mercoledì 13 giugno 2012

CDA RAI (SECONDA PARTE)


UGL News

ESCLUSIVO – Piano segreto di Passera
Vendere la Rai per diventare premier

Dietro le nomine di Tarantola e Gubitosi l'ombra del ministro dello Sviluppo. Che ha sulla sua scrivania un dossier in tre tappe per il futuro di viale Mazzini: primo, tagli lineari al personale; secondo, smembramento aziendale; terzo, vendita ai due gruppi editoriali senza sbocchi televisivi, Rcs e Carlo De Benedetti. Avrebbe così l'appoggio di Corriere e Repubblica per la scalata a Palazzo Chigi

Andrea Piersanti
Corrado Passera con il neo-presidente Rai Anna Maria Tarantola ed Ettore Gotti TedeschiCorrado Passera con il neo-presidente Rai Anna Maria Tarantola ed Ettore Gotti Tedeschi
ROMA – Il vero stratega delle nomine Rai che tanto stanno scaldando la politica sarebbe Corrado Passera. È il venticello di rumors e di mezze frasi che soffia in modo sempre più impetuoso non solo dalle parti di viale Mazzini, ma anche e soprattutto nei Palazzi romani della politica. Secondo le voci che si rincorrono ormai senza controllo, negli uffici di Passera ci sarebbe un voluminoso dossier dedicato alla televisione di Stato. Chi è riuscito a metterci il naso, ha capito che il piano del ministro dello Sviluppo economico avrebbe ripercussioni rilevanti sugli equilibri editoriali e politici del Paese. I veri destinatari sarebbero infatti i due “giornali partito” più importanti della nazione: Corriere della Sera e La Repubblica.
Passera avrebbe caldeggiato la nomina (o comunque l’indicazione) di Luigi Gubitosi insieme con Anna Maria Tarantola con un obiettivo che andrebbe a “piallare” definitivamente le ambizioni del cosiddetto “Partito della Rai” e di tutti i sostenitori del servizio pubblico radiotelevisivo.
FASE 1: TAGLI LINEARI AL PERSONALE - I due manager indicati dal Governo infatti dovrebbero andare a viale Mazzini per fare tre cose precise e poco piacevoli. La prima, la più urgente apparentemente per sistemare i conti, riguarderebbe i tagli del personale. Secondo il “Piano Rai” di Passera dovranno essere fatti tagli “lineari”, cioè basati su fattori anagrafici, per esempio, e che quindi non tengano conto delle necessità aziendali o delle concrete competenze o dei ruoli dei singoli. Dai vertici di viale Mazzini ai capannoni di Saxa Rubra, una simile operazione avrebbe effetti deflagranti sulla competitività della Rai e sulle perfomance aziendali ma, agli occhi degli appetiti esterni alla Rai, una simile operazione avrebbe il vantaggio indiscutibile di liberare in fretta molte posizioni chiave. Sono parecchi infatti i super manager o i direttori di testata giornalistica che sono vicinissimi all’età della pensione o, come nel caso del direttore del Tg1, Alberto Maccari, che l’hanno già superata. Fra i tanti fattori in gioco ci sono poi in ballo anche le consulenze editoriali dei pensionati doc come Giovanni Minoli o i contratti esterni con personaggi di punta come Bruno Vespa. Un taglio lineare del personale azzererebbe tutte le situazioni in modo asettico e aprirebbe le porte ad alcuni discreti insert di personaggi nuovi e strumentali al progetto finale.
FASE 2: SMEMBRAMENTO AZIENDALE - Già, il progetto finale. Si tratta di un dossier che sembra veramente destinato a segnare per sempre la fine della Rai così come l’abbiamo conosciuta. Secondo il piano di Passera, il taglio del personale sarebbe infatti solo la prima tappa di un percorso molto complesso. La seconda fase prevederebbe lo smembramento dei principali asset aziendali: Rai Way, Rai Cinema, ecc. Anche in questo caso la chiave di interpretazione è duplice. Apparentemente l’obiettivo dello smembramento degli asset è quello di fare cassa e di ripianare i conti. In realtà il vero risultato sarebbe di segno negativo, perché diminuirebbe di fatto il valore economico generale dell’intera azienda. Un passaggio che, alla faccia della Corte dei Conti (c’è il rischio di un danno erariale) e del rispetto dovuto ai cittadini che fino ad oggi hanno sostenuto la Rai con il canone, sarebbe però necessario per arrivare all’ultimo capitolo del “Piano Rai” di Passera, e cioè la vendita dei canali.
FASE 3:VENDITA A RCS E DE BENEDETTI - I due gruppi editoriali del Corriere e di Repubblica soffrono da alcuni anni per l’esiguo spazio editoriale nel settore multimediale. I piccoli canali che hanno conquistato sulle frequenze del digitale o l’asfittica attività di web tv messa in piedi sui rispettivi siti internet delle loro testate non sono neanche lontanamente competitivi. Pubblico scarso e visibilità da televisione di quartiere. Nei board delle due case editrici però sta crescendo la consapevolezza delle opportunità che si stanno aprendo nel mercato della tv italiana. La crisi conclamata di Mediaset, le crescenti difficoltà di Sky e le perduranti incertezze editoriali di Telecom potrebbero permettere infatti l’apertura di nuovi scenari e l’ingresso di player inaspettati. Si tratta di una visione che sembra molto interessante per i due colossi editoriali che hanno i magazzini pieni di contenuti e le redazioni affollate di costosissimi giornalisti, in un momento in cui la vendita della carta e il mercato delle edicole stanno crollando verticalmente.
Secondo il dossier, la cui preparazione Passera avrebbe seguito personalmente confidandosi solo con poche persone, i destinatari della cessione dei canali televisivi della Rai dovrebbero essere proprio loro, Rcs e Carlo De Benedetti. L’analisi è coerente con gli obiettivi politici di Passera di cui ilVostro ha parlato nell’editoriale del direttore (leggi qui). Mario Monti, in positivo, e Silvio Berlusconi, in negativo, insegnano. Per diventare presidente del Consiglio dei ministri si deve avere la “copertura politica” di Corriere e Repubblica. Quale modo migliore di ottenerla se non con un simpatico regalo come la Rai, soprattutto se fatto sulle spalle dei contribuenti?
Si tratta di uno scenario decisamente inquietante. La politica politicante che da anni, nel bene o nel male, ha trovato nella Rai uno spazio importante di visibilità, sta adesso cominciando a preparare le barricate. Sugli elmetti che già compaiono sulla testa di deputati o senatori c’è una sola scritta: “Passera non passerà”.
UGL, LETTERA A ZAVOLI PER CHIEDERE RISPETTO NOMINE CDA
(AGENPARL) - Roma, 11 giu -á"L'Ugl Rai ha scritto una lettera al presidente della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, Sergio Zavoli, per chiedere la più rigorosa vigilanza possibile sui dettami di legge nella designazione dei futuri Consiglieri a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori". Lo rende noto il vice segretario nazionale dell'Ugl Telecomunicazioni, Fabrizio Tosini.
"Ci riferiamo - è scritto nella missiva - in particolare al dettato dell'art. 20 comma 4 della Legge 112/2004, che recita testualmente: ------Possono essere nominati membri del consiglio di amministrazione i soggetti aventi i requisiti per la nomina a giudice costituzionale ai sensi dell'articolo 135, secondo comma, della Costituzione o, comunque, persone di riconosciuto prestigio e competenza professionale e di notoria indipendenza di comportamenti, che si siano distinte in attività economiche, scientifiche, giuridiche, della cultura umanistica o della comunicazione sociale, maturandovi significative esperienze manageriali'".
"Crediamo sia superfluo ricordare - prosegue la lettera
- come il reiterato mancato rispetto di questi criteri abbia trasformato quello che dovrebbe essere il Consiglio di Amministrazione di una delle aziende più importanti del Paese in un comitato di gestione di un ente di terzo grado, popolato da pochi veri professionisti, da tanti politici a fine carriera in cerca di una sinecura e da qualche portaborse con ambizioni da leader". E per questo "la Rai, i suoi lavoratori e, certamente non da ultimo, i suoi abbonati, hanno subito e tutt'ora subiscono danni probabilmente inemendabili, cagionati da scelte editoriali ed industriali frutto d'ignoranza, nella migliore delle ipotesi, o da scelte terze rispetto all'interesse pubblico, nell'ipotesi peggiore". "L'Ugl Rai - è scritto in conclusione della lettera - metterà in campo tutte le iniziative possibili sia sul fronte sindacale che su quello legale volte ad invalidare eventuali nomine che non dovessero rispettare alla lettera i requisiti previsti".
com/sdb
111404 GIU 12
Corriere della Sera 11-giu-2012 pag.11

Ma il leader insiste: non daremo indicazioni per il consiglio della tv di Stato

I dubbi del premier (e dentro il Pd) sulla linea di Bersani

Il rischio paralisi e i timori del Quirinale

La campagna Il segretario democratico ai suoi: se lanciamo la sfida che cosa fa il Pdl? Sceglie tutti da solo? Un argomento in più in campagna elettorale

Sulla Rai Pier Luigi Bersani non arretra. <Noi non indicheremo nessuno, non faremo proprio niente»: continuava a ripetere ancora ieri il segretario del Pd. E anche di fronte alle richieste informali di fare i nomi di due tecnici di area, il Partito democratico ha opposto un rifiuto. Del resto, i ragionamenti che il leader del Pd va facendo in questi giorni con i suoi sono questi: «Finché non c'è la riforma della governance al vertice della Rai potrebbe esserci anche Einstein e non cambierebbe nulla». Eppure le pressioni cui è sottoposto il segretario sono molte. Una parte del Pd ritiene che con la linea della fermezza il segretario si sia cacciato in un vicolo cieco. Lui però non la pensa così: «Se noi lanciamo questa sfida, voglio vedere che fa il Pdl. Si nomina il consiglio d'amministrazio-ne da solo? Bene, ci offre un argomento in più nella campagna elettorale». I sondaggi rivelano che l'atteggiamento del leader del Partito democratico non dispiace all'elettorato di centrosinistra. E questo è un motivo in più per spingere Bersani ad andare avanti. Ma riuscirà a portare avanti la sua battaglia fino in fondo? Raccontano che Giorgio Napolitano non gradisca un comportamento che potrebbe portare alla paralisi della Rai. Il presidente della Repubblica se ne è lamentato con lo stesso Bersani. E anche Mario Monti è perplesso: «Non capisco l'atteggiamento del segretario del Pd». Però, quando il capo del governo, l'altro giorno, aveva preannunciato ai leader della sua maggioranza le nomine che aveva deciso di fare, Bersani lo aveva avvertito: al massimo il suo partito poteva consentire l'elezione della presidente del cda per non bloccare tutto, ma niente di più. Per questa ragione, per smuovere Bersani dalla sua posizione, ieri si è tentata una manovra a tenaglia da parte dell'Udc e di quella fetta del Pd che non approva la scelta del segretario. Al leader è stata offerta una soluzione che gli avrebbe consentito di rientrare in gioco senza avere l'aria di dare il «contrordine compagni». Prima Beppe Fioroni ha proposto che sia il governo a procedere a tutte le nomine del cda Rai: «Giustamente hanno voluto commissaria-re la tv di Stato e allora a questo punto vadano fino in fondo, scelgano anche gli altri sette consiglieri». Poi è stata la volta di Pier Ferdinando Casini che ha avanzato la stessa proposta, dopo aver dato atto che le resistenze di Bersani nascono da «motivazioni alte e nobili». D'altra parte, il leader del Partito democratico ieri ha detto di sentirsi «garantito dal governo», quindi perché non accettare questa soluzione? Quelle parole di Bersani hanno fatto sperare i sostenitori dell'accordo: il governo indica dei nomi che vanno bene sia al Partito democratico che al Pdl e con questo compromesso all'italiana si esce dal guado della Rai. Quanto alla riforma della «governane» se ne discuterà nella prossima legislatura, quando, probabilmente, i numeri saranno più favorevoli al centrosinistra. Ma Matteo Orfini, responsabile del Pd per il settore Rai non sembra aprire uno spiraglio nemmeno di fronte a questa soluzione: «Anche in questo caso non voteremmo lo stesso. Possono metterci pure Bill Gates, ma senza cambiare governance è inutile». Già, però gli azionisti su proposta del ministro dell'Economia dovrebbero modificare i poteri di presidente e direttore generale. Basterebbe? Sarebbe un «segnale», dicono a Largo del Nazareno. Non sufficiente, però, sottolinea Orfini: «I cambiamenti dello statuto non possono comunque confliggere con la legge Gasparri, quindi o si cambia quella o è tutto inutile, com'è inutile avere un consiglio d'amministrazione così congegnato». Orfini, che è in continuo contatto con il segretario, non recede dalla linea dura. Ma, come si diceva, il pressing nei confronti di Bersani è fortissimo. Dentro il partito è in corso una discussione accesa. C'è chi accusa il leader di lasciare tutto in mano al Pdl, c'è chi è d'accordo con le scelte di Monti. Ai veltroniani, per esempio, non dispiacciono le nomine fatte dal presidente del Consiglio. Paolo Gentiloni si dice «soddisfatto perché finalmente c'è una svolta». Veltroni ricorda che fu proprio lui a ipotizzare «una Rai modello Bankitalia». Il suo braccio destro e sinistro Walter Verini avanza una nuova ipotesi per cercare di convincere il segretario ad ammorbidire la linea: «Perché il Pd non lancia una sfida in costruttivo alle altre forze politiche, proponendo di nominare tutti insieme sette personaggi di straordinario livello culturale, slegati dai partiti? Questo per superare l'attuale impasse, poi riformeremo la governance». Ma questa è una partita che il Pd non gioca da solo. Nel Pdl monta la rivolta contro Gianni Letta che, previa consultazione con Silvio Berlusconi, ha dato il via libera a Gubitosi. Perciò al Partito democratico devono tenere conto anche delle possibili mosse del centrodestra, che potrebbe avere tutto l'interesse a lasciare le cose così come sono. Maria Teresa Meli :

Corriere della Sera 11-giu-2012 pag.10

II totonomine L'Udc tentata dalla conferma di De Laurentiis. Nell'area del centrosinistra c'è chi spera in Eco e Rodotà

Il centrodestra «rivuole» Verro Per la Lega la trentenne Tessarolo

Bonsanti e Onida Dal gruppo riformista Articolo 21 i nomi dei vertici di Libertà e giustizia, Bonsanti e Onida

Com'è inevitabile nei tradizionali riti Rai, rieccoci al totonomine. Stavolta c'è un presidente designato (Anna Maria Tarantola), un consigliere in quota ministero dell'Economia, cioè l'azionista (Marco Pinto), addirittura già un direttore generale indicato sempre da Mario Monti (Luigi Gubitosi). Ma all'orizzonte non c'è ancora un Consiglio perché il Pd continua sulla sua linea («non parteciperemo a questo voto...» eccetera). Eppure, a ben cercare nelle pieghe dei partiti, non è difficile registrare le prime avvisaglie di candidature. Cominciamo dal Pdl, dove c'è già chi pensa che l'attuale partito di maggioranza relativa si troverebbe in perenne minoranza (Pinto non sostituirebbe certo nello schieramento Angelo Maria Petroni, a suo tempo indicato da Giulio Tremonti) se non guadagnasse un posto in più. Ma questa è materia di eventuali, ipotetici patteggiamenti col Pd. E torniamo ai nomi. Una parte non marginale del Pdl vorrebbe la riconferma di Antonio Verro, consigliere uscente, che a gennaio lasciò il suo seggio alla Camera (per un subentro come secondo dei non eletti): gesto di lealtà che chi è vicino a Berlusconi vorrebbe premiare. Nessuna possibilità di conferma per i due ultrasettantenni Alessio Gorla (che votò per la destituzione di Augusto Minzolini) e Guglielmo Rositani, ex An, rimasto senza sponsor politici (se non Renata Polverini, presidente della Regione Lazio, con la quale partecipò all'indimenticata sagra del Peperoncino a Rieti nel luglio 2011). Due i nomi interni Rai che i berlusconiani potrebbero spendere nel caso di una «scelta aziendale». Guido Paglia, oggi a capo della direzione Comunicazione e relazioni esterne: pessimi i suoi rapporti con l'area ex An (Maurizio Gasparri, per esempio, ma anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno) eccellenti, invece, quelli con lo stesso Berlusconi e altre aree del centrodestra. Altra ipotesi di peso, sempre interna, quella di Rubens Esposito, ex capo del Servizio legale Rai, da poco in pensione, altro profondo conoscitore dell'azienda, ora consulente dell'Agcom e di Raiway, sempre considerato (ai tempi) in quota An e poi centrodestra. L'Udc non vorrebbe cambiare cavallo, Rodolfo De Laurentiis, considerato dai suoi equilibrato e in grado di muoversi con padronanza nell'azienda (e poi non ci sono altri candidati all'orizzonte). La Lega, dopo Giovanna Bianchi Clerici, punterebbe su Gloria Tessarolo, poco più che trentenne, dal 2010 nel Consiglio di amministrazione di Rai cinema. E considerata vicina a Luca Zaia, rappresenta la nuova generazione leghista che incarna il dopo Bossi da molti punti di vista. E il centrosinistra? Qui siamo, per ora, nella pura virtualità e nelle congetture, vista la posizione irremovibile di Pier Luigi Bersani. Ma se davvero si dovesse ricorrere alle candidature pubbliche da parte di associazioni e gruppi, per esempio da Articolo 21 (il gruppo di giuristi, giornalisti, economisti che «si batte per la libertà di manifestazione del pensiero») si potrebbe dire che su quel sito si registrano molti consensi per le posizioni di Sandra Bonsanti, giornalista, presidente di Libertà e giustizia, e per quelle di Valerio Onida, presidente onorario della stessa associazione. Apprezzata, sempre nei forum di Articolo 21, anche Lorella Zanardo, documentarista e regista, coautrice de «Il corpo delle donne» nel 2009, membro dell'Advisory Board di Win, organizzazione internazionale di donne professioniste con sede a Oslo. Naturalmente, chiedendo nomi in area Pd, c'è chi continua a citare Umberto Eco o Stefano Rodotà, ma sembra difficile immaginare due personaggi del genere in un Consiglio di amministrazione Rai fatalmente litigioso. Comunque, è stato già Sergio Zavoli, presidente della commissione di Vigilanza, il 6 giugno scorso, ad annunciare che «i curriculum dei cittadini che intendono candidarsi al Consiglio di amministrazione Rai saranno consultabili nel portale Intranet della commissione». La via è insomma spianata per un Pd che volesse affidare alle candidature pubbliche e non di partito la via per uscire da un vicolo che appare sempre più cieco o diretto alla proroga dell'attuale Consiglio di amministrazione e della direzione generale di Lorenza Lei. Paolo Conti

Corriere della Sera 11-giu-2012 pag.10

Viale Mazzini II pd Fioroni: nel cda sì a sette garanti scelti dal premier

«Rai, il governo nomini tutti» Idea di Casini, il Pdl dice no

Cicchitto: basta forzature, decide il Parlamento

4,1 milioni di euro, l'utile Rai nel 2011, registrato dopo cinque anni di rosso

Le posizioni:

Il leader udc: così non indicheremmo nessuno Vendola: nomine bancarie sono degrado culturale

Si passa da un Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera, che dice: «Già l'indicazione del direttore generale della Rai da parte del governo è una forzatura, ma si fatica a comprendere il perché di un'improvvisa sostituzione di Lorenza Lei». A un Giorgio Merlo, senatore Pd, per cui la mossa irrituale del premier Mario Monti, che ha scelto il ticket bancario Tarantola-Gubitosi per Viale Mazzini, non è ancora abbastanza: «Le recenti nomine del governo hanno di fatto commissariato l'azienda. Ora, per liberarla dai partiti, Monti scelga anche gli altri sette componenti del cda». Concetto ribadito da Giuseppe Fioroni su Twitter: «Vada fino in fondo e proponga i sette nomi alla commissione di Vigilanza». E su Facebook si associa Pier Ferdinando Casini: «L'Udc è pronta a rinunciare a esprimere candidature se sarà l'esecutivo a indicare direttamente i consiglieri». Suggerendo cautela al segretario del Pd, Pierluigi Bersani, che intende astenersi dal dare indicazioni in Vigilanza: «Non vorrei che questa decisione unilaterale porti a un cda a senso unico». Nel segno del Pdl. Da lì insorge Maurizio Gasparri, autore della legge che regola il servizio pubblico: «Ma di che si parla? Del governo che indica tutti i consiglieri della Rai, violando leggi e sentenze della Corte costituzionale? Questa è demagogia totale. A Monti consiglierei prudenza, non invadenza». La proposta di Casini spinge Cicchitto a ribadire: «Non si possono mettere sotto i piedi leggi e regole. La Rai non può essere trasferita con un colpo di bacchetta magica nella totale dipendenza di un governo. Deve restare nell'ambito del Parlamento, non si può arrivare al commissaria-mento totale». In attesa dell'incontro chiarificatore Monti-Lei, tutti però dovranno fare i conti con la commissione parlamentare di Vigilanza a cui spetta la nomina di 7 consiglieri su 9 (il cda poi sceglie il dg). L'ufficio di presidenza, con Sergio Zavoli, si riunisce domani. Si parlerà delle procedure elettorali. Ma anche, pare, della prassi inconsueta inaugurata da Monti. Che incontra i favori del pubblico di SkyTg24 intervistato per un sondaggio: il 77% è favorevole ai tecnici pure dentro la Rai. E scontenta invece Codacons e Associazione utenti tv, che contestano «la cacciata» di Lorenza Lei, pronti a impugnare davanti al Tar «le nomine d'autorità e contro la legge». Bordate arrivano anche da Nichi Vendola, leader di Sinistra e libertà: «Questo governo è un problema per il Paese. Che l'unico deposito di competenze a cui attingere si chiami banca è segno di degrado culturale. Non si spiega, a meno che Monti non voglia privatizzare la Rai». Un fine ultimo sospettato anche da Felice Belisario, capogruppo dell'Idv al Senato: «Il governo ha iniziato il saccheggio del servizio pubblico. Dopo essersi accaniti contro lavoratori e pensionati, i finti tecnici al servizio delle lobby puntano a smantellare la tv di Stato per darla poi ai loro amici».

Giovanna Cavalli

La Repubblica 11-giu-2012 pag.12

Rai, svolta Pd-Udc: "Monti scelga anche il Cda"

Ma il Pdl insorge: basta forzature decide il Parlamento, no al commissariamento

PDL Cicchitto definisce le nomine del governo "un commissariamento", mentre per Gasparri è "demagogia"

PD Bersani conferma: il Pd voterà t per i membri del cda Rai. Ma è Fioroni a lanciare l'idea di un consiglio scelto da Monti.

UDC Casini fa sua la proposta di Beppe Fioroni: sia il governo a scegliere tutto il cda di Viale Mazzini

Fioroni chiede al premier di indicare 7 garanti.

Casini: pronto a rinunciare ai nostri candidati

ALBERTO CUSTODERO

<Siamo al commissariamento della Rai» e allora Monti «completi l'opera e indichi anche i nomi dei sette componenti del cda, sette garanti competenti e autonomi, togliendo ai partiti la possibilità di nuove lottizzazioni». È la proposta dell'ex ministro Giuseppe Fioroni e del componente della commissione di Vigilanza Rai Giorgio Merlo, entrambi pd, per superare l'impasse dell'elezione del Cda dopo la nomina, da parte del premier, degli "alieni" Tarantola, Gubitosi e Pinto ai vertici dell'azienda. La proposta di lasciare mano libera a Monti e «anticipare di fatto una riforma dell'ordinamento del sistema radiotelevisivo», consentirebbe al Pd—spiega Fioroni— «di non fare Aventino», ma scatena una serie di reazioni contrastanti. Piace all'Udc ma è bocciata senza appello dal Pdl. Pier Ferdinando Casini la fa addirittura propria: il suo partito, sostiene, è pronto a rinunciare a indicare suoi candidati nel consiglio d'amministrazione della Rai se il premier avocherà a sé la scelta. «Mi auguro—spiega il leader Udc — che i partiti che sostengono l'esecutivo Monti vogliano riflettere su una proposta che è tesa unicamente a mettere al riparo la Rai dalle solite polemiche politiche». Il partito di Berlusconi, invece, fa muro. «Basta forzature», avverte il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto: «Non siamo in una situazione nella quale si possono mettere sotto ai piedi leggi e regole. La Rai non può essere trasferita con un colpo di bacchetta magica nella totale dipendenza di un governo. Deve rimanere nell'ambito del Parlamento». Il Pdl infatti continua a non digerire neanche la rivoluzione ai vertici di viale Mazzini. E fa quadrato attorno al dg in carica, Lorenza Lei, che sarà ricevuta oggi pomeriggio dal premier. «Perché — chiede ancora Cicchitto la sua improvvisa sostituzione?». Maurizio Gasparri, capo dei senatori pdl e "padre" dell'attuale legge di riordino del sistema televisivo, spara a palla incatenate contro la proposta Pd-Udc: «Ma di che si parla? Del governo che indica tutti i consiglieri della Rai, violando leggi e sentenze della Corte? Questa è demagogia totale. Parlano quelli che sono ostili alla privatizzazione della Rai, che la mia legge consente e che in troppi, a sinistra al centro e a destra, non vogliono». In ogni caso finché l'azienda resta pubblica «decide il Parlamento, non il governo. Al governo — sibila Gasparri — consiglierei prudenza, non invadenza come fa Fioroni». Sul fronte dell'opposizione il dipietrista Felice Belisario attacca il governo, perché«con le nomine ha iniziato il saccheggio del servizio pubblico». Mentre Nichi Vendola, leader di Sel, teme che Monti voglia privatizzare la Rai: con «queste nomine scandalose — sostiene—siamo al degrado culturale». Resta comunque, per il rinnovo dei vertici Rai, lo scoglio della Commissione di vigilanza: c'è il rischio concreto che possa non esserci la maggioranza qualificata dei due terzi per il via libera al presidente Rai, quantomeno in prima battuta. Domani è in programma l'ufficio di presidenza: quasi sicuramente servirà a decidere l'avvio del seggio elettorale perla nomina dei 7 (su 9) componenti del nuovo Cda. Ma non è escluso che si discuta anche della procedura fuori dalla prassi seguita dal governo.

La Stampa 11-giu-2012 pag.4

GOVERNO LE QUESTIONI APERTE

E' scontro sul cda Rai

Pd e Pdl sulle barricate

Pressing su Bersani per le nomine: "Sono fermo, noi restiamo fuori"

II Cda Rai

2 Consiglieri dal governo

Il governo nomina due consiglieri del Cda tra cui il presidente che però deve avere l'ok di due terzi della Vigilanza

7 Consiglieri dalla Vigilanza

Alla Commissione di Vigilanza spetta la nomina di sette consiglieri del Cda che restano in carica per tre anni. La carica è prorogabile

Nessun candidato Udc se il governo farà i nomi

Ma il centro-destra è pronto alla battaglia

Sui bastioni dei due maggiori eserciti Bersani e Berlusconi, intenzionati per motivi diversi a non bruciarsi le dita con il dossier Rai, scrutano il campo di battaglia e impartiscono gli ordini di scuderia. Quello di Berlusconi, al di là dei colpi di avvertimento sparati dai suoi contro il futuro management, è «calma e gesso». Il Cavaliere pare infatti disposto a mettere alla prova il nuovo management di tecnici, senza pregiudizi di sorta; e attende al varco l'avversario. Bersani, dopo tutto ciò che è stato imputato al Pd per le authority, non vuole partecipare alla nomina del cda. «Sono fermo li e non mi muovo», va dicendo da giorni. Dopo i fuochi d'artificio contro la forzatura del governo che ha designato presidente e direttore generale senza chiedere il permesso, tutti si chiedono in che modo ora la commissione di Vigilanza riuscirà a nominare i sette consiglieri Rai. Il Pd ha già fatto sapere che voterà il presidente per non paralizzare l'azienda. E basta. Malgrado le voci di pressioni per ammorbidire questa posizione che starebbero giungendo dallo stesso Monti e, c'è chi dice, anche dal Colle. E malgrado nella minoranza di Veltroni, Gentiloni e Fioroni più d'uno non condivida la linea dell'Aventino. «E' da gennaio che abbiamo detto che questa governance è sbagliata, il governo poteva forzare anche sulla riforma e non l'ha fatto e noi non voteremo nessun consigliere», ripetono però gli uomini del segretario. Che non credono all'ipotesi di un Pdl capace di spingersi fino al punto di nominare da solo l'intero Cda. «Se vogliono, si votano i loro nomi e se ne assumeranno tutta la responsabilità». Tradotto, se così fosse il Pd avrebbe un argomento forte da giocarsi in campagna elettorale. E questa linea dura non arretra neanche di fronte all'ipotesi, lanciata ieri mattina da Fioroni e sposata poi da Casini, che sia il governo a indicare sette nomi superpartes per il Cda. «Non li voteremo lo stesso, si griderebbe ugualmente alla spartizione». L' Udc accetta il lodo Fioroni, dicendosi pronto a rinunciare ad esprimere candidature se il governo indicherà direttamente anche i 7 consiglieri. E Casini invita tutti a più miti consigli. «Perché mi sembra necessario che questa decisione unilaterale del Pd non porti alla conseguenza di un Consiglio di Amministrazione a senso unico. Non sarebbe un gran risultato per nessuno». Ma Gasparri liquida come dotale demagogia» l'idea «di un governo che indica tutti i consiglieri, violando leggi e sentenze della Consulta». Insomma, la domanda che qualcuno nel Pd solleva su come farà Bersani a uscire da questo «vicolo cieco che ci obbligherebbe a fare i conti per tre anni con un cda della Rai magari a maggioranza Pdl», fotografa bene lo stallo. Il Pdl appunto non pensa affatto ad accettare anche una rosa di sette consiglieri imposti dal governo. Che, come fa notare Cicchitto, con la forzatura sulle figure apicali, di fatto ha già quasi commissariato l'azienda. «I nomi proposti sono di tutto rispetto, ma non si capisce il perché di una improvvisa sostituzione di Lorenza Lei», obietta il capogruppo Pdl. Contestando soprattutto «l'ipotesi di modificare del tutto ruoli e poteri, con un fortissimo depotenziamento del Cda e del dg. Pensare di snaturare del tutto gli assetti rovesciando pesi e contrappesi potrebbe diventare una forzatura inaccettabile», è l'avvertimento finale. [CAR. BER.]

Il Giornale 11-giu-2012 pag.8

La battaglia sulla Rai infiamma i partiti E la Tarantola rischia

Bersani si fa dettare i nomi da «Repubblica», l'Udc si fida di _Monti. Ma l'oli alla nuova presidente non è più scontato

IN DIFESA Ultimi assalti della Lei oggi il faccia a faccia con Monti per restare

Paolo Bracalini

Dopo il blitz televisivo di Monti, salito a sorpresa sul cavallo di Viale Mazzini con l'indicazione anticipata di presidente e direttore generale ( «Un'iniziativa irrituale, scavalca le regole dell'azienda» sussurra un consigliere Rai), i partiti hanno un motivo in più per non mollare la presa sulle seggiole del Cda. Con l'attuale legge spetta infatti al Parlamento, e dunque ai partiti, nominare sette consiglieri di amministrazione su nove, e se qualcuno nelle segreterie pensava ad un passo indietro, lo sgambetto improvviso di Monti ha riazzerato tutto rimettendo in campo i partiti. Che, in linea teorica, possono far saltare la presidenza decisa da Monti (Anna Maria Tarantola da Bankitalia), nomina che richiede una maggioranza molto ampia, di due terzi, in Vigilanza.I partiti, poi, hanno già i loro candidati perii Cda, da far votare alla Vigilanza riunita nell'ufficio di presidenza da domani. Anche quelli che dicono il contrario, come il Pd (Ber- sani: «Noi non nomineremo i nostri») o Casini («Se Monti indica i nomi per il Cda, l'Udc non esprimerà candidature), oche sembrano disinteressarsi della spartizione Rai, come la nuova Lega di Maroni. I padani hanno deciso il loro uomo per il Cda Rai, anzi la loro donna. Dopo la varesina Giovanna Bianchi Clerici, che lascerà Viale Mazzini per l'authority perla Privacy, in rampa è pronta la veneta Gloria Tessarolo, 32enne ex consigliere del Comune di Oderzo, nel Trevigiano di Luca Zaia (suo sponsor), e soprattutto già nel Cda di Rai Cinema. L'Udc invece è pronto a riconfermare il suo consigliere uscente De Laurentiis. Ma le sorprese arriveranno soprattutto in area Pd, partito che ha diritto a due caselle nel Cda. Si cercano nomi della «società civile», che però è soprattutto la società intellettuale-radical di area Repubblica, o Libertà e Giustizia, l'associazione vicina all'editore di Repubblica Carlo De Benedetti, quella del Palasharp anti Berlusconi con Eco e Saviano. Ebbene, proprio da LeG verranno i probabili candidati Pd perla Rai. In primis la presidente di LeG, Sandra Bonsanti, ex firma della Repubblica di Eugenio Scalfari. Altri nomi che si fannoperla Rai, sempre quota Repubblica, sono quelli di Valerio Onida, consigliere di presidenza di Libertà e giustizia, e Gustavo Zagrebelsky (presidente emerito di LeG). LaRepubblica scala la Rai?Non sarebbe una novità, visto che il presidente Rai ancora in carica, Paolo Garimberti, è proprio un giornalista di Repubblica. Altro capitolo è quello del Pdl, che al momento esce perdente dalla battaglia di Viale Mazzini. Perderà il direttore generale Lorenza Lei, malgrado la sua volontà di resistere (ha un faccia a faccia con Monti oggi) e le parole di appoggio di Alfano. E poi perde il consigliere di nomina del Tesoro, prima il tremondano Petroni, ora il montiano Marco Pinto, «tagliatore di teste» senza targa partitica. Si ritroverebbe quindi con tre consiglieri, tra cui l'attuale Antonio Verro, probabile riconfermato, e poi altri due, uno quota Fi e l'altro An. Per la prima casella il nome è quello di Antonio Pilati, già consigliere Agcom, mentre perla quota An si confrontano due candidature: quella di Guido Paglia, attuale capo delle Relazioni esterne Rai, che gode di ampio appoggio dentro il Pdl, e poi l'ex direttore Affari legali, Rubens Esposito, sponsorizzato invece da Alemanno e Gasparri.

La Provincia Pavese 11-giu-2012

Rai, il Pdl fa quadrato intorno alla Lei

Dopo Bersani anche Casini fa un passo indietro: «Sia il governo a indicare i 7 membri del cda»

Il Pdl prova a sgambettare Luigi Gubitosi, rilanciando la candidatura dell'attuale direttore generale Rai, Lorenza Lei. Mentre Silvio Berlusconi vorrebbe blindare i direttori Rai, soprattutto Maccari del Tgl, fino al voto, il Pdl invita il governo a non forzare su viale Mazzini. Oggi la Lei sarà ricevuta da Mario Monti nella sua veste di ministro dell'Economia, dunque principale azionista Rai. La Lei sarà accompagnata e preceduta dal coro dei dirigenti Pdl. L'indicazione da parte del governo di Luigi Gubitosi come dg Rai «è una forzatura» cosl come «risulta incomprensibile» la sostituzione della Lei, avverte Fabrizio Cicchitto. Il Pdl non contesta ufficialmente i nomi scelti dal premier. Contesta però tutto il resto. A partire dal riequilibrio dei poteri tra dg, presidente e Cda proposto dal premier. «Pensare di rovesciare del tutto gli attuali assetti rovesciando pesi e contrappesi potrebbe diventare una forzatura inaccettabile per cui invitiamo le forze politiche in campo a un'attenta riflessione», chiede Cicchitto. «Abbiamo accettato tutto ma al governo consigliamo prudenza non invadenza», rincara Maurizio Gasparri. Francesco Profumo, a nome del governo, rivendica le scelte fatte da Monti. «Le nomine sono state fatte in base a elementi come esperienza, professionalità, indipendenza e in base all'aver gestito sistemi complessi», ricorda il ministro dell'Istruzione. Per Profumo il governo ha in mente una «nuova idea di servizio pubblico», una tv più educativa, modello maestro Manzi. Da sinistra Idv e Sel lanciano bordate. Per Nichi Vendola «l'ingresso dei banchieri a viale Mazzini è il primo passo verso una privatizzazione della Rai». Per Felice Belisario di Idv, con le nomine Rai «il governo dei finti tecnici ha iniziato il saccheggio del servizio pubblico». Ma è la posizione del Pd che continua a far discutere. Pier Luigi Bersani conferma che il Pd voterà Anna Maria Tarantola alla presidenza ma non entrerà nel cda Rai. Ieri è persino circolata la voce di «primarie» nella società civile per individuare personalità da proporre poi per ill Cda. Prova a sparigliare anche Pier Ferdinando Casini. «L'Udc è pronto a rinunciare ad esprimere candidature se sarà il governo a indicare anche i 7 consiglieri: mi auguro che i partiti che sostengono l'esecutivo riflettano su una proposta che è tesa a mettere al riparo la Rai dalle solite polemiche politiche», dice.


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