martedì 14 novembre 2023

Luciano Maiani

 


Luciano Maiani è uno dei principali fisici teorici della seconda metà del Novecento. Nato a Roma il 16 luglio del 1941 si appassiona praticamente dal liceo alla fisica delle particelle elementari. Si iscrive all’università nel 1959, dove sceglie la fisica teorica anche grazie all’incoraggiamento di Mario Ageno. Uno dei suoi primi referenti è stato Raoul Gatto che in quegli anni sta costruendo una nuova scuola di fisica teorica. Durante una parentesi ad Harvard, da una collaborazione con Sheldon Glashow e John Iliopoulos nasce il meccanismo GIM (dalle iniziali dei tre) basato sull’introduzione di un quarto quark, il charm, che risolve alcuni problemi nella fisica dei mesoni K. Una volta tornato a Roma rinsalda i rapporti con Nicola Cabibbo e ha un ruolo di primaria importanza nella costruzione del gruppo teorico romano. 

Direttore generale dal 1993 al 1997 presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e del CERN dal 1999 al 2003, è conosciuto anche come un eccellente didatta. Nell’intervista rilasciata a Luisa Bonolis e Maria Grazia Melchionni e raccolta nel libro “Fisici italiani del tempo presente” ha detto:


“Ognuno ha le sue fonti di ispirazione. Uno è stato Bruno Touschek. Poi ci sono i maestri conosciuti sui libri, Richard Feynmanm che rimane un esempio insuperato, Lev Landau e così via.

Questo discorso però mi porta a un altro tema, quello della relazione tra insegnamento e ricerca. In un certo senso, il messaggio è implicito negli esempi che ho dato, di insegnanti in grado di trasmettere non solo ciò che loro stessi avevano appreso, ma anche (soprattutto!) i contenuti e lo stile delle loro ricerche.


Riccardo Giacconi, che io stimo moltissimo, ha detto che in Italia bisognerebbe separare la ricerca dall’insegnamento. Questo non lo capisco. Al contrario avendo vissuto al CERN, e prima ancora a contatto con l’INFN e i laboratori nazionali, l’affermazione che la ricerca debba essere separata dall’insegnamento mi sembra che non stia né in cielo né in terra. Insegnare è importante per la ricerca e viceversa.


Intanto l’insegnamento fornisce una piattaforma di gratificazione, il che significa che lo stipendio è guadagnato. Come diceva Einstein quando stava all’ufficio brevetti: «Io la mattina guadagno lo stipendio e il pomeriggio faccio altre cose». Non è un aspetto secondario

Poi c’è lo stimolo che viene dal ripensare alle cose che si sanno per spiegarle a chi non sa, una delle cose più gratificanti e fruttuose che io conosca, da cui spesso vengono fuori le idee nuove. Insegnando si elaborano e si affinano i propri strumenti per la ricerca.


Infine la ricerca ha bisogno del flusso di forza nuova che viene dai giovani ambiziosi che vogliono fare carriera e che quindi spingono anche il maestro a fare cose nuove. Il maestro a sua volta deve ascoltare.”

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