martedì 1 aprile 2014

Unipol, reato prescritto per Silvio e Paolo Berlusconi

Per la vicenda della telefonata Fassino-Consorte. Confermato risarcimento di 80mila euro a Fassino


Silvio Berlusconi (foto: ANSA)

Prescrizione del reato contestato a Silvio e Paolo Berlusconi e risarcimento di 80 mila euro all'ex segretario dei Ds Piero Fassino. Si è concluso con la conferma della responsabilità penale dell'ex Presidente del Consiglio e del fratello pur con la dichiarazione del "non luogo a procedere", il processo di secondo grado per la vicenda dell'intercettazione Fassino-Consorte legata al caso Unipol. Lo ha deciso oggi la seconda Corte d'Appello di Milano, presieduta da Fabio Paparella, dopo due ore di Camera di consiglio e un processo durato lo spazio di qualche ora. I giudici, che depositeranno le loro motivazioni entro 30 giorni, hanno accolto in sostanza la richiesta del sostituto procuratore generale Daniela Meliota.
Il pg, infatti, nonostante la prescrizione del reato di rivelazione del segreto d'ufficio, ha parlato di "un non senso giuridico dire che c'è l'evidenza della conclamata innocenza dei due imputati", condannati in primo grado, il 7 marzo dell'anno scorso, a un anno e due anni e tre mesi di carcere. Con la sentenza, poi è stata respinta sia la proposta del prof. Carlo Federico Grosso, legale dell'ex segretario dei Democratici di Sinistra e attuale sindaco di Torino, sia la richiesta di assoluzione nel merito da parte delle difese. Infatti nessuna "revisione" al rialzo del risarcimento di 80 mila euro già disposto dal Tribunale di Milano, come aveva chiesto il legale di Fassino.
E nemmeno l'assoluzione con formula piena per il leader di Forza Italia e il fratello, come avrebbero voluto gli avvocati Niccolò Ghedini, Piero Longo e Federico Cecconi. "Prendiamo atto di questa decisione e attendiamo di leggere le motivazioni", hanno dichiarato Cecconi e Longo. Ghedini, invece, questa mattina, oltre ad aver ribadito la mancanza di prove sulla responsabilità dell'ex premier, a proposito della condanna inflitta dal Tribunale per concorso morale in rivelazione del segreto d'ufficio ha affermato: "Non ho mai visto una cosa del genere in trent'anni di professione". Al centro del processo c'è l'ormai famosa intercettazione tra Piero Fassino e Giovanni Consorte ai tempi della scalata alla Bnl da parte di Unipol, nell'estate del 2005.
Intercettazione in cui l'allora segretario dei Ds chiedeva al suo interlocutore, all'epoca numero uno della compagnia di via Stalingrado, "allora abbiamo una banca?" e che, ancora coperta dal segreto istruttorio e copiata su una pen drive, alla vigilia di Natale di quell'anno sarebbe stata ascoltata dal leader di Fi ad Arcore e poi qualche giorno dopo, alla fine di dicembre, pubblicata su 'Il Giornale', quotidiano di famiglia. E come, è scritto nelle motivazioni dei giudici di primo grado, quella conversazione, di cui era nota "la natura segreta" e il cui contenuto venne "sfruttato politicamente" - erano vicine le elezioni poi vinte con un leggero vantaggio dal centrosinistra -, non sarebbe stata resa pubblica senza l'"apporto" dell'ex premier e senza il suo "benestare" come "capo della parte politica avversa" a quella dell'ex segretario Ds.

(ANSA)

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