domenica 23 giugno 2013

FIAT, LANDINI E I PICCHETTI A POMIGLIANO


Fiat, Landini e i picchetti a Pomigliano

FIAT, LANDINI E I PICCHETTI A POMIGLIANO


La presenza di Muarizio Landini ai cancelli della fabbrica napoletana ha mobilitato centinaia di persone. I blocchi hanno ritardato di quindici minuti l’ingresso dei 1200 operai comandati per il sabato lavorativo.Produzioni ferme per un’ora.
Diversamente da quanto accaduto durante gli incidenti dello scorso 15 giugno, i picchetti di ieri “ contro il sabato lavorativo e per il contratto di solidarietà” sono stati messi a segno ma sono riusciti a bloccare l’accesso dei lavoratori in fabbrica soltanto per alcuni minuti, un quarto d’ora appena. A ogni modo non si sono registrati scontri con la polizia. Alla sei e venti del mattino i 1200 operai comandati per il sabato di recupero sono potuti entrare nella Fiat di Pomigliano.
Alla fine La regia dei blocchi piazzati all’alba attorno allo stabilimento automobilistico, organizzati con una strategia affidata direttamente al segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, ha solo in parte sortito l’effetto sperato dal fronte del no ai recuperi produttivi, un’alleanza politica e sindacale che chiede il rientro al lavoro dei cassintegrati. L’assedio ha però costretto la fabbrica della Panda a ritardare di un’ora l’avvio delle produzioni. Già alle quattro e mezza del mattino tutti i sette varchi d’accesso del grande stabilimento erano stati ostruiti con i picchetti formati da circa trecento tra iscritti e simpatizzanti della Fiom e dello Slai Cobas. A un certo punto l’intero perimetro dello stabilimento è stato praticamente interdetto all’ingresso dei 1200 operai comandati per il sabato di recupero.
Lavoratori che hanno atteso gli sviluppi della protesta mettendosi in fila, a bordo delle loro auto, lungo le arterie che circondano la Fiat. Il culmine delle tensioni è stato raggiunto poco prima delle sei, orario ufficiale di avvio delle produzioni automobilistiche. Manifestanti e polizia si sono fronteggiati nel budello che porta al varco numero uno, il varco merci, un passaggio scelto dalle forze dell’ordine, com’era accaduto sabato 15, per far entrare gli operai. La temperatura della contrapposizione è improvvisamente salita quando poco dopo le cinque sono sopraggiunti una quarantina di cobas del Comitato di lotta cassintegrati e licenziati e di giovani studenti e senzalavoro dei centri sociali di Napoli.
Gli attivisti del Comitato di lotta, insieme ad alcuni operai della Irisbus di Flumeri ( impianto irpino produttore di autobus fatto chiudere dal Lingotto ), indossavano caschi gialli e impugnavano scudi di cartone con l’immagine di Marchionne e la scritta “poliziotti: ora picchiate anche lui”. Le cariche dei celerini sono state sventate quando Landini e i suoi hanno deciso di liberare i varchi, alle sei e un quarto, vale a dire quindici minuti dopo l’orario programmato di inizio delle produzioni. Ma lo scioglimento dei picchetti ha fatto indispettire i Cobas e i movimenti, che hanno inveito contro il leader della Fiom, accusato di averli abbandonati. A quel punto sono rimasti a fronteggiare poliziotti e carabinieri soltanto una trentina di manifestanti.
Per liberare definitivamente l’accesso rimasto bloccato le forze dell’ordine non hanno dovuto fare altro che avanzare lungo il budello del varco uno. La calma attorno alla fabbrica è tornata alle sette meno un quarto. Landini si è dichiarato soddisfatto dell’atto di forza ai cancelli Fiat.“ E’ stata la dimostrazione – ha commentato il segretario della Fiom poco prima di andare via – che è possibile ancora bloccare Pomigliano senza mettere i lavoratori in attività e quelli in cassa integrazione gli uni contro gli altri, come invece vuole la Fiat: non ci fermeremo di fronte alla necessità di dare piena occupazione a tutti attraverso i contratti di solidarietà”. Subito dopo la Fiat, da Torino, ha diramato un comunicato.
Nel messaggio il Lingotto ha sottolineato che “anche se con ritardo l’attività produttività è ripresa regolarmente grazie al senso di responsabilità dei 1200 operai comandati e nonostante i ripetuti tentativi intimidatori”, che “questi atteggiamenti non aiutano lo sforzo che l’azienda sta facendo per superare l’attuale situazione di crisi ” e che “ malgrado il ritardo di un’ora sull’avvio delle produzioni sarà riconosciuto a tutti i presenti il turno completo”. Il segretario generale della Fiom era giunto a Pomigliano venerdì sera ed è rimasto con i manifestanti per tutta la notte, fino all’alba successiva. Alla “notte bianca per il lavoro”, consumata sul ponte principale d’accesso alla fabbrica, hanno partecipato circa seicento persone, anche musicisti e cantanti, tra i quali il noto jazzista Daniele Sepe, che ha lanciato un appello “ a nazionalizzare la Fiat, divenuta un colosso finanziario grazie alle continue dazioni di danaro pubblico”.
Al raduno e ai picchetti successivi hanno partecipato iscritti alla Fiom provenienti dal Lazio, dalla Toscana, dall’Emilia e dalla Lombardia. Ieri pomeriggio, all’una e mezza, orario di uscita dalla fabbrica, alcuni dei 1200 operai comandati per il sabato di recupero hanno rotto il muro del silenzio commentando nel piazzale i blocchi messi a segno dai colleghi cassintegrati. “Penso che sia giusto ciò che hanno fatto perché anche loro hanno una famiglia”, ha dichiarato, sguardo cupo, Vincenzo Grimaldi, di Acerra, unico lavoratore che ha deciso di rivelare la propria identità nella sfilza di interventi rigorosamente anonimi.
“Penso sempre lo stesso – ha detto un altro operaio – e cioè che se facciamo confusione non si risolverà mai niente ”. “I blocchi sono giusti, ma avrebbero dovuto farli prima, quando sono iniziate le produzioni Panda ”, il rammarico di un addetto al montaggio. C’è però chi ha anche manifestato un senso di disagio: “Vogliamo solo lavorare. Non è colpa nostra se gli altri, purtroppo, non lavorano”.
Autore: Pino Neri
Per approfondimenti visita Il Mediano

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