Professoressa, scusi, dov’è la Rutenia?
di Andrea Satta
Domattina Geo chiederà : «Professoressa, scusi, dov’è la Rutenia?». E la professoressa di geografia ammutolirà. «La Rutenia? Già, dov’è?». È in Ucraina, ma non lo sa nessuno. È la pianura ungherese che sconfina, ci scorre il Tibisco e si allunga e si arrampica fino ai Carpazi. Il Tibisco, che non possiamo confondere con il tabasco (e anche quello… aspetta, che è il tabasco?), è un fiume lungo una volta e mezzo il Po e finisce, dopo aver attraversato tutta la Putza, addirittura in Serbia, nel Danubio. E il Danubio, dopo aver ingoiato tutta quell’acqua in un colpo, dice a se stesso: «Ora basta, Tibisco, basta!».
E di che si vive in Rutenia? Quali sono le città? È che, non conoscere la Rutenia e spiegare l’Ucraina ai ragazzi, stimolati dai fatti della cronaca tragica di queste ore, è come raccontare l’Italia e non sapere nulla del Veneto. Come sempre le cose lontane finiscono tutte nell’approssimazione e l’ignoranza nasce da questo seme. Sentiamo parlare di Ucraina, ma oltre al fatto che prima era Unione Sovietica, sappiamo altro? Pochi faraglioni di memoria sopra il pelo stagnante del nostro sapere semplificato dagli smartphone…
Vediamo un po’: Ucraina…? Kiev! La Dinamo, la squadra di Blokhin, Oleg, il più forte calciatore sovietico della mia infanzia, e Shevchenko il centravanti del Milan, e Lobanowsky, l’allenatore, «il colonnello» e forse era un militare per davvero. «Chernobyl!» «Bravo Geo!» L’esplosione nucleare dell’aprile del 1986 (a proposito, dove eravate quel giorno?) e tutto quello che ne è derivato di dolore e lutto e che ancora continua e che se non ci fosse stata Fukushima non sarebbe stato sufficiente a cancellare la corsa all’energia nucleare. «La corazzata Potemkin», il mitico film di Eisenstein, il bombardamento del porto di Odessa sul Mar Nero che abbiamo avuto anche l’onore di musicare (era lo stesso Eisenstein a volere che un film fosse reinterpretato ogni dieci anni da un nuovo commento musicale).
Il cavallo di Przewalsky, i branchi selvaggi gli ultimi galoppi al mondo nelle praterie ucraine e i cervi che a migliaia si sono sostituiti agli uomini nelle città fantasma, invase dal Cesio 131. Poi, la neve e l’inverno infinito, il grano, e la steppa e la costa della Crimea e il Mar d’Azov, il trattato di Yalta che divise il mondo in noi e voi e le paludi. Geo, papà in Rutenia, una volta ci andò e c’erano tanti alberi spogli verniciati di ghiaccio, bianchissimi stampati in un cielo candido. Si camminò per ore e, intorno, solo il rumore delle scarpe nella neve.
Geo domani dirà: «La Rutenia dov’è professoressa?». Forse lo so.
Fonte: unita.it
http://comune-info.net/2014/03/professoressa-scusi-dove-la-rutenia/
Nessun commento:
Posta un commento