parecchi sacrifici. In piedi dodici ore al giorno e sempre a contatto con lucidi, colori e odori….Però mi piace e mi arricchisce il contatto continuo con persone diverse.
Ilaria Galateria

http://www.vignaclarablog.it/2013120925919/meno-male-che-a-ponte-milvio-silvio-e/

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