Per far parlare questo piccolo frate francescano, i tedeschi provarono di tutto. Arrivarono a strappargli le unghie, rompergli le mani, le braccia, bruciargli i capelli e frustrarlo. Per giorni interi, lo torturarono.
Su quel corpo minuto, piccolo, si accanirono con l’obiettivo di farlo parlare, di fargli dire i nomi delle persone che aveva aiutato. La colpa di padre Placido Cortese, come qualcuno disse anni dopo, era stata quella di aver seguito il Vangelo: aiutare chi fuggiva, proteggere chi veniva perseguitato.
Ne aveva salvati centinaia, tra ebrei, ex militari, partigiani, civili. Li aveva aiutati a fuggire in Svizzera, a nascondersi. Portava loro cibo, medicine, lettere. Era diventato un riferimento.
Lo torturarono per farsi dire i nomi, per intercettare chi, anche mentre lo straziavano, stava fuggendo. Non proferì parola e sopportò tutto in silenzio.
I tedeschi, esasperati, spararono sul corpo straziato del frate. Morì il 15 novembre.
Ricordandolo oggi, il giorno della sua scomparsa, ricordiamo di cosa furono capaci i nazifascisti. Ma anche che ci sono stati uomini come Placido Cortese che dimostrarono che gli esseri umani possono essere straordinari.
Leonardo Cecchi
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