DUE CAMERE E SERVIZI - APRE NEL CENTRO DI
ROMA LA NUOVA SEDE DELLE SPIE ITALIANE, PER LA PRIMA VOLTA TUTTI INSIEME
(DIS, AISE E AISI), CON LA PIU' GRANDE MIGRAZIONE DI 007 CHE SI RICORDI
- MITI E LEGGENDE DEI SERVIZI ALLA AMATRICIANA, DA FORTE BRASCHI ALLA
NUOVA ''LANGLEY DE' NOANTRI
Michele Masneri per Il Foglio
Di quanti metri quadri ha bisogno una spia? Due
camere e servizi? Ecco, nella fondamentale miniserie televisiva in onda
sulla Bbc, "The night manager", tratta da un romanzo di John Le Carré,
protagonista un bellone portiere di notte che si improvvisa spietato
spione ai danni di un mercante d'armi impersonato da Hugh Laurie (il
dottor House, qui cattivissimo), ma co-protagonista come al solito è la
sede, la fatiscente ma operativa sede dei servizi segreti inglesi, River
House, sorta di tempio assiro-babilonese sul Tamigi, già protagonista
immobiliare anche dell'ultimo 007, "Spectre" in cui invece viene fatta
implodere tipo ecomostro.
la nuova sede dei servizi segreti a roma piazza dante foto del sito degradoesquilino
Invece a Roma si prepara un quartier generale nuovo
di zecca per gli 007 italici. E' quasi pronto infatti il palazzone dei
Servizi a piazza Dante, deep Esquilino, non lontano dalla stazione,
cantiere incessante che trasformerà il maestoso edificio umbertino delle
Casse di risparmio postali nell'ufficio unificato di Dis, Aise e Aisi,
cioè il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, l’Agenzia
informazioni e sicurezza esterna, e quella per gli interni: insomma la
Trilateral delle spie italiane, per la prima volta riunite sotto un
unico tetto: col più grande trasloco di burocrazie ancorché segrete
della storia repubblicana.
Mille dipendenti almeno, dicono al Foglio ambienti
del Dipartimento della Sicurezza, nel palazzo eretto nel 1914
dall'architetto Rolland, progettista del teatro-cinema Adriano e papà
del grande Luigi Moretti, archistar razionalista immaginifica a
chilometri zero che nacque e tutta la vita abitò a via Napoleone III
(papà ufficioso, tanto che non gli tramandò il nome).
la nuova sede dei servizi segreti a roma piazza dante
Il palazzo, 11.182 metri quadrati, un dado di cento
metri per lato, alto 28 metri, "un monumento della nuova Italia
all’operosità ed all’avvenire del suo popolo" come disse all'epoca il
sottosegretario alle Poste Augusto Battaglieri inaugurandolo, oggi è
imbiancato e quasi restaurato, dovrebbe aprire ad agosto ("ma è più
probabile all'inizio del nuovo anno", dicono al Foglio spie
qualificate), ha superato le proteste dei vicini per rumori e tremori
del suolo, e diffusione di leggende metropolitane visto il committente
inquietante e mitologico, i Servizi segreti.
Si è detto in particolare che nel sottosuolo siano
posti vasti depositi d'armi; falso, però ci sarà un grande parking
laddove vi era un famoso rifugio antiaereo durante la Seconda Guerra
Mondiale (di qui le indicazioni "piazza Dante", in giallo e nero,
d'epoca, sparse per tutta la città, quasi come quelle veltroniane di
"Auditorium", visibili secondo alcuni burloni anche sulla Luna).
Secondo il giornale "Il cielo sopra Esquilino",
espressione della società civile merulana, "gli occhi dei residenti sono
abituati a palizzate, strade interdette, viavai di camion e altri mezzi
pesanti".
la nuova sede dei servizi segreti a roma piazza dante foto del sito degradoesquilino
Alcuni sollevano rilievi poi sull'opportunità di
piazzare la "Langley de noantri", come viene soprannominata citando la
sede Cia americana, proprio nel mezzo di una piazza del centro, ben
visibile da ogni lato grazie anche a una superfetazione di cristallo, un
piano attico nuovo di zecca in vetro luminescente, che riflette già i
magnifici tramonti esquilini e avrà una visuale celestiale su San
Giovanni e i colli fatali, però in tanti si chiedono se vista la
cubatura del mammozzone c'era bisogno di aggiungere questo attico
sberluccicante.
Ma forse tutta questa vetratura simboleggia forse la
nuova trasparenza dei Servizi, per la prima volta riuniti in
coabitazione, forse il cristallo darà quel tocco "d'antico e moderno che
è la bellezza de Roma", come diceva Franca Valeri in "Parigi o cara";
però se lo si guarda dalle strette vie dei poeti (Petrarca, Machiavelli,
Leopardi, che conducono alla piazza) effettivamente il palazzone
segreto pare una Costa Crociere gigante in quelle foto "No grandi navi",
che si vede dagli scorci veneziani e fa un po' paura.
la nuova sede dei servizi segreti a roma piazza dante foto del sito degradoesquilino
L'attico delle spie è peraltro legittimo - i Servizi
trasparenti e cristallini per il loro attico non hanno invocato la
sicurezza nazionale, e pur potendo derogare la qualunque non hanno
derogato, ma hanno invece collaborato con la Soprintendenza (chissà se
derogavano).
Adesso la Nave dei Servizi è lì ed è quasi pronta al
varo, e a chi obietta che normalmente i Servizi li mettono in luoghi
isolati e nascosti, che "c'è un problema oggettivo di sicurezza", e
"piazzano nel cuore della città un obiettivo perfetto", come dice un
esperto della materia, le spie replicano desolate: "ma mica potevamo
andare a Zagarolo", come dice sempre al Foglio una spia; le nostre sedi
sono note, del resto, e in fondo anche il palazzone londinese dell'MI6 è
da sempre "il segreto peggio conservato di Londra, noto ad ogni
tassista o 007 estero".
E poi questo trasloco permette di cancellare una
decina di uffici in giro per Roma, con notevoli risparmi forse anche di
traffico (la Nave dei servizi nuova di zecca è di proprietà di Cassa
Depositi e Prestiti). Dunque un ottimo investimento, come dicono le
agenzie immobiliari, e insomma le spie si stringeranno nella nuova sede
terrazzatissima e "per amatori".
la nuova sede dei servizi segreti a roma piazza dante foto del sito degradoesquilino
Di certo ora bisognerà sloggiare però tutta la
comunità sorta spontaneamente sotto il palazzone, in un parchetto
leggiadro di palme e lecci che funge da bivacco per un'umanità alcolica e
variegata. Anche oggi, basta entrare e sotto una targa "Securitalia
area video sorvegliata", in quello che dovrebbe essere il parco più
monitorato d'Italia, ecco siringhe in gran quantità e giacigli di
volantini Expert; e vuoti di Peroni e Tavernello, mentre al centro della
piazza due scivoli per bambini scarabocchiati e vandalizzati; su uno è
seduto Joy, trentenne indiano, fa il badante, ci dice "sto aspettando un
amico, qui di giorno è sicuro ma poi la sera arrivano i peruviani,
quelli sono cattivissimi, bevono, fanno di tutto". Intanto un altro
signore si tira giù le mutande e fa la pipì davanti a me, mentre parlo
con Johnny.
Però intanto 'sta Langley cambia la geografia delle
spie romane: il palazzone "non ospiterà funzioni operative", dunque
niente poligoni bensì tanti archivi, dicono sempre le mie amiche spie; e
rimarranno alcune sedi, ufficiali e segrete, sparse per la città, che
hanno creato soprattutto mitologia e letteratura in questi anni.
forte braschi sede aise
A partire dal Forte Braschi, al quartiere Trionfale,
sede dell'Aise, forte ottocentesco impenetrabile ove allignano varie
leggende metropolitane; soprattutto che vi sia un tunnel segreto che
porta sotterraneamente fino agli altri palazzi del potere e soprattutto a
Civitavecchia; la scoperta, di questo fantomatico tunnel, si ebbe nel
1997, quando - pare - un gruppo di operai scavando verso la Pineta
Sacchetti trovò una cavità segreta, da cui scaturirono alcuni uomini
armati come i russi ipogei a villa Ada nel romanzo di Ammaniti "Che la
festa cominci".
L'episodio non fu verificato, ma si trascinò in sedi
come si dice istituzionali, la polizia disse trattarsi di normali
cunicoli che attraversano la città, vecchie fognature. Le Ferrovie dello
Stato dissero che si trattava della costruenda Alta Velocità. Il
deputato di An Marco Zacchera non si accontentò, chiese lumi al governo,
sostenendo che dallo stesso tunnel uscirono dei Carabinieri il giorno
del rapimento Moro, vent'anni prima.
forte braschi sede aise
Il presidente della Camera Luciano Violante ironizzò:
"il tunnel? Utile in caso di traffico". Non se ne fece più niente,
mentre non fu mai verificata nemmeno la leggenda che voleva a Forte
Braschi anche un piccolo zoo, con gazzelle e cerbiatti, voluto dagli
ufficiali dei Servizi per sentirsi forse meno soli, per fare pet
therapy.
servizi segreti
Del resto ogni spia ha il suo gusto, a partire
dall'arredo, che cambia negli anni. Nel 1993, mentre la prima repubblica
moriva, assai dolcemente, a via Giovanni Lanza, altra sede fondamentale
delle nostre spie, ufficio dell'Aisi già Sisde che oggi verrà
abbandonata in favore del mammozzone cristallino, scoppiava il caso
appunto della "Banda del Sisde", storia di ruberie molto da commedia
all'italiana, con personaggi chiamati "Er cinese" e "La Zarina", e
protagonisti con cognomi ortofrutticoli come Broccoletti, o Finocchi.
Maurizio Broccoletti, direttore amministrativo, nella sua villa di Rieti
si era fatto fare la "sala hobby" o tavernetta, ricordava Filippo
Ceccarelli sulla Stampa negli anni Novanta.
La Zarina - un'anziana segretaria, perché le spy
story romane difficilmente potrebbero finire sullo schermo in saghe
serie e sexy - fu accusata anche d'aver usato fondi riservati per volare
in Sudamerica a conoscere la star di una soap opera cui era assai
devota. Mentre Michele Finocchi, già capo di Gabinetto del Sisde, venne
fuori anche nel delitto dell'Olgiata, ville di altra cubatura e
standing, anche se poi non c'entrava nulla, perché era amico della
contessa assassinata Alberica Filo della Torre, ma del resto avere un
amico o un parente nei Servizi a Roma, tra civili e militari e deviati è
come avere un conoscente che ha lavorato con Fellini.
la nuova sede dei servizi segreti a roma piazza dante
Spionaggio diffuso, nell'entropia romana, da sempre:
mitomanie, leggende, quel negozio di tendaggi sede in realtà del Kgb di
fronte a Botteghe Oscure; oggi anche mobilitazioni in chiave anti-Isis:
e così ci è capitato di assistere, sotto Natale, a uno strano corso di
controspionaggio di base organizzato per tassisti, era stato
reclamizzato da una "École Universitaire Internationale", misteriosa srl
fiorentina, e dal comitato "Difendiamo Roma", capeggiato dal
consigliere regionale de "La Destra" Fabrizio Santori.
Era appena avvenuto l'attentato a Parigi e Roma era
piombata nella dimensione dell'allarme, e si era andati, un sabato, in
un appartamento a San Lorenzo, si era in sedici, tutti tassisti, e un
istruttore bresciano misteriosissimo ma che lasciava intendere d'essere
naturalmente dei Servizi istruiva i tassinari a notare comportamenti
strani, ad apprendere nozioni anti guerriglia, a diventare efficienti
sentinelle antiterrorismo. "In caso di esplosione o bomba, i telefonini
non andranno, dovrete comunicare col cb, il baracchino, sul canale 35",
avvertiva il misterioso coach.
massolo x
"Dovete tenere l'insegna luminosa sempre accesa,
perché sarà da guida tra le polveri dell'esplosione". Poi insegnava a
riconoscere atteggiamenti sospetti, e i tassisti facevano uno stream of
consciousness: "Ma certo: quello col cappello africano e un pacco di
soldi, salito l'altro giorno"; "quella coppia che salita a Fiumicino
fino al centro ha ripreso con le telecamere tutto il paesaggio". Io ho
provato a parlare francese perché ho vissuto quattro anni in Francia,
allora si sono messi a parlare proprio arabo stretto", diceva il
tassista della cooperativa Samarcanda.
"Io ho fatto il Kosovo" diceva un collega che
mostrava di saperla lunga su gas tossici e tecniche di antiguerriglia.
"Aho, io ho fatto il Quadraro", rispondeva una signora tassinara,
mostrando l'ironia romana che tutto ingloba, e che forse ci salverà
anche dagli attentati.
scalfaro marianna oscar
Sgangheratezze forse garanti di un equilibrio, come
se la realtà e l'essenza dei nostri Servizi, bonariamente casinara,
incidesse sulla realtà, romanizzandola. Golpi seri, anche da parte dei
servizi più deviati, non ce ne furono del resto mai; molte deviazioni, e
tante aspirazioni, generalmente piccolo borghesi: le nostre spie
prendevano la strada del tinello, con angolo cottura. E se oggi si fanno
l'attico di vetro decostruttivista, ispirato da qualche Fuksas visto
sulle riviste, negli anni Novanta l'archistar dei Servizi, quell'Adolfo
Salabé che accompagnava dai tappezzieri Marianna Scalfaro figlia del
presidente della Repubblica aveva creato un'estetica dei servizi più
classica.
"Sobrio, elegante, inglese, un po' datato", viene
definito lo stile di questo architetto che si era laureato a
cinquant'anni, in "Premiata ditta servizi segreti", di Paola Bolaffio e
Gaetano Savatteri in (Arbor Editore).
"Librerie in massello, colori scuri, rossi antichi,
drappi ma nessuna pesantezza, tessuti delicati e costosi, tende lunghe
fino al pavimento, fratine cinquecentesche, tavoli a lastre di cristallo
sorrette da rari capitelli, lumi liberty, colonne in marmo"; era lo
stile di Salabé, autore tra l'altro dell'interior decoration del Borgo
Paraelios, resort (ma non si diceva ancora così) a Poggio Catino,
località poco esotica in provincia di Rieti, dove andavano a villeggiare
i nostri 007, alternati a convention di democristiani in estinzione.
LICIO GELLI E ANDREOTTI
C'era anche uno spinoff balneare, tanto piaceva lo
stile di Salabé, l'inferior decorator delle spie; un "Baja
Parahelios"questa volta a Tropea, in Calabria, in convenzione col Sisde
"a 120 miloni di lire l'anno", e dotato di "sale da gioco, bocce,
parcheggio interno ed esterno". Per chi voleva rimanere nei paraggi, a
Fiumicino era ormeggiato invece lo yacht "Islamorada", per piccole
crociere da fermi, in dotazione al Sismi, come narrò sempre Ceccarelli.
A chi toccava rimanere in città, invece, c'era
un'altra sede, quella di largo Santa Susanna (che rimarrà, nonostante
l'attico), verso via Veneto, oggi ufficio del Dis, in un quartiere ricco
di suggestioni; al vicino hotel Excelsior dimorava Licio Gelli a Roma,
mentre accanto, a via Barberini 86, nel 1968 ci fu lo strano suicidio
del colonnello Renzo Rocca, cassiere dei fondi riservati del Sifar
(Servizio informazioni forze armate, le spie italiane sono appassionate
di acronimi); il colonnello - era estate - aveva appena comprato
prosciutto e melone da portare a casa, quando decise di spararsi o farsi
sparare con una Beretta dal manico di madreperla che fu ritrovata tra i
prosciutti.
E del resto il mistero e lo spionaggio romano pare
più adatto, se non ai classici tarallucci e vino, almeno a degli
affettati; e il gaddiano commendator Angeloni, sospettato e pedinato nel
"Pasticciaccio" dal commissario Ingravallo proprio per certi
"presciutti" che si faceva portare da dei garzoni minorili da via
Panisperna, è sicuramente figura letteraria più credibile in una spy
story romana, rispetto per esempio al protagonista algido del "Night
manager" della Bbc impersonato dall'inglese Tom Hiddleston (che si dice
in lizza per fare il prossimo James Bond).
IL QUARTIER GENERALE CIA A LANGLEY
Intorno a via Veneto, poi, tanti ristoranti amati da
una spia romana d'eccezione: l'intelligence capitolina aveva generato
infatti un bizzarro personaggio, Federico Umberto d'Amato, per
trent’anni il più autorevole funzionario dell’Ufficio Affari Riservati
del Ministero dell’Interno; ma soprattutto gastronomo, autore di una
storica rubrica di cucina sull'Espresso, e della sua prima guida
culinaria.
Nel suo libro "Menu e dossier, ricordi e divagazioni
di un poliziotto gastronomo", d'Amato spiega la sua poetica: "è evidente
come la buona tavola sia uno strumento efficace per queste attività
spionistiche". "Gli agenti informativi sono i migliori clienti dei
ristoranti perché sono habitués con frequenti presenze, conoscono la
buona cucina e prescelgono i cibi e i vini più costosi (tanto, paga il
servizio") scrive lo 007.
Segue graduatoria tra i migliori commensali (al primo
posto gli agenti belgi, mentre i russi si impadroniscono subito dei
segreti locali "altrimenti non mi spiegherei la sicurezza con cui un
funzionario del Kgb, da poco arrivato a Roma, ordinava dinnanzi a me
carciofi alla giudia".
Sede dell\'MI5 servizi segreti inglesi
D'Amato ricorda soprattutto un pranzo, un pranzo di
Babette per spie, una riunione dei servizi di tutta Europa organizzata
in un ristorante sul Lungotevere: "sui tavoli feci disporre nove grandi
zuppiere di pasta" in bianco, che venivano continuamente riempite, e poi
su un altro tavolo "le salsiere contenenti salsa di pomodoro e
basilico, ragù napoletano e bolognese, pesto genovese, salsa di vongole
veraci, sugo di lepre, arrabbiata", "ognuno si serviva a gusto suo,
combinando salse e paste secondo le ricette ortodosse o, trattandosi di
stranieri, secondo accostamenti stravaganti".
"Un pranzo che è ancora ricordato negli annali dei
Servizi speciali" scriveva la spia gourmande. Un mondo di
pastasciuttari, quello dei Servizi romani, forse: però intanto attentati
pochissimi; e che sceneggiature già belle e pronte, soprattutto. Anche
da esportazione, per chi volesse, tra Ian Fleming e Cucine (con servizi)
da incubo.
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