venerdì 28 dicembre 2012

Ilva: Procura, dl ha prodotto 'grave vulnus'



'Violati i principi di obbligatorieta' dell'azione e di indipendenza del pm'


  L'Ilva

 All'entrata dell'ILVA di Taranto

 Franco Sebastio

Il decreto legge sull'Ilva ha operato un ''grave 'vulnus' ai principi di obbligatorieta' dell'azione (art.112 Cost.) e di indipendenza del pm (art.107 Cost.)'' e questo ''non appare tollerabile''. Lo scrive la Procura di Taranto nel ricorso alla Corte Costituzionale per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.
Il decreto legge sull'Ilva "oltre ad annullare l'efficacia del provvedimento cautelare adottato dal gip per evitare l'aggravamento e la commissione di altri reati", ha "legittimato la sicura commissione di ulteriori fatti integranti i medesimi reati" contestati. Lo scrive la Procura di Taranto nel ricorso inviato alla Consulta.
La Corte Costituzionale "dichiari che non spetta, nel caso di specie, al Governo della Repubblica autorizzare la prosecuzione dell'attività produttiva per periodo di tempo predeterminato", chiede la Procura della Repubblica di Taranto nel ricorso alla Consulta.
Nel ricorso alla Consulta, la Procura chiede anche che l'autorizzazione del governo all'Ilva a produrre non trovi applicazione "anche quando l'autorità giudiziaria abbia adottato provvedimenti di sequestro sui beni dell'impresa titolare del provvedimento, nella parte in cui è previsto che tali provvedimenti non impediscono, nel corso del predetto periodo, l'esercizio dell'attività d'impresa". La Procura ha chiesto inoltre che il ricorso venga esaminato dalla Corte Costituzionale al più presto "in considerazione della estrema rilevanza degli interessi protetti dalle norme penali su indicate che, di per sé, costituiscono ragioni di estrema urgenza".
Il decreto legge n.207 del 3 dicembre 2012 prevede "Disposizioni urgenti a tutela della salute, dell'ambiente e dei livelli di occupazione, in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale" e consente all'Ilva di continuare la produzione e commercializzare i prodotti finiti e semilavorati, anche prima dell'entrata in vigore del decreto legge, nonostante il sequestro giudiziario. Secondo i magistrati, il governo ha impedito l'esercizio dell'azione penale interferendo con l'indagine per disastro ambientale, culminata il 26 luglio scorso con il sequestro degli impianti dell'area a caldo firmato dal gip Patrizia Todisco. La procura per il momento ha impugnato il decreto. Il ricorso non esclude che, una volta pubblicata la legge sulla Gazzetta Ufficiale, la Procura sollevi anche eccezioni di incostituzionalità su alcune norme.
(ANSA)

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