Ogni volta che ripenso al Mondiale di Pelé nel 1958 (seppur solo da ricercatore storico, non avendo vissuto quegli anni), conclusosi con la sua doppietta trionfale contro la Svezia a meno di 18 anni d'età, un po' mi commuovo.
Un po' perché Pelé stesso da bambino, a seguito del dramma nazionale del Maracanazo del 1950, aveva promesso a suo padre di vincere il Mondiale, con la tipica incoscienza fanciullesca dei ragazzini.
Un po' perché in quel Mondiale indossava la 10 a 18 anni d'età ancora da compiere, rendendola iconica in tutto il Mondo.
Un po' perché in quella finale aveva appena 17 anni e 249 giorni, e nonostante ciò segnò due gol (e un assist, per il pareggio di Vavá), tra i quali ben figura un quadro in cui umiliò il suo diretto marcatore con un sombrero da consegnare alla leggenda.
Da qualunque prospettiva io lo guardi, resterò sempre ammaliato di fronte alla grandezza del primo Mondiale vinto da Pelé, che ancora oggi risulta uno dei più sconvolgenti di tutti i tempi, con i suoi 6 gol e 2 assist in 4 partite.
Perché la precocità di Pelé, a distanza di 66 anni dal primo trionfo dei due trionfi al Mondiale della dinastia d'oro del Brasile, non ha davvero eguali nella storia del calcio.
Giovane Re.
Gabriele Gilli ✍🏻
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