Renzi Premier. Il day after del Pd, nella minoranza scoppia il processo al ribaltone, base in rivolta
Alla lettura dei giornali, la prima contorsione. E’ andata peggio a scorrere le bacheche di facebook e i cinguettii di twitter. La rete non perdona il ‘ribaltone’, dai territori arrivano messaggi di fuoco contro il ‘letticidio’ compiuto ieri in direzione Pd. I parlamentari della minoranza del partito vivono con estrema angoscia il ‘day after’ della defenestrazione di Enrico Letta, l’affare che ora appare sporco e che ha issato a Palazzo Chigi la bandiera di Matteo Renzi. I primi echi del caos che sarebbe scoppiato si erano sentiti già ieri prima della direzione, in quella riunione di minoranza che sostanzialmente ha dato il via libera all’operazione Renzi 1, pur con mugugni e perplessità. E in quella riunione, Massimo D’Alema ci ha tenuto ad esserci per dire che no, lui non era d’accordo, tanto da gelare Gianni Cuperlo: “Basta con lo stupidario renzian-grillino…”.
Una risposta di ghiaccio rivolta al discorso dell’ex presidente del Pd, che aveva tentato di spiegare i motivi per cui la sua area non avrebbe contrastato l’operazione di portare Renzi a Palazzo Chigi, pur con tutti i dubbi sulle “forme” che l’hanno caratterizzata, il braccio di ferro con Letta, un partito che si è dovuto sobbarcare il compito di uccidere politicamente il proprio premier. Nel ragionamento, a quanto si apprende, Cuperlo aveva semplicemente citato una delle solide certezze del renzismo, cioè l’importanza delle primarie quale momento di legittimazione per Renzi, momento di apertura all’elettorato in senso largo, oltre i confini del Pd. Insomma, giusto una citazione, come in effetti ha fatto notare lo stesso Cuperlo a D’Alema: “Ho solo citato…”. Ma il presidente di Italiani Europei, da sempre contrario all’apertura delle primarie per il segretario ai non iscritti al partito, è stato inflessibile: “Non devi nemmeno più citare: basta con lo stupidario renzian-grillino…”.
Stavolta il ribaltone non è piaciuto a D’Alema. E non è piaciuto nemmeno a Pierluigi Bersani, ancora in convalescenza a casa, deluso per come sono andate le cose, lui che – a quanto pare – aveva consigliato a Letta di resistere e di farsi sfiduciare dal partito. D’Alema invece era dell’idea di salvaguardare il partito o almeno evitare di essere complici nell’omicidio. Insomma, evitare il voto in direzione. La riunione di ieri si era in effetti conclusa con l’idea di lavorare per evitare di votare sul ‘cambioverso’ al governo, evitare di lasciare impronte sul ‘letticidio’. Non ci si è riusciti, su questo il segretario del Pd è stato irremovibile: “Si vota”. Cuperlo ha persino provato a chiederlo intervenendo in direzione: “Evitiamo il voto”, tentativo estremo che non è piaciuto all’ala più giovane della minoranza Pd, i Giovani Turchi. Schierati invece su un’altra linea: contro i padri, che si chiamino D’Alema o Bersani.
Il ragionamento di Matteo Orfini è che pur nei dubbi, pur col giudizio negativo per la cacciata di Letta “in queste forme”, il punto è che con “quel governo non si andava da nessuna parte, bisognava cambiare”. Ora “si rischia” ma “si rischiava anche prima”. Insomma, il succo è: Renzi è indiscutibilmente l’unico che può tirare il Pd e l’Italia fuori dal pantano. “Lo sosteniamo criticamente ma lo sosteniamo - dice Orfini - non avrebbe senso fare il contrario per noi che abbiamo preso il 18 per cento alle primarie…”. Ovviamente però, nemmeno per lui il day after è cosa facile. Dalla minoranza c’è chi lo accusa di essere un “mercenario”, insulto riferito al fatto che il Giovane Turco Andrea Orlando dovrebbe restare ministro con Renzi. Orfini non si scompone, lo ha spiegato ieri in direzione: “Noi abbiamo bisogno di una discontinuità vera, che non c'è stata in questi mesi, nemmeno dopo il venir meno della presenza di Berlusconi nella maggioranza, un cambio di fase che non abbiamo colto, c'era bisogno di maggiore politicizzazione. Ora, se ha un senso un cambio di governo è nella capacità di affrontare la crisi e politicizzare l'esecutivo”.
E’ andata. Ma nella minoranza scossa dalle proteste della base, dalle mail arrivate nelle caselle di posta dei deputati, lì si intrecciano i dubbi. Sono venuti fuori oggi in una nuova riunione degli oltre cento parlamentari di minoranza, tra cuperliani, Giovani Turchi, bersaniani, dalemiani. Il quesito principale: era proprio necessario votare sì in direzione? Se la prendono con Cuperlo. E Stefano Fassina si sente in vantaggio, lui bersaniano che paradossalmente ha scelto l’astensione, la via indicata da D’Alema.
http://www.huffingtonpost.it/2014/02/14/renzi-premier-day-after-pd-base-in-rivolta_n_4789198.html
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