venerdì 4 ottobre 2013

Risolto 'cold case' dopo 14 anni: un clan
dietro l'omicidio di Antonello Scaglioni


Scaglioni fu assassinato a colpi d’arma da fuoco nel corso di un agguato commesso a Roma il 21 ottobre 1990. Fondamentale per l'individuazione dei killer il dna di uno di loro rilevato su alcune tracce di sangue rinvenute all’epoca nell’auto adoperata per l'agguato e poi abbandonata dopo un incidente
Roma, 27 settembre 2013  - I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP presso il Tribunale di Roma, Cinzia Parasporo, su richiesta del PM della DDA di Roma, Rodolfo Maria Sabelli, nei confronti di Rinzivillo Antonio (cl. 1957) e Salinitro Marco (cl. 1964), entrambi pluripregiudicati affiliati al clan mafioso “Rinzivillo” di Gela (CL), ritenuti responsabili, in concorso con altri, dell’omicidio di Scaglioni Antonello, assassinato a colpi d’arma da fuoco nel corso di un agguato commesso a Roma il 21 ottobre 1990.
Risolto l’omicidio di Antonello Scaglioni, assassinato a colpi d’arma da fuoco nel corso di un agguato il 21 ottobre 1990 a Roma: i responsabili, in concorso con altri, sarebbero, secondo gli inquirenti, Antonio Rinzivillo, 56enne, e Marco Salinitro, 49enne, entrambi pluripregiudicati affiliati al clan mafioso Rinzivillo di Gela (Caltanissetta).Nei loro confronti, i carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip Cinzia Parasporo, su richiesta del pm della Dda di Roma, Rodolfo Maria Sabelli.
Fondamentale nella loro individuazione il dna di Salinitro rilevato su alcune tracce di sangue rinvenute all’epoca nell’auto adoperata dai killer e poi abbandonata dopo un incidente. La prova scientifica è stata acquisita grazie al Ris dei carabinieri di Roma. La vittima era un 31enne e gestiva un bar all’interno del circolo sportivo Zeffiro Country Club, all’ingresso del quale, in Via Salaria, fu giustiziato con otto colpi alla testa e al torace. Il commando era composto da tre uomini che si dileguarono a bordo di una Ford Taurus rubata.
Durante la fuga, nei pressi dello svincolo per Fidene, a seguito di un incidente stradale, i killer lasciarono la macchina in una scarpata. Al suo interno fu trovata una pistola. Le indagini svolte all’epoca non consentirono di individuare gli autori dell’esecuzione e il caso fu archiviato. Nel 2011 è stato riaperto grazie alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, già affiliato al clan Rinzivillo, il quale ha rivelato la paternità del delitto da parte del clan stesso, che imputava alla vittima di avere sottratto un carico di eroina affidatogli in quanto corriere di droga. Su tali testimonianze il Nucleo Investigativo di via in Selci ha fatto partire l’indagine che ha portato agli odierni arresti e ad indagare in stato di libertà gli altri due componenti del gruppo di fuoco.
All’epoca dei fatti i Rinzivillo erano un gruppo satellite della consorteria mafiosa facente capo alla famiglia Madonia, a sua volta affiliata a Cosa nostra, e disponevano di una base operativa nella zona di Prima Porta, qui Antonio Rinzivillo, elemento apicale del sodalizio, si era rifugiato per sfuggire alla guerra di mafia in corso contro i clan gelesi della Stidda che, tra il 1987 e il 1992, causò oltre cento morti. In questo contesto il latitante, in quanto colpito da diversi provvedimenti restrittivi, deliberò l’omicidio di Scaglioni ritenendolo in grado di rivelare alle forze dell’ordine informazioni utili alla sua cattura. Rinzivillo venne poi catturato dai carabinieri nel dicembre del 1990. Lui e Salanitro, già detenuti a seguito di condanne per altri omicidi, si trovano reclusi rispettivamente presso le casi circondariali di Tolmezzo (Udine) e Napoli-Secondigliano.

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