articolo di Giovanni Manenti
Vi sono, talvolta, delle storie di sport, così come del mondo dello spettacolo, tanto straordinarie ed appassionanti che per farle diventare epiche occorre che si concludano in modo tragico, meglio ancora se in giovane età, visto che, come ammonisce il “Maestrone” Francesco Guccini, “gli eroi son tutti giovani e belli …”, pur se il protagonista del nostro racconto odierno non è morto da eroe, anche se, forse, lo sarebbe potuto divenire. Ma il destino ha deciso diversamente.
E’ di sangue nobile, Alexander Obolensky, allorché nasce il 17 febbraio 1916 a Pietrogrado – l’attuale San Pietroburgo che assunse quel nome per volontà dello zar Nicola II ad inizio settembre 1914 per mantenerlo per un decennio –, figlio del principe Sergej Obolensky, ufficiale delle guardie zariste a cavallo, il quale, allo scoppio della rivoluzione russa, ripara con la famiglia in Inghilterra.
Il suo lignaggio consente al giovane Alexander di frequentare le migliori scuole del Regno Unito e, dopo essersi diplomato al “Trent College” di Long Eaton, nel Derbyshire, si iscrive 18enne alla prestigiosa università di Oxford, dove nel 1938 ottiene la laurea alla facoltà di filosofia, politica ed economia, ma, nel frattempo, non disdegna di praticare il rugby, dove ricopre il ruolo di trequarti ala.
E, indubbiamente, il principe ci sa fare, visto che, oltre a giocare in 6 anni di attività (dal 1934 al 1939) per i club di Nottingham, Rosslyn Park e Leicester Tigers, fa parte della rappresentativa dell’università di Oxford di cui veste i colori in ben 44 occasioni mettendo a segno 88 punti (consideriamo che all’epoca una meta valeva appena 3 punti), il che lo porta all’attenzione dei dirigenti della federazione inglese.
Ad inizio anno 1936 l’Inghilterra è difatti chiamata ad ospitare, il 4 gennaio a Twickenham, la Nuova Zelanda per un test match nel corso del terzo tour nella storia dei “leggendari” All Blacks nel Regno Unito, essendo nelle due precedenti occasioni stata sconfitta 0-15 ad inizio settembre 1905 al “Crystal Palace” e molto meno nettamente (11-17) il 3 gennaio 1925, ragion per cui vi sarebbe tutto l’interesse a schierare il talentuoso giocatore russo di origine, ancorché oramai inglese di adozione, pur se non sono pochi a “storcere la bocca” nel momento in cui viene ufficializzata la presenza del non ancora 20enne Obolensky, considerata la nota mentalità autoctona dei sudditi inglesi.
Una perplessità che non trascura neppure il Principe di Galles, nonché futuro Re Edoardo VIII, che nel cerimoniale prima dell’incontro chiede un po’ sfacciatamente al “principe” Obolensky a quale titolo rappresentasse l’Inghilterra, ottenendo una delle migliori risposte che potesse ricevere, ovvero “studio ad Oxford, signore!!!”, sapendo peraltro in cuor suo che serviva ben altro per convincere gli scettici circa il suo utilizzo.
E, in ogni disciplina sportiva che si rispetti, vi è un solo modo per dimostrarlo, ovvero sul terreno di gioco, e ci vuole poco per fare innamorare e portare dalla sua parte gli oltre 70mila presenti sulle tribune dello stadio londinese, vale a dire dapprima recuperando l’ovale ben oltre la propria metà campo ed involarsi in una fuga solitaria lungo l’out destro vanamente inseguito dai suoi avversari per andare a depositarlo in meta, e quindi, poco dopo, con un’azione ancor più straordinaria in quanto, ricevuta palla sulla destra ben poco oltre la linea di 22 metri, attraversa tutta l’area in diagonale a velocità doppia rispetto ai giocatori neozelandesi per andare una seconda volta in meta dalla parte opposta.
Per molti addetti ai lavori, queste possono essere tranquillamente collocate fra le migliori mete realizzate nella storia del XV della Rosa e, forse anche a causa del clamore suscitato da una tale impresa – con l’Inghilterra che, per la cronaca, si aggiudica l’incontro per 13-0, vittoria che replicherà contro gli All Blacks solo a 37 anni di distanza –, ecco che ad Alexander Obolensky viene riconosciuta la cittadinanza inglese nel successivo mese di marzo, essendo stato confermato anche per il torneo denominato all’epoca “Home Championship” (in quanto dal 1932 al 1939 la Francia non partecipa al “5 Nazioni”) concluso peraltro al terzo posto con una vittoria sulla Scozia, un pari con il Galles ed una sconfitta contro l’Irlanda.
Delle prestazioni del biondo trequarti ala proveniente dall’est si avvalgono anche i Barbarians, selezione ad inviti senza vincoli di nazionalità, ancorché all’epoca venissero scelti solo giocatori del Regno Unito, con cui Obolensky fa il suo esordio il 4 marzo 1937 realizzando una meta nella sconfitta per 13-3 contro una selezione delle East Midlands, per poi prendersi la rivincita a 12 mesi esatti di distanza con il successo per 8-7 e quindi disputare nel 1938 altri tre incontri, andando in meta a metà aprile nella vittoria per 8-0 su Penarth ed a fine dicembre nella sconfitta per 6-8 curiosamente proprio contro i Leicester Tigers, collezionando in totale 7 presenze con 9 punti all’attivo.
Nonostante ciò le presenze con la Nazionale inglese si limitano alle citate quattro occasioni, sebbene, stante l’ancor giovane età, altre possibilità non sarebbero potuto mancare, ma i “venti di guerra” che soffiano sul Vecchio Continente coinvolgono anche l’oramai cittadino britannico che, difatti si arruola nella RAF (Royal Air Force), ovvero l’aviazione inglese, venendo assegnato alla 54esima squadriglia con la quale va incontro ad un atroce, beffardo destino.
Accade, difatti, che il 29 marzo 1940, il giorno dopo che Obolensky aveva ricevuto la notizia di essere stato richiamato in Nazionale per un match contro il Galles – che poi non ha luogo a causa degli eventi bellici –, lo stesso si metta alla guida del suo “Hawker Hurricane Mark 1” per un volo di addestramento, ma al momento del ritorno alla base presso il “Martlesham Heath Airport” nella contea di Suffolk, sbaglia manovra oltrepassando la pista di atterraggio così da finire in un dirupo, ed il conseguente impatto gli procura la rottura delle vertebre cervicali, morendo sul colpo all’età di soli 24 anni e 41 giorni.
E così, dopo aver evitato il dramma della rivoluzione russa e, l’eventuale, possibile coinvolgimento nel secondo conflitto mondiale nelle file delle armate sovietiche, Alexander Obolensky, il “principe”, trova la fine servendo la sua patria di adozione a cui lascia in eredità il ricordo di due splendide mete nel primo, “storico” successo contro gli All Blacks.
Sicuramente non sufficienti a definirlo un eroe, ma “giovane e bello” di sicuro…
https://sport660.wordpress.com/2023/01/31/la-fantastica-storia-del-principe-russo-alexander-obolensky-dalla-tragica-fine/
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