martedì 6 agosto 2013

Santo Stefano al Mare: è stata scoperta la causa del decesso di Bohli Kayes, il procuratore Cavallone "Lo Stato e le istituzioni dovranno farsi carico di questa morte"


Dal referto del medico legale si evince che qualcuno ha impedito l'espansione della gabbia toracica di Bohli Kayes. Tre carabinieri rimangono indagati per omicidio colposo.


“Lo stato e quindi le istituzioni dovranno farsi carico della morte di questa persona”. Parole dure ma chiare quelle usate dal procuratore capo di Sanremo Roberto Cavallone in merito al decesso di Bohli Kayes. Si tratta del tunisino 36enne, arrestato per spaccio di droga il 6 giugno scorso a Riva Ligure, che era poi morto in Ospedale a Sanremo nelle ore successive al fermo. 

Nella giornata di ieri sono arrivati i risultati dei vari esami condotti sul cadavere che hanno fatto emergere innanzitutto la causa del decesso: arresto cardiorespiratorio neurogenico secondario ad asfissia violenta da inibizione dell'espansione della gabbia toracica. "In altre parole, dal referto del medico legalesi evince che qualcuno ha impedito a Bohli di respirare" - con queste parole il dott. Cavallone ha spiegato l'accaduto ai media evidenziando alcuni passaggi della relazione del medico legale. 

“Questa azione che ha impedito al 36enne di respirare si è verificata per un tempo tra 1 e 3 minuti, tra il momento dell'arresto ed il trasporto in caserma – ha detto il procuratore – La prima cosa che abbiamo scoperto, ma ce l'aveva già detta il medico del pronto soccorso, il decesso non era avvenuto per un attacco cardiaco. Successivamente era emerso che vi erano dei segni di sofferenza cerebrale da asfissia e pertanto volevamo vedere se fossero compatibili con l'assunzione sostanze stupefacente, in quanto il soggetto ne faceva uso. Quindi, dagli ulteriori esami è stato escluso che avesse ingerito della droga nel contesto del l'arresto. Tuttavia lo stesso medico legale parla di un caso peculiare di morte quanto raro e tra l'altro non siamo in grado dire con chiarezza l'esatto momento della crisi respiratoria”. 

Sulla morte di Bohli Kayes il procuratore ha le idee chiare a fronte del referto medico, la crisi respiratoria è subentrata nel momento dell'arresto dello spacciatore. Il problema sorge in merito alle manovre usate dai carabinieri per tenere fermo il 36enne che scalciava nella speranza di scappare, tanto che anche un civile era intervenuto per bloccare le caviglie del fermato. Per gli inquirenti uno o più dei tre militari hanno impedito al fermato l'espansione della cassa toracica. “Dobbiamo tenere presente che c'era stato un tentativo di fuga e quindi questa persona era già in debito d'ossigeno” - precisa il procuratore.

Nel frattempo le indagini vanno avanti, infatti, al momento i tre carabinieri che hanno effettuato il fermo nel parcheggio del Lidl di Riva Ligure, rimangono indagati per omicidio colposo. Di loro, uno è stato trasferito perchè oggetto di minacce con una busta contenente dei proiettili. “Bisognerà individuare chi dei militari abbia una responsabilità penale nell'accaduto – spiega Cavallone – Ad oggi tutti e tre i militari coinvolti hanno preferito avvalersi della facoltà di non rispondere. Dovremo capire chi ha avuto un comportamento contrario a quanto previsto dal proprio ruolo. Sarà un processo difficile, perchè il processo si farà sicuramente e difficile nella misura in cui i militari proseguiranno con questo silenzio. Bisognerà vedere se qualcuno vorrà parlare magari per dirci com'è andata e quindi ci aiuti a valutare le reali responsabilità da un punto di vista penale”. 

Proprio su questo aspetto, la difficoltà riscontrata dagli inquirenti nel portare avanti le indagini, il dott. Cavallone aggiunge “Purtroppo non ci sono telecamere che abbiano ripreso la scena ma c'è la possibilità che il 36enne fosse già incosciente quando è stato caricato nell'auto di servizio dei carabinieri partiti dalla stazione di Santo Stefano al Mare. Siccome era pomeriggio e ci si trovava sulla pubblica via, se qualcuno avesse visto qualcosa è pregato di venire a dircelo ed a testimoniare”. 

Inoltre, il procuratore ha detto di aver già informato i vertici dell'Arma in modo che possano esser prese le dovute decisioni interne. La stessa documentazione oggi in possesso della procura è stata inviata anche al consolato tunisino che ne aveva fatto richiesta nelle scorse settimane così come ai familiari del 36enne che avevano presentato istanza per essere informati tramite il loro legale l'avvocato Paolo Burlo. 

“Non importa che la persona deceduta sia straniera. Quando una persona si trova in mano alle istituzioni, queste non devono ledere la sua salute. La vita è sacra. Qui c'è una chiara responsabilità delle istituzioni. Questa è una morte di cui lo Stato si deve far carico e dovrà chiedere scusa allo stato tunisino ed ai familiari del deceduto. Qui ci troviamo di fronte ad un caso diverso da quello avvenuto per la morte di Stefano Cucchi, che era stato chiaramente picchiato e dove c'era stata una volontà. Tutto questo comunque non doveva accadere”.



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