Potrebbe riprendere forza quello che è stato il grande sogno infrastrutturale berlusconiano, il Ponte sullo Stretto di Messina, la grande opera più discussa del sud Italia (e più costosa) nonostante di fatto non ne sia stata posata nemmeno una pietruzza.
Nonostante l’agenda dei tecnici al governo avesse di fatto cancellato l’ipotesi di una lingua d’asfalto che unisse Scilla e Cariddi, anche grazie al Piano d’investimenti Ue che, nei trenta progetti prioritari fino al 2020, il ponte nemmeno lo menzionava, sembra che negli ultimi giorni l’argomento sia tornato magicamente negli italici desideri.
Quando, il 20 gennaio scorso, Monti depennò definitivente l’ipotesi Ponte alla riunione del Cipe (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economia), disponendone il definanziamento per 1,6miliardi, erano stati in molti a tirare un sospiro di sollievo; d’altra parte, perchè finanziare un’opera per la quale manca, dopo tanti anni, un progetto definitivo?
La Società Stretto di Messina è nata nel 1971 proprio con l’arduo compito di progettare e realizzare l’opera; un compito molto arduo, talmente tanto che a distanza di quasi trent’anni ancora nulla è stato fatto, se non spendere una cifra che secondo la Società è di 270milioni di euro, ma che molti alti sostengono sia superiore ai 400milioni.
Non c’è ancora una scelta definitiva, tuttavia io non considero il Ponte sullo Stretto di Messina tra le infrastrutture prioriarie.
aveva dichiarato il ministro Corrado Passera lo scorso giugno; eppure meno di un mese dopo, il 16 luglio, il Ministero dell’Ambiente ha riattivato la commissione per la Via (Valutazione d’Impatto Ambientale) per il Ponte e il 27 settembre scorso il dicastero retto proprio da Passera (Infrastrutture e Trasporti) ha aperto la Conferenza dei servizi (l’unico organismo in grado di dare tutte le autorizzazioni per questa grande opera).
Foto | TmNews
Nessun commento:
Posta un commento