Ultimatum dei renziani: se a metà gennaio Enrico Letta non ha fatto niente, è meglio andare a votare
“Il rimpasto noi non lo chiediamo, ma se Letta, già a metà gennaio, non riesce a mettere mano, e subito, ad alcune cose, poche, ma tutte da fare, allora è molto meglio riconosca che non ci sono più le condizioni per andare avanti, passi la mano e si vada, al più presto, a elezioni anticipate”. Il messaggio – forte, chiaro e diretto quanto duro e privo di politicismi – arriva da due renziani di stretta osservanza e del giro dei fedelissimi di Matteo Renzi: il fiorentino (trapiantato) Dario Nardella, di cui si parla come possibile successore di Renzi alla carica di sindaco di Firenze, qualora il leader del Pd dovesse non più ricandidarsi oppure dimettersi, e il calabrese (autoctono) Ernesto Carbone, che per Renzi segue molti dossier delicati, a partire da quelli economici.
Il primo, Nardella, parla al Fatto quotidiano che lo intervista, il secondo (Carbone) all’Huffington Post, cui aggiunge: “Sulle riforme non si è fatto nulla, tranne i caffè tra Violante e Quagliariello, sulla legge elettorale siamo alla farsa e l’unica vittoria, il suo spostamento dal Senato alla Camera è tutto e solo merito di Renzi, e sulla spesa pubblica, tra buoni propositi e commissari, non si vedono tagli. Ribadisco: se il governo Letta va avanti così, è meglio andare a votare”.
Il messaggio imbustato e recapitato all’indirizzo di palazzo Chigi arriva lo stesso giorno in cui è proprio Renzi a rilasciare, al quotidiano La Stampa giudizi molto pesanti su Letta, Alfano e, in generale, sul ‘loro’ governo. Morale della fiaba narrata da Renzi e dai suoi: “Il governo va avanti ‘solo’ se fa le cose. Altrimenti…”, dove il guaio sta tutto in quell’altrimenti.
Il messaggio imbustato e recapitato all’indirizzo di palazzo Chigi arriva lo stesso giorno in cui è proprio Renzi a rilasciare, al quotidiano La Stampa giudizi molto pesanti su Letta, Alfano e, in generale, sul ‘loro’ governo. Morale della fiaba narrata da Renzi e dai suoi: “Il governo va avanti ‘solo’ se fa le cose. Altrimenti…”, dove il guaio sta tutto in quell’altrimenti.
Una cosa è certa. A metà gennaio dell’anno nuovo, il 2014, il governo Letta e i soci della sua maggioranza metteranno mano non solo al famoso "patto alla tedesca" per il rilancio dell’azione di governo su alcuni precisi punti programmatici (lavoro, a partire dal Job Act, ma anche riforma degli ammortizzatori sociali, scuola, legge sullo ius soli, legge sui diritti civili, tagli alla spesa pubblica, è l’esigente "catalogo" snocciolato dai renziani, ndr.), ma anche, appunto, a un rimpasto. Che, poi, si tratti di un mini-rimpasto (sostituzione delle caselle svuotate dalle dimissioni di due viceministri, Archi e Micciché, e due sottosegretari, Biancofiore e Santelli, di FI) o di un mega-rimpasto (ridimensionamento dei cinque ministri cinque NCD magari spedendo Lupi dalle Infrastrutture a curare il partito e sostituzione di un paio di ministri di area Pd tecnici come Giovannini o bersaniani come Zanonato o dalemiani come Bray, i più invisi ai renziani) è ancora tutto da vedere. Certo, la prospettiva cambia, e di molto: in caso di "mini-rimpasto", infatti, basterebbe una piccola "aggiustina" al governo, promuovendo in quel caso non solo un esponente del Psi, Craxi o Di Lello, a sottosegretario, ma anche un nome di Centro democratico di Tabacci, che via Nello Formisano dice “prima del rimpasto servono risposte nette”.
Ove si trattasse di un "rimpastone" (un ministro, tipo il Lavoro, a Scelta civica, che dimostra di avere un buon appetito, magari a Ichino; un altro, tipo lo Sviluppo economico, al Pd, magari a Epifani; un altro, ma di peso, a un renziano stra-doc), le cose prenderebbero ben altra piega e, oltre alle opposizioni, già agguerrite di loro, di forzisti, leghisti e grillini, forse anche gli stessi renziani chiederebbero un passaggio formale a Letta con tanto di apertura della crisi, rimpasto e voto di fiducia a un Letta-bis. Si vedrà. Una cosa è certa. Se i renziani premono, i lettiani fanno muro.
Da palazzo Chigi si evita ogni commento, anche solo uno spiffero, sulle paroletranchant e poco gentili usate da Renzi versus Letta (e Alfano…) e si puntano i riflettori sul tweet del premier che rivendica il risultato di aver abbassato, nel 2013, le tasse su famiglie e imprese, azione che proseguirà nel 2014, mentre sul rimpasto si dice solo che “se ne parlerà all’interno della stipula dell’Agenda 2014 (nome che Letta usa per indicare il "patto alla tedesca", ndr.) se è necessario un riaggiustamento o no della squadra”. I lettiani, invece, qualcosa in più dicono. Francesco Russo, fondatore di "360", l’associazione storica che fa capo a Letta, spiega: “Il rimpasto non è una priorità ma non è neppure un tabù. Il 2014 sarà un anno decisivo per l’azione del governo, se alla luce dei nuovi equilibri politici Pd-NCD-Sc si individueranno personalità che possono rafforzarne l’azione, ben vengano. Una cosa voglio dirla, però, a Renzi – spiega Russo all’Huffington Post – che è cresciuto, come Letta, nei giovani del Ppi e poi nella Margherita, ed è questa: dimentica troppo facilmente che se, nel Pd, la novità è lui, sul piano politico nazionale sono stati Letta e Alfano a rendere marginale, politicamente, Berlusconi. È stato il loro capolavoro, nell’anno 2013”.
Marco Meloni, vicinissimo a Letta, è molto meno conciliante di Russo: “Esiste Renzi, che ha fondato i renziani e guida il Pd, che è il mio partito, ed esistono i renziani, che trovo meno autorevoli di lui. Faraone è stato smentito da Renzi stesso e sarebbe meglio si occupasse bene di scuola (il suo incarico in segreteria, ndr.), altre voci neppure le voglio considerare”. “Renzi – puntualizza Meloni all’Huffington Post – ha detto che rimpasto è parola orribile e da Prima Repubblica e così penso anch’io. L’azione del governo va rilanciata e rafforzata sulle cose da fare e molte delle proposte di Renzi stanno già nelle leggi varate dal governo come Destinazione Italia anche se, poi, molto dipende dalle risorse, oltre che dal tempo, disponibili. Chiedo solo, a Renzi, che dice sempre di non voler ‘finire’ come Veltroni, rispetto alla sua segreteria, di non ‘iniziare’ neppure come fece Veltroni”. E qui, per onore della cronaca e della storia, va ricordato che, appena vinte le primarie e diventato leader del Pd, il primo atto di Walter Veltroni fu quello di far cadere di fatto il governo Prodi e andare a elezioni anticipate.
http://www.huffingtonpost.it/2013/12/29/ultimatum-renzi-letta_n_4516069.html?ref=topbar
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