sabato 29 dicembre 2012

Lo Schola Post



29 dicembre 2012
Pubblicato da 
di
Francesco Forlani
Il mese scorso ho visto tre film, di tre registi diversi, di nazionalità e drammaturgia differente ma tutti e tre ambientati in una scuola e più precisamente in classi che coprono tutto il ciclo scolastico, dalle materne alle superiori.
Il distacco, di Tony Kaye
Monsieur Lazhar di Philippe Falardeau
Il sospetto di Thomas Vinterberg
Prima di entrare nel merito delle tre narrazioni e soprattutto di condividere alcune riflessioni è bene ricordare le trame, per chi non li avesse visti, cominciando dall’ultimo dei tre.
Il sospetto
Lucas è un uomo ammirato e benvoluto, vive da solo col suo cane Fanny, ha un gruppo di amici al quale è molto affezionato e lavora in un asilo, dove è il più adorato dai bambini. Nel corso del film, Lucas si troverà ripetutamente a doversi prendere cura della bambina Klara, figlia del suo migliore amico Theo, il quale spesso non le dedica le dovute attenzioni. Quando, però, Lucas riceve un regalo da parte di Klara e la rimprovera, la bambina ne è risentita e comincia a parlare con la direttrice, accusando Lucas di atti di pedofilia. In breve, comincerà un processo, nella società prima ancora che in tribunale, in un clima crescente di dramma.


Monsieur Lazhar

Bachir Lazhar è un immigrato algerino di 55 anni che viene assunto in una scuola elementare di Montreal per sostituire un’insegnante che si è impiccata. Mentre la classe passa attraverso un lungo processo di ripresa, nessuno nella scuola è a conoscenza della vita dolorosa di Bachir, né che egli è a rischio di essere espulso in qualsiasi momento.
Il distacco
Henry Barthes, supplente di letteratura al liceo, è un uomo solitario che porta dentro di sè un’antica ferita e cerca di tenere gli altri a distanza. Henry entra ed esce dalla vita degli studenti, cercando di lasciare qualche insegnamento come può, nel poco tempo che ha con loro. Quando un nuovo incarico lo porta in una degradata scuola pubblica di periferia, il mondo di Henry viene lentamente alla luce attraverso i suoi incontri con gli studenti – giovani senza speranze per il futuro – e gli altri insegnanti disillusi. Ciò che sconvolge di più la sua vita è, tuttavia, l’incontro con Erica, una prostituta adolescente scappata di casa. Ma anche Meredith – allieva sveglia e molto sensibile, schiacciata dal conflitto con il padre – e gli altri studenti, entrano in modo travolgente nella vita di Herny, rompendo gli argini e azzerando quella distanza tra lui e il mondo.
Le tre schede le ho recuperate in rete.
La prima cosa che salta agli occhi e che accomuna i tre film è sicuramente nel fatto che il protagonista sia un uomo, un uomo calato in una realtà, quella scolastica, dominata dal femminile, e che si caratterizza immediatamente attraverso la propria estraneità. Lucas, insegna in una scuola materna, e insegue una paternità che una pessima separazione con la moglie impedisce di realizzare con il proprio figlio. Bachir Lazhar è un impostore, non è mai stato insegnante ma mimeticamente lo diventa per poter, da una parte, incarnare attraverso il mestiere che era stato della moglie, algerina morta durante la guerra civile, il dolore che lo lega a lei e dall’altra accedere allo statuto di rifugiato politico. Henry Barthes è un uomo che ha affidato alla propria estraneità al mondo, degli affetti, la propria salvezza dal dolore.
La citazione di Albert Camus con cui si apre questo film tanto drammatico quanto necessario, avrebbe potuto fare da esergo anche agli altri due.
And never have I felt so deeply at one and the same time so detached from myself and so present in the world. 
Camus scrive:
« Et jamais je n’ai senti, si avant, à la fois mon détachement de moi-même et ma présence au monde.»
Il passaggio è in Noces, pubblicato nel 1938 e che si compone di quattro racconti, Noces à Tipasa, Le vent à Djémila, L’été à Alger, Le désert. La citazione è tratta dal secondo racconto. Quando si legge il passaggio tutto intero l’impressione che si ha è di un malinteso terribile tra il proposito dell’autore e l’uso, l’interpretazione che ne viene data. Leggendo con più attenzione ci rendiamo però conto come la discesa in campo del filosofo mediterraneo, pardon la sua salita, attraverso il racconto di quell’esperienza, sia stata citata a ragione.
“E, pietra fra le pietre, la sua stretta fugace mi dava la solitudine d’una colonna o d’un olivo nel cielo d’estate. Quel bagno violento di sole e di vento esauriva in me ogni forza di vita. Appena, in me, il battito d’ali che affiora, la vita che si duole, la fievole rivolta dello spirito. Ben presto, sparso ai quattro angoli del mondo, dimentico, dimenticato da me stesso, io sono questo vento e, nel vento, queste queste colonne e questo arco, queste pietre che sanno di caldo e e queste montagne pallide intorno alla città deserta.e mai ho sentito cosi intensi, il distacco da me e al tempo stesso la mia presenza al mondo. Sì, sono presente E quel che mi colpisce in questo momento è di non poter andare oltre.”
da Il rovescio e il diritto, Nozze, L’estate, Bompiani 1972 (L’envers et l’endroit 1937)
La contrapposizione tra io e mondo, nei tre casi si esplicita in quello più personale di io e famiglia, e il teatro di tale drammatica contraddizione è la scuola. Il sistema un tempo perfettamente efficiente, scuola, famiglia, società è scoppiato in mille pezzi. Ogni autorevolezza, fiducia negli educatori è messa tra parentesi, a cominciare dalle gerarchie interne, presidi e provveditori sempre e comunque dalla parte dei genitori e mai dei propri uomini e donne. Nei tre casi l’inquisizione è infatti mossa dal campo familiare, dai genitori degli alunni, in modo diretto sia nel caso di Monsieur Lazhar che nonostante gli eccellenti risultati ottenuti in classe viene “indagato” e “scoperto” da genitori bianchi e borghesi, mal disposti verso quella invasione di campo, intrusione razziale e culturale, sia nel caso di Lucas demolito dalla falsa testimonianza della figlia del suo migliore amico ; indiretto nel caso di Henry Barthes, responsabile morale del suicidio di una sua studentessa.
Nei tre casi è un gesto a determinare il “crimine”. Che si tratti di uno scappellotto, di un bacio sulle labbra o di un abbraccio consolatorio, il contatto fisico diventa il corpo del delitto, indipendentemente dal motivo, dalla buona fede che lo ha determinato. Il vero distacco sono le leggi, scritte e non, a formularlo e ogni tentativo di “attaccamento” al mondo e alla realtà dei corpi dei propri studenti è infrazione della legge e dunque va punito.
Ecco perché, a monte, la messa in scena del corpo si svolge attraverso l’abuso che se ne fa, l’esperienza dell’osceno. Se Monsieur Lazhar si apre con il corpo senza più vita, sospeso, di una giovane insegnante suicida, nel distacco è la violenza sessuale subita per mano del padre, dalla madre del protagonista a innescare il processo di estraneazione dal mondo. Poi come se non bastasse, a Henry Barthes, conoscere quel dolore, sarà un semplice abbraccio offerto a una studentessa in crisi a indurre una collega a sospettare di lui, della sua condotta “sessuale”. Nel film di Thomas Vinterberg il sospetto, l’accusa di abuso sessuale su una bambina sarà proprio il motore di tutto.
A parte il film di Thomas Vinterberg, il sospetto, che è sicuramente il più “scuro” sia nella narrazione che nel suo epilogo, la dimensione catartica dei tre film è davvero potente. Il riscatto delle vite avviene certo non con un moto liberatorio da lieto fine ma attraverso la riappropriazione della propria storia, di una storia che è diventata destino nostro malgrado e che proprio grazie all’attraversamento di un indicibile dolore, che però trova le parole per dirsi, finalmente ci appartiene.« Qu’est-ce que le bonheur sinon l’accord vrai entre un homme et l’existence qu’il mène. »
“Ci sono luoghi dove muore lo spirito perché nasca una verità che ne è l’esatta negazione,” Il est des lieux où meurt l’esprit pour que naisse une vérité qui est sa négation même” scriveva Albert Camus nello stesso racconto. E uno di questi luoghi è la scuola.

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