martedì 11 giugno 2013

Isfahan, la Firenze dell’Iran

La città persiana più ricca di monumenti islamici


DELLA MOSCHEA GRANDEDELLA MOSCHEA GRANDE
CHIESA ARMENA INTERNO.
Abiti tradizionali
Il bazar
LA PIAZZA DELLA MOSCHEA.
(Di Eugenia Romanelli)
Forse non tutti sanno che l’Iran, terra piena di contraddizioni, è anche scenario di meraviglie che il resto del mondo può solo invidiare. Una di queste è la città di Isfahan, che conta circa un milione di abitanti. Travolta dal colore turchese, che ne contraddistingue l’atmosfera magica, è abitata da gente gentile ed elegantissima, soprattutto le donne che, seppure velate, nascondono acconciature degne di una principessa, tra chignon, occhi bistrati e mani smaltate. Il turismo è ancora pressoché assente, ed è proprio questo il vantaggio: si viene accolti con grande curiosità e ospitalità, e l’atteggiamento non è mai diffidente o ostile, come del resto è cosa tipica di una cultura millenaria e fastosa. Dotata di un clima piacevolissimo, temperato durante quasi tutto l'anno, Isfahan è attraversata dal fiume Zayandè ed è al centro dell'altipiano iranico, lontana da Teheran almeno 400 chilometri.
Proprio per questa posizione strategica, nei secoli è stata un importante centro commerciale. Tuttavia l’acme del suo splendore lo deve allo scià Abbas I, della dinastia dei Safavidi, che, cacciati i Turchi Ottomani, salì al potere nel 1578 trasformando Isfahan in una bellissima città piena di charme. Lo testimoniano i monumenti costruiti in quegli anni, tra i più splendidi esempi di architettura islamica mai innalzati. Il turista può cominciare a conoscere Isfahan percorrendo la via principale che taglia la città da nord a sud, il Kheyabun-e Chahar Bagh (“i quattro giardini”). Il nome deriva dall’ombra che gli alberi proiettano lungo tutto il viale, e in effetti si tratta di una passeggiata decisamente piacevole. Qui intorno ci sono anche i migliori alberghi e ristoranti della città, ed è facilissimo raggiungere la famosa Meidun-e Emam (o Meidun-e Naghsh-e Jahan). Si tratta di un’enorme piazza (500 metri di lunghezza e 160 di larghezza!), la più grande del mondo, costruita nel 1612: si parta da qui per visitare i più importanti monumenti. Masjed-e Emam per esempio, sul lato meridionale della piazza: la moschea, la più bella dell’Iran, è completamente rivestita di maiolica turchese e crea una suggestione quasi onirica (il colore delle piastrelle assume tonalità diverse a seconda delle condizioni di luce). Il gigantesco portale di ingresso è fiancheggiato da due minareti identici, e introduce all’edificio che però è orientato in direzione della Mecca.
Ultimata nel 1638, dopo 26 anni di lavori voluti dallo Scià Abbas il Grande, vanta una architettura raffinata e complessa: varcato l’ingresso, si percorre un breve corridoio che porta a una sala che a sua volta immette nel cortile interno. Il cortile è circondato da quattro iwan (atrii colonnati), ognuno dei quali conduce a una sala di preghiera a volta. Il palazzo di Kakh-e Ali Ghapur invece sorge sul lato ovest della piazza: originariamente sede del governo degli scià, ha un grosso padiglione da cui si poteva assistere alle manifestazioni organizzate in Meidun-e Emam. In cima si possono ancora oggi ammirare i soffitti traforati, intagliati con le forme degli strumenti musicali, opera straordinaria e unica in Iran. Di fronte, c’è la piccola moschea di Masjed-e Sheikh Lotfollah: poiché lo sceicco Lotfollah se la fece costruire per sé, la caratteristica originale è che non ha minareti per chiamare a raccolta i fedeli. Da non perdere, soprattutto per gli amanti del genere, è il bazar: si trova sul lato nord della piazza e, su struttura tipica iraniana, comprende un intricatissimo dedalo di stradine intrecciate tra loro ma suddivise per “quartieri” - o aree - ben precisi ognuno dei quali è specializzato in una merce specifica. Anche il bellissimo parco di Chehel Sotun è una tappa obbligata: situato proprio dietro al Kakh-e Ali Ghapu, circonda il padiglione di Chehel Sotun (“Le quaranta colonne”, anche se ne può vantare solo venti, perché le altre venti sono solo il riflesso nella vasca del parco!), un edificio destinato ai ricevimenti voluto dallo scià Abbasi. Molto noto anche il palazzo e il giardino safavide di Hasht Behesht (degli “otto paradisi”): si entra da Kheyabun-e Fathiye, e vale la pena spenderci del tempo per osservare con calma i mosaici e le modanature a stalattite.
Da lì, prendendo un taxi, in soli sette chilometri si raggiunge Jolfa, il quartiere armeno, e si possono visitare i cosiddetti “minareti oscillanti” (Menar Jombun): percorrendo la suggestiva scala ripida che arriva in cima ad ognuno di essi e appoggiandosi saldamente al muro, si percepirà il minareto dondolare. Infine, i noti ponti di Isfahan: ce ne sono ancora in piedi, sono molto antichi e attraversano lo Zayandè Rud. Per esempio il Si o Se Pol, “ponte delle 33 arcate”, costruito del 1602: collega i due tratti della Kheyabun-e Chahar Bagh. Il Pol-e Khaju, invece, costruito nel 1650 dallo scià Abbas, circa un chilometro e mezzo più a valle, fungeva anche da diga e da luogo di incontro: è un po' più stretto ma ancora più bello del precedente, che è però più famoso. Il più antico è fuori città: ci si arriva attraverso una camminata molto bella di circa tre chilometri che termina su una stupenda costruzione in pietra e mattoni del XII secolo e che poggia su una struttura di un ponte sasanide molto più antico.

(ANSA)

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