martedì 31 dicembre 2013

I 10 disastri compiuti dall’euro in Italia

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L’euro è una moneta incredibilmente forte per l’economia italiana. L’errore più comune è ritenere che danneggi solo le esportazioni. Non è così. La sua azione è molto più devastante.
Nel 2002, quando entrò in vigore, un euro valeva 1,04 dollari. Oggi al cambio ne vale 1,38: si è rivalutato del 38%. Nel luglio del 2008 l’euro è arrivato a toccare quota 1,60 sul dollaro, contemporaneamente si è rivalutato del 30% sulla sterlina e addirittura del 70% sullo yen. Successivamente, l’euro si è attestato su valori inferiori, ma di poco.
Questo cambio così alto ha danneggiato molto le nostre esportazioni, sono stati colpi durissimi per il turismo e il comparto agroalimentare, i due settori più importanti della nostra economia. Ma gravi ripercussioni si sono avute ovunque, in ogni settore, a ogni livello, in ogni individuo e in ogni famiglia. L’euro ha infatti innescato un meccanismo di detonazioni a catena.
PRIMO: l’Italia ha importato sempre di più beni meno costosi per via della moneta forte, inducendo ad appesantire la bilancia dei pagamenti, già in passivo.
SECONDO: per conseguenza si sono indebolite le vendite delle nostre aziende, che hanno iniziato a non investire, a licenziare o a non assumere
TERZO: le nostre aziende non hanno altra scelta che ridurre i prezzi agendo sul costo del lavoro. Come? diminuendo i salari, indebolendo indirettamente il potere d’acquisto del mercato. E’ così che si è fermata la crescita.
QUARTO: Le banche, già restie a concedere prestiti dopo l’emergere dei propri eccessi speculativi, si sono chiuse ancora di più, accanendosi contro la piccola e media impresa, ritenuta comunque ad alto rischio
QUINTO: E’ innescata la spirale mancato investimento-licenziamenti-meno salari-più disoccupazione,che ancora oggi non si è fermata, né si fermerà. Così si è giunti alla disoccupazione di massa, giovanile e non.
SESTO: Con la moneta “alta”, non tutti i settori svantaggiati sono stimolati dalla concorrenza con l’estero, alcuni sono sfavoriti in partenza. Per questo produttività e innovazione sono in calo. Così è iniziato il declino industriale del più importante brand del mondo: il Made in Italy.
SETTIMO: Lo Stato ha sempre meno entrate, peggiorano deficit e debito pubblico, che gradualmente diventa impagabile, vanificando il valore della moneta “alta”.
OTTAVO: Nemmeno i Paesi dell’Eurozona a proprio agio con l’euro “alto” investono in Italia. La Germania, per esempio, preferisce di gran lunga investire nel Bric.
NONO: con la moneta “alta” in pratica non sarà più possibile agganciarsi alle riprese dei Paesi “forti” quali Usa e Giappone, se non in misura minima.
DECIMO: Quello che la gente non vuole sentirsi dire è che l’euro è fallito, che l’Ue stessa è un semi fallimento, che è in mano a una supecasta continentale ormai più potente delle stesse caste nazionali, così potente da avere annullato la democrazia di fatto. Purtroppo, tutto questo avviene con il consenso della sinistra europea, italiana compresa.
MA NON BASTA!
Il ritorno alle monete nazionali è la sola soluzione. Ormai lo consigliano tutti e sei i premi Nobel dell’economia:
- Mirrlees: “L’Italia starebbe meglio fuori dall’Euro”
- Krugman: “E’ un totale disastro”
- Friedman: “L’Euro è delle élite”
- Stiglitz: “Senza Euro non sarebbe la fine del mondo”
- Sen: “Che idea orribile l’Euro”
- Pissarides: “Prendere seriamente l’idea di smantellare l’Euro. Abbiamo perso una generazione di giovani”.

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