sabato 31 maggio 2014

CAFONALINO - CONFINDUSTRIA CHIAMA, RENZIE NON RISPONDE - SQUINZI: "IL RISULTATO ALLE EUROPEE E' STATO STRAORDINARIO”. ADESSO NON HA PIU' SCUSE E "DEVE FARE LE RIFORME". MA NON SI PRESENTA ALL’ASSEMBLEA - IL DEBUTTO DI STARACE E GRIECO COME NUOVI CAPOCCIA DI ENEL

A Roma, di fronte ai “parrucconi” di Confindustria, no. A Vicenza e a Treviso, a parlare con il popolo degli imprenditori che lo hanno premiato con un plebiscito nelle urne, sì. Il presidente del Consiglio ha applicato il “trattamento Cgil” agli industriali - In platea, grandi chiacchiere tra i “concorrenti” Tarantola e Confalonieri...


Foto LaPresse
1.SQUINZI:"IL VOTO RAFFORZA RENZI ADESSO FACCIA LE RIFORME"
Paolo Baroni per "La Stampa"
SUSANNA CAMUSSO GIULIANO POLETTISUSANNA CAMUSSO GIULIANO POLETTI
Renzi? Il suo risultato alle europee è stato «straordinario». Il presidente di Confindustria riconosce al premier una «azione vivace» e diversi passi «incoraggianti». Di fronte a tremila tra imprenditori, esponenti del mondo finanziario e politici radunati a Roma per l'assemblea annuale, Giorgio Squinzi cambia decisamente toni nei confronti del governo. Matteo Renzi non c'è, ma poco importa. Anzi forse è anche meglio così.
Per Squinzi «l'azione vivace dell'inizio» ed il forte mandato popolare al Pd e al premier «ci fanno sperare che la stagione delle riforme istituzionali adesso parta davvero. Sulla scheda uscita dall'urna c'è scritto: fate le riforme, ne abbiamo bisogno per ricreare lavoro, reddito, coesione sociale. Non deludeteci».
Su legge elettorale, semplificazioni e legislazione del lavoro, ammette così il presidente di Confindustria, «dal governo sono venuti incoraggianti segni di rinnovamento». Ora, occorre proseguire. Soprattutto occorre «cambiare decidendo», per «costruire un'Italia nuova superando le vecchie logiche», perché dalla crisi «possiamo uscire solo decidendo ciò che da almeno due decenni non abbiamo avuto il coraggio di fare».
Sull'andamento dell'economia italiana la diagnosi di Confindustria, invece, è impietosa. Redditi, consumi, investimenti, produzione e occupazione sono ai minimi. «Anche quest'anno la crescita che vorremmo vedere non ci sarà e assieme alla crescita non ci sarà il lavoro. Non è questa l'Italia che vogliamo - argomenta il presidente - non ci rassegniamo ad un Paese stanco e sfiduciato vittima di mali antichi, astruso e ostile alla cultura dell'impresa, del merito e del rischio».
LUIGI ABETE E PATRIZIA GRIECOLUIGI ABETE E PATRIZIA GRIECO
Di fatto un sistema delle imprese «sotto attacco»: si pensi ad esempio alle questioni ambientali, ai costi abnormi dell'energia, alle «mille complicazioni e alle assurde tortuosità burocratiche», un fisco esagerato e un credito sempre asfittico. Non manca un cenno di autocritica («forse non abbiamo fatto abbastanza in passato»), come non manca lo sprone ai sindacati: «Basta eterne liturgie: guardiamo al mondo, non chiudiamoci». Occorre proseguire nella modernizzazione delle relazioni sindacali, nel decentramento della contrattazione, mentre in tema di lavoro «non abbiamo bisogno di un nuovo contratto, neppure a tutele crescenti. Dobbiamo solo migliorare la disciplina di quello a tempo indeterminato».
La platea si scalda, con un applauso molto caldo, quando Squinzi dedica un passaggio alla lotta alla corruzione e richiama lo scandalo dell'Expo. «Chi corrompe fa male alla comunità e al mercato. Queste persone non possono stare in Confindustria». Detto ciò «non servono leggi e poteri speciali, applichiamo le norme che ci sono».
In sala non c'è Renzi e dunque la risposta del governo è affidata al ministro dello Sviluppo, Federica Guidi, già presidente dei giovani industriali, che ha gioco facile nel difendere il ruolo delle imprese: «Dobbiamo dire basta alla dilagante cultura anti-imprenditoriale. Basta alla criminalizzazione del profitto. Solo un imprenditore che fa profitti può investire, crescere e dare occupazione».
IGNAZIO VISCOIGNAZIO VISCO
Quindi Guidi annuncia che a breve il governo varerà «un pacchetto articolato che includerà misure a favore del rafforzamento patrimoniale delle imprese» e un piano straordinario per il made in Italy. Per lei al termine dell'intervento un applauso forse ancora più caldo di quello riservato a Squinzi. «Relazione bella, pragmatica, moderna» la definisce Luca Montezemolo che invece su Squinzi tace. Il presidente però incassa i complimenti di Emma Marcegaglia e Carlo De Benedetti.
«Discorso alto», dicono in molti e Squinzi, dopo le turbolenze delle scorse settimane e l'uscita dalla sua squadra di un vicepresidente di peso come Aurelio Regina, alla fine si mostra soddisfatto. «Alto? Troppo alto» chiosa invece Susanna Camusso. «Descrive un mercato del lavoro che non c'è». Per un fronte che si chiude, quello col governo, un altro si apre?
2.IL PREMIER NON SI FA VEDERE LA STRATEGIA È EVITARE LA TRIBUNA CHE SA DI CASTA
LUCA DI MONTEZEMOLO E LINDA LANZILLOTTALUCA DI MONTEZEMOLO E LINDA LANZILLOTTA
Roberto Giovannini per "La Stampa"
A Roma, di fronte ai «parrucconi» di Confindustria, no. A Vicenza e a Treviso, a parlare faccia a faccia con il popolo degli imprenditori che lo hanno premiato con un plebiscito nelle urne, invece sì. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi - rompendo una tradizione affermata, secondo cui i premier in carica comunque partecipavano sempre alle Assemblee annuali di Confindustria, e di tanto in tanto parlavano - ieri ha applicato il «trattamento Cgil» all'assise nazionale degli imprenditori. E al contrario tra un paio di settimane parteciperà e parlerà alle Assemblee di Confindustria di Vicenza e Verona e di Unindustria di Treviso.
GIORGIO SQUINZI FEDERICA GUIDIGIORGIO SQUINZI FEDERICA GUIDI
Quella dell'Assemblea annuale era la tribuna da cui i Presidenti di Confindustria lanciavano proposte e richieste che gli inquilini di Palazzo Chigi si affrettavano a commentare. Ma i tempi sono cambiati: Confindustria, come le tre centrali sindacali, hanno perso gradualmente forza d'ascolto e potere, fino a essere considerate (a torto o a ragione) da un pezzo significativo della società come il simbolo delle stanche liturgie concertative di un'era ormai superata.
Probabilmente Matteo Renzi non condivide davvero una lettura tanto insultante del ruolo delle parti sociali: altrimenti il premier non si sarebbe tanto arrabbiato con Giorgio Squinzi nelle sue prime settimane da premier, quando il leader di Confindustria senza troppi problemi fece capire di non essere tanto convinto delle capacità miracolose dell'ex sindaco di Firenze. Battute ironiche, smentite sul colloquio tra il premier e Angela Merkel, sfiducia nella ripresa economica. Persino dubbi sul cuneo fiscale e il reale pagamento dei debiti della Pa.
GIORGIO SQUINZI ALL ASSEMBLEA DI CONFINDUSTRIAGIORGIO SQUINZI ALL ASSEMBLEA DI CONFINDUSTRIA
Un po' a Squinzi gliel'ha giurata, Matteo Renzi. E così ieri in platea ad ascoltare la conversione del numero uno degli industriali al Verbo Renziano c'erano tanti ministri, ma lui no. Nessun incidente diplomatico, ci mancherebbe: dell'assenza i vertici confindustriali erano tutti a conoscenza da mesi.
GIORGIO SQUINZIGIORGIO SQUINZI
Meno piacevole, invece, è stata l'assenza a sorpresa di Graziano Delrio, il «sottosegretario a tutto» che invece aveva promesso di esserci. Peraltro, spiegano a Viale dell'Astronomia, se il presidente del Consiglio non era andato al Congresso della Cgil di Rimini, non avrebbe certo potuto presentarsi fresco fresco all'Auditorium del Parco della Musica di Roma davanti agli industriali. «Avrebbe preso un grande applauso, sicuramente», avrebbe detto un alto dirigente di Confindustria.
FRANCESCO STARACEFRANCESCO STARACE
Ma Renzi gli applausi degli imprenditori se li vuole andare a prendere in loco, nel Veneto, la terra della piccola e media industria. Il 16 giugno a Vicenza, il 21 a Treviso si terranno le assemblee annuali delle associazioni locali aderenti a Confindustria, e lì il premier prenderà la parola di fronte al popolo dell'impresa. Parlerà anche Squinzi, certamente: sarà interessante vedere come reagirà l'applausometro.
FEDERICA GUIDIFEDERICA GUIDI
Un popolo di imprenditori che alle ultime elezioni ha regalato al Pd percentuali incredibili: a Treviso, terra prima di Dc e poi di «Lega dura», dove il Pd festeggiava quando prendeva il 15%, domenica scorsa Renzi ha portato a casa il 46,2%. «Sono voti per Renzi - spiega un imprenditore veneto - stia attento, noi abbiamo votato per lui. Non è che siamo diventati del Partito democratico».


http://www.dagospia.com/rubrica-6/cafonalino/cafonalino-confindustria-chiama-renzie-non-risponde-squinzi-quot-78164.htm

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