Così una spedizione scientifica danese è arrivata al Polo Nord con una nave rompighiaccio (notare: in nave, anche se hanno tribolato) e ivi giunta ha stappato una bottiglia di vino. Il suo compito era raccogliere informazioni utili a dimostrare che il Polo Nord appartiene alla piccola, lontana Danimarca: ed è convinta di averle trovate.
La Danimarca si affaccia sull’Artico e, indirettamente, sul Polo Nord per via della Groenlandia, suo territorio autonomo che culla sogni di autonomia totale proprio per via delle ricchezze naturali cui adesso può accedere. Se le rivendicazioni saranno accolte dalla comunità internazionale, poi probabilmente Danimarca e Groenlandia se la vedranno in famiglia: e come si suol dire, parenti serpenti.
Una cartina spiega cosa c’è di così interessante proprio fra la Groenlandia e il Polo Nord. E’ dopo il “continua”.
Ho già usato questa volta una mappa, in occasione di precedenti rivendicazioni danesi. In grigio scuro le zone in cui, secondo il Servizio Geologico Usa, esistono riserve di idrocarburi. La macchia beige sovrapposta al grigio rappresenta l’estensione dei ghiacci artici nel luglio 2010: non fateci troppo caso, sono sempre più striminziti e se si va avanti di questo passo nell’estate 2020 sarà possibile fare il bagno al Polo Nord.
Alla Danimarca interessa dimostrare che lo zoccolo continentale della Groenlandia si estende appunto fino al Polo. Se è così – e gli scienziati, al termine della spedizione culminata con la bottiglia di vino, ritengono di poterlo dimostrare – le appartiene anche l’area zuppa di gas e di petrolio che dalla Groenlandia arriva appunto fino al Polo.
La Danimarca intende sottoporre le sue rivendicazioni alla commissione Onu che si occupa di acque territoriali in relazione alle placche continentali.
Ci vorranno presumibilmente anni prima del verdetto: e del resto qualche anno di ulteriore fusione dei ghiacci è indispensabile prima che chiunque riesca davvero a mettere le mani su quelle risorse naturali.
Nel frattempo però gli altri Paesi che si affacciano sull’Artico non se ne stano con le mani in mano. Da quando un sottomarino, nel 2005, ha piantato la bandiera russa sul fondo del mare in corrispondenza del Polo Nord è tutto un fiorire di rivendicazioni: oltre a Danimarca e Russia sono particolarmente attivi Canada e Stati Uniti.
Quell’ambiente fragile, unico e minacciato avrebbe bisogno di essere protetto, non di essere sfruttato: come peraltro è protetto il Polo Sud.
Le rivendicazioni territoriali e lo sfruttamento dell’Antartide sono infatti congelate dal cosiddetto trattato di Washington. Ma lì, a quel che se ne sa, non c’è un analogo tesoro di idrocarburi.
http://www.tzetze.it/2012/08/idrocarburi-ecco-cosa-c-sotto-i-ghiacci-fondono-e-la-danimarca-vuole-il-polo-nord.html
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