Cosa Nostra e la trattativa spiegate a Pino Arlacchi
Per una fatalità, navigando in internet,ho ascoltato la testimonianza di Pino Arlacchi nel processo Borsellino quater, avanti la Corte di Assise del tribunale di Caltanissetta.
I ricordi sono andati a tanti anni fa, a Milano, quando insieme a Marcello Dell'Utri,Stefano Bontate, Mimmo Teresi e Tanino Cinà, ero in un ufficio. Ci raggiunse un signore in maglioncino “Che tutto sapeva, tutto dipendeva da lui e Milano era ai suoi piedi” testimonianza di Arlacchi.
Riascoltando Arlacchi, mi è sembrato di sentire la stessa persona perchè pur essendo un semplice consulente della Dia, nella sua testimonianza (che sempre si può ascoltare) dava l'impressione di essere il direttore supremo della Dia.
A suo dire, l'ideatore della Direzione Nazionale Antimafia sarebbe lui, ne avrebbe scritto anche lo statuto, le regole, si sarebbe prodigato per farla approvare dal governo. Mentre a Giovanni Falcone, almeno questo, ha lasciato la paternità della superprocura antimafia.
Per tutti i magistrati siciliani di passaggio a Roma per incarichi investigativi, sembrava obbligo il passaggio nell'ufficietto occupato in Dia da Pino Arlacchi.
A domanda del P.M su un documento dove esiste la parola trattativa, il signor Arlacchi si prodiga in un contorto giro di parole, evidentemente allergico al termine trattativa.
Ma andiamo a rileggere quanto Arlacchi scrisse su Panorama qualche mese fa, dispensava consigli e pareri sul come si debba combattere la mafia, come se inquirenti e investigatori necessitino del suo altissimo verbo. E soprattutto sosteneva “La trattativa non esiste e i collaboratori sono tutti imbeccati dai pm”. A questo replicai “E lei signor Arlacchi, da chi è imbeccato?”.
Ad una domanda del P.M sul capo della polizia Vincenzo Parisi e suoi rapporti con lui, il signor Arlacchi rispondeva "Rapporti pressochè inesistenti, in quanto il Parisi proveniva dai servizi segreti, era come non capisse nulla in merito al modo di investigare su Cosa Nostra”
Tutto questo è comprensibile e tollerabile.
Però c'è un limite: quando il signor Arlacchi parla di Bino Provenzano , di Vito Ciancimino,ì e dei rapporti che il sindaco della mafia intratteneva con i capi di Cosa Nostra e con i Corleonesi in particolare. Il signor Arlacchi spara castronerie assurde e inaccettabili.
Per lui, Bino Provenzano era un povero contadino, rozzo e non capiva nulla , uno che chiamavano “il trattore”.
Vito Ciancimino, sempre secondo Arlacchi, solo un confidente dei carabinieri come sempre ne sono esistiti tra uomini di Cosa Nostra e funzionari delle forze dell'ordine, ma non avrebbe potuto neppure imbastire neppure l'ombra di una trattativa.
Se questo è il professionista dell'antimafia, il raffinato analista deputato a distruggere l'organizzazione denominata Cosa Nostra, dare indicazioni fondamentali per debellarla, allora c'è da stare davvero freschi
Don Vito Ciancimino, chi era? Lo spiego al signor Arlacchi. Don Vito è stato il politico più temuto ed ossequiato in Sicilia per venticinque lunghissimi anni, da 1959 al 1985, sino al primo arresto e anche dopo. Definirlo un “confidente” dei carabinieri mi sembra un po' riduttivo, se non ridicolo e fuorviante.
Ciancimino aveva alle spalle i corleonesi, e per corleonesi intendo tutta Cosa Nostra, motivo per il quale tutta la politica siciliana lo rispettava, di qualsiasi colore e appartenenza.
Bino Provenzano, che noi più intimi lo chiamavamo il ragioniere, e non il trattore, era l'uomo più vicino alla politica e in particolare a Ciancimino. La definizione “tratturi”, l'aveva pronunciata solamente Luciano Liggio,e non come sinonimo di rozzezza, ma per il fatto che nei conflitti a fuoco nessun nemico rimaneva in piedi, li piallava tutti, esattamente come un trattore.
Bino Provenzano era quello che ogni giorno si occupava di politica sia dentro Cosa nostra che fuore. S'interessava di elezioni e candidature, nazionali, regionali e comunali. E io per venti anni l'ho visto fare solo questo lavoro.
Per cui Arlacchi parli di chi vuole, ma non faccia il saccente in merito a cose che ignora. Le trattative,ci sono sempre state e ci saranno sempre finchè esisterà una mentalità politica mafiosa tuttora dominate, come posso osservare da diciotto anni a questa parte, da quando ho deciso di collaborare.
La trattativa cè stata anche ai tempi della prima guerra di mafia, all'inizio degli anni sessanta. Quando si è cercato di intervenire per aggiustare i processi relativi a quella guerra. Ci siamo rivolti i politici di quel periodo che erano affiliati e anche a quelli non affiliati, per indurli a esercitare debite pressioni nei palazzi romani.
La risposta fu “Se durante i processi non si verificano omicidi e attentati, se Cosa Nostra si inabissa, le cose si possono aggiustare”. Così abbiamo fatto, i processi sono andati bene e Cosa Nostra ha continuato il suo cammino.
Signor Arlacchi, questa non le sembra trattativa?
http://www.articolotre.com/2014/05/cosa-nostra-e-la-trattativa-spiegate-a-pino-arlacchi/
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