sabato 15 febbraio 2014

Matteo Renzi, prima tegola Ue: quasi persi i tre miliardi della clausola per investimenti


Flavio Bini



Matteo Renzi Ue

Nel bel mezzo del passaggio di testimone tra Enrico Letta e Matteo Renzi, sul nuovo prossimo inquilino di Palazzo Chigi rischia di abbattersi a tempo di record una prima pesantissima tegola. La minaccia, questa volta, arriva dall'Europa e riguarda la "clausola per gli investimenti" da almeno tre miliardi che il governo aveva messo in conto lo scorso autunno nel proprio bilancio triennale e che la Commissione ha deciso di bloccare a novembre perché il nostro Paese non era risultato in linea con i requisiti di riduzione del debito imposti da Bruxelles. L'extra time concesso dall'Europa per adottare misure correttive è ormai scaduto, e il nostro Paese è un passo dal perdere il bonus comunitario.
Nessuna conferma ufficiale, ma a microfoni abbassati fonti vicine all'esecutivo Ue fanno intendere quello che molti temevano da settimane. I provvedimenti offerti da Saccomanni a garanzia del rispetto dell'impegno europeo sul debito non sono arrivati. Non, almeno, quelli relative al lavoro di Carlo Cottarelli sulla spending review, una delle tre misure - insieme a privatizzazioni e norma sul rientro dei capitali - promesse dal Tesoro per rassicurare Bruxelles che il nostro Paese aveva in programma interventi volti a ridurre lo stock di debito.
E se sulle privatizzazioni il governo ha mosso i primi passi, con la cessione di quote di Poste e Enav, sul lavoro del Commissario taglia-spese e sui suoi possibili frutti a beneficio dei conti pubblici ancora regna molta incertezza. Annunci a parte, Bruxelles si aspettava misure strutturali di tagli alla spesa con effetti già nel 2014. Misure che invece non si sono viste.
Ufficialmente, l'unico termine fissato è quello del 25 febbraio, quando la Commissione presenterà le proprie previsioni sui conti pubblici dei Paesi della zona euro. In quell'occasione, verrà detta una parola definitiva sulla possibilità per l'Italia di utilizzare il bonus comunitario. "Non abbiamo niente di nuovo da dire oggi aspettiamo di conoscere i dettagli della spending review quando verranno comunicati", ha spiegato oggi il portavoce del commissario agli affari Economici Olli Rehn lasciando ancora, almeno ufficialmente, una piccola chance all'Italia.
Ma all'incertezza già esistente circa la possibilità per l'Italia di soddisfare le richieste di Bruxelles si è aggiunto, nelle ultime 24 ore, un nuovo significativo ostacolo: il cambio di guardia a Palazzo Chigi. Con i tempi già contingentati, e con il sempre più concreto rischio che tra i ministri in uscita ci sia anche il titolare di via XX settembre Fabrizio Saccomanni le possibilità che il Paese si presenti all'appuntamento di fine febbraio con le carte in regola, da scarse che erano, sono diventate praticamente nulle.
L'ultima speranza si è accesa e spenta nell'arco di una giornata. Prima con la presentazione da parte di Letta di Impegno Italia, il documento programmatico che metteva in previsione, nero su bianco, anche i risparmi derivanti dalla spending review. Poi con lo strappo di Matteo Renzi, e la defenestrazione del premier in carica, e del suo programma. In teoria, all'Ecofin della prossima settimana Saccomanni avrebbe avuto l'ultima possibilità utile per mettere sul tavolo i "compiti a casa" fatti dal governo in questi due mesi per cercare di convincere Bruxelles. Il ministro - fanno sapere fonti del Tesoro - ci sarà comunque. I "compiti", probabilmente no.
Il cambio di governo, con tutti i tempi tecnici che richiede, rischia di essere la pietra tombale di una questione già difficilmente risolvibile. C'è chi spera però che sia proprio la staffetta a Palazzo Chigi a fornire un alibi per chiedere all'Europa un ulteriore tempo supplementare. Ipotesi però che da Bruxelles fonti vicine alla Commissione sembrano escludere: "Il tempo era già finito a novembre, ora è finito per davvero".
AGGIORNAMENTO DELLE 19.34. La nota del ministero dell'Economia
In merito alle informazioni diffuse oggi da agenzie di stampa, secondo le quali l'Italia non avrebbe presentato alla Commissione UE documenti utili a ottenere il riconoscimento della clausola di flessibilità per investimenti, il Ministero dell'Economia e delle Finanze sottolinea che la clausola così come concepita è di fatto priva di utilità per l'Italia in quanto richiederebbe una manovra restrittiva di pari entità della flessibilità concessa, con effetti che sarebbero neutri o negativi sulla crescita nel breve periodo.
Il programma di revisione della spesa è stato comunque discusso con il Presidente del Consiglio nel corso della settimana e il Governo sta preparando il materiale analitico necessario ad assumere decisioni eventualmente da comunicare alla Commissione. La Legge di stabilità per il 2014 ha peraltro già programmato investimenti ritenuti indispensabili per la crescita dell'economia nazionale senza dover ricorrere alla ricordata clausola.
(Ha collaborato Dario Prestigiacomo)
(Ha collaborato Dario Prestigiacomo)

http://www.huffingtonpost.it/2014/02/14/matteo-renzi-ue_n_4789646.html?ref=topbar 

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