venerdì 6 aprile 2012

Antonia, Fernanda, Bruna, forse dovremo fare come loro per affrontare la crisi


La crisi c’è, si vede, si sente, ci facciamo i conti tutti, da chi come me è privilegiato dal posto fisso, che deve comunque ridurre le spese al minimo, a chi, come molte delle persone che conosco, sempre di più, molti cari amici, hanno la sfida della terza settimana, non più della quarta.
Ognuno reagisce con le risorse interiori ed esteriori che ha, e allora chi risparmia, chi rinuncia, chi si lamenta, fino alle drammatiche vicende di chi si ammala di depressione o di chi arriva persino a togliersi la vita. Viviamo il disagio che vivevano i nostri nonni durante la guerra, ma la situazione sociale è un tantino cambiata, siamo tutti un po’ più soli e isolati.
Ieri ho saputo che un caro amico ha perso il lavoro e stanotte non ci ho dormito. Come sempre, quando qualcosa mi toglie il sonno, ho gridato a Dio, ho aperto la Bibbia e la risposta non si è fatta attendere:
“Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv  15).
Stranamente, questa volta, il pensiero è ruzzolato all’indietro di sessant’anni, ai racconti delle mie nonne sulla solidarietà e sull’attenzione ai disagi altrui che c’erano “quando si stava peggio.”
E allora, come animati da vita propria, sono venuti su da soli i ricordi dei racconti delle nonne. Antonia, la mia nonna materna classe 1916 che, sebbene non fosse una gran cuoca, la pasta la faceva in casa ed era normale mettere quelle due uova in più per portarla alla signora del piano di sotto che non arrivava a fine mese.  Fernanda, mia nonna paterna, classe 1907, pantalonaia, per aiutare la sua amica ebrea Letizia, sfavorita dalle leggi razziali e dalla guerra, per loro cuciva gratis.
I pensieri continuano a volare e non posso non pensare a Bruna, la nonna di mia moglie che, consapevole del privilegio di fare le pulizie in casa di un ministro, imparò da sola ad andare in bicicletta per attraversare Roma e condividere quel litro d’olio o di quel sacco di farina in più, coi parenti in difficoltà.
“Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv  15).
Non è questo, forse, quello che hanno fatto i nostri nonni in tempo di guerra? Che sia questo, l’unico modo giusto per affrontare questa crisi balorda su cui non abbiamo alcun potere?

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