giovedì 1 maggio 2014

Truffa dell’acciaio e Stato-mafia. Ciancimino Jr. s’interroga sulle tempistiche sospette

Massimo Ciancimino replica a Pino Arlacchi: “Esperto di che? L’uno lo caccio a calci nel sedere”-G,C.- Nella giornata di ieri si è celebrata la prima udienza preliminare nell'ambito del processo sulla presunta maxi truffa legata al commercio di acciaio, che si sarebbe vista compiuta nel periodo che va dal 2007 al 2010. 
Una truffa, questa, in cui è rimasto coinvolto anche il superteste di un altro procedimento, uno dei più ostacolati di sempre, quello sulla trattativa Stato-mafia, Massimo Ciancimino. 
L'uomo, in attesa di rinvio a giudizio, aveva richiesto, come altri imputati, che il procedimento venisse trasferito per incompatibilità territoriale della Procura.
Il tribunale di Ferrara ha dunque accolto svariate richieste, stralciando così le posizioni di un discreto numero di imputati (più di una decina sono stati trasferiti a Pesaro, Verona e Reggio Emilia), ma non lo stesso si è potuto dire per Ciancimino, per cui il tribunale si è riservato di decidere in seguito, durante la prossima udienza. 
"Una cosa è emersa chiara ed indiscutibile, quasi tutte le provincie dell'Emilia Romagna erano e sono state giustamente dal Gup destinatarie per competenza territoriale di tronconi di questa corposa indagine svolta dalla GDF di Ferrara", commenta ora Ciancimino, amareggiato. "Una sola città non è stata per niente ritenuta competente a nessun titolo: Bologna". Eppure, prosegue il figlio di Don Vito, "è proprio la Procura di Bologna ad aver emesso, un anno fa, un ordine di custodia cautelare nei mie confronti, nonostante l'inchiesta fosse stata chiusa ben 3 anni prima da altra procura".
"Come tutti sappiamo", ha ricordato Ciancimino, "il procuratore di Bologna di allora ed attuale, il Dott. Alfonso, aspirava alla poltrona di Procuratore Nazionale." Un'evidenza che appare quantomeno sospetta, considerato il tempismo con cui venne disposta la misura nei confronti di Ciancimino, ossia proprio "a ridosso di un importante processo che mi vedeva e mi vede come il principale teste dell'accusa, un processo che in tanti ancora oggi non vogliono che vada avanti."
Il nome del figlio di Don Vito era comparso nel registro degli indagati nell'ambito dell'inchiesta ferrarese già nel gennaio del 2010: allora, le accuse a suo carico andavano da truffa ai danni dello Stato all'associazione a delinquere, da falsità in scrittura privata a distruzione di documenti contabili, sino a mendacio bancario. Ora, invece, l'accusa lo indica come personaggio al vertice dell'organizzazione che fruttò 130milioni. 
Ciancimino, però, chiarisce: ""io sono stato coinvolto in questa inchiesta perché ho subito una truffa, questo è innegabile è dato anche ribadito ieri dai diretti interessati." 
Non per questo si dice innocente, almeno non dopo aver avuto un confronto con il procuratore aggiunto di Ferrara, il dott. Proto, "una persona straordinariamente preparate e laica nei suoi giudizi", la stessa che "ha fatto condannare i poliziotti per l'episodio del pestaggio de giovane Aldrovandi, subendo molte critiche ed attacchi talvolta anche inutili ed inopportuni dalle forze dell'ordine".
"Proprio con questo Procuratore aggiunto di Ferrara che ha condotto i miei interrogatori dopo che il Gip di Bologna a riportato il processo nella sua giusta sede", ha infatti spiegato Ciancimino, "ho capito che in merito a questa inchiesta ho anche io le mie, seppur parziali, responsabilità,responsabilità tra le altre cose da me anche ammesse in fase di interrogatorio e che hanno consentito agli inquirenti anche di allargare l'indagine a ben altre 20 soggetti tra persone e rappresentanti giuridici di altrettante società."
"Io ho sbagliato, non posso dichiarami innocente, me ne duolo e mi scuso", ammette ancora il figlio di Don Vito. "Il mio intento era quello di recuperare le somme che mi erano state sottratte con l'inganno", ma "non dovevo avallare con il mio silenzio, anche e soprattutto per il ruolo che oggi ho, il raggiro delle società per frodare i fisco".
"Non ho mai guadagnato un euro da tutta questa vicenda", puntualizza però. "Le carte lo provano, ne ho persi ben 500.000 circa, ma eticamente e moralmente non posso che condividere l'imputazione che non 'denunziare o prestarsi' anche al solo fine di recuperare le proprie somme non è consentito dalla legge."
"Sono pronto se condannato a pagare come sempre per i mie sbagli, non mi sono mai sottratto e mai mi sottrarrò al giudizio di qualsiasi tribunale", conclude dunque l'uomo. "Ho già scontato due mesi di misura cautelare, mentre chi con una condanna definitiva senza avere fatto neanche un solo giorno di cadere, continua imperterrito a minare e minacciare giudici e tribunali."

http://www.articolotre.com/2014/04/truffa-dellacciaio-e-stato-mafia-ciancimino-jr-sinterroga-sulle-tempistiche-sospette/

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