UGL News
ESCLUSIVO – Piano segreto di Passera
Vendere la
Rai per diventare premier
Dietro le nomine di Tarantola e Gubitosi l'ombra del ministro dello Sviluppo. Che ha sulla sua scrivania un dossier in tre tappe per il futuro di viale Mazzini: primo, tagli lineari al personale; secondo, smembramento aziendale; terzo, vendita ai due gruppi editoriali senza sbocchi televisivi, Rcs e Carlo De Benedetti. Avrebbe così l'appoggio di Corriere e Repubblica per la scalata a Palazzo Chigi
Andrea
Piersanti

ROMA – Il
vero stratega delle nomine Rai che tanto stanno scaldando la politica sarebbe
Corrado Passera. È il
venticello di rumors e di mezze frasi che soffia in modo sempre più impetuoso
non solo dalle parti di viale Mazzini, ma anche e soprattutto nei Palazzi romani
della politica. Secondo le voci che si rincorrono ormai senza controllo, negli
uffici di Passera ci sarebbe un voluminoso
dossier dedicato alla televisione di Stato. Chi è riuscito
a metterci il naso, ha capito che il piano del ministro dello Sviluppo economico
avrebbe ripercussioni rilevanti sugli equilibri editoriali e politici del Paese.
I veri destinatari sarebbero infatti i due “giornali partito” più importanti
della nazione: Corriere della Sera e
La
Repubblica.
Passera
avrebbe caldeggiato la nomina (o comunque l’indicazione) di Luigi Gubitosi insieme
con Anna Maria Tarantola
con un obiettivo che andrebbe a “piallare” definitivamente le ambizioni del
cosiddetto “Partito della Rai” e
di tutti i sostenitori del servizio pubblico
radiotelevisivo.
FASE 1: TAGLI LINEARI AL PERSONALE
- I due
manager indicati dal Governo infatti dovrebbero andare a viale Mazzini per fare
tre cose precise e poco piacevoli. La prima, la più urgente apparentemente per
sistemare i conti, riguarderebbe i tagli del
personale. Secondo il “Piano Rai” di Passera dovranno
essere fatti tagli “lineari”, cioè basati su fattori anagrafici, per esempio, e
che quindi non tengano conto delle necessità aziendali o delle concrete
competenze o dei ruoli dei singoli. Dai vertici di viale Mazzini ai capannoni di
Saxa Rubra, una simile operazione avrebbe effetti deflagranti sulla
competitività della Rai e sulle perfomance aziendali ma, agli occhi degli
appetiti esterni alla Rai, una simile operazione avrebbe il vantaggio
indiscutibile di liberare in fretta molte posizioni
chiave. Sono parecchi infatti i super manager o i
direttori di testata giornalistica che sono vicinissimi all’età della pensione
o, come nel caso del direttore del Tg1, Alberto
Maccari, che l’hanno già superata. Fra i tanti fattori in
gioco ci sono poi in ballo anche le consulenze editoriali dei pensionati doc
come Giovanni Minoli o i
contratti esterni con personaggi di punta come Bruno
Vespa. Un taglio lineare del personale azzererebbe tutte
le situazioni in modo asettico e aprirebbe le porte ad alcuni discreti insert di
personaggi nuovi e strumentali al progetto finale.
FASE 2: SMEMBRAMENTO AZIENDALE
- Già, il
progetto finale. Si tratta di un dossier che sembra veramente destinato a
segnare per sempre la fine della Rai così come l’abbiamo conosciuta. Secondo il
piano di Passera, il taglio del personale sarebbe infatti solo la prima tappa di
un percorso molto complesso. La seconda fase prevederebbe lo smembramento dei principali asset aziendali:
Rai Way, Rai Cinema, ecc. Anche in questo caso la chiave
di interpretazione è duplice. Apparentemente l’obiettivo dello smembramento
degli asset è quello di fare cassa e di ripianare i conti. In realtà il vero
risultato sarebbe di segno negativo, perché diminuirebbe di
fatto il valore economico generale dell’intera azienda. Un
passaggio che, alla faccia della Corte dei Conti (c’è il rischio di un danno
erariale) e del rispetto dovuto ai cittadini che fino ad oggi hanno sostenuto la
Rai con il canone, sarebbe però necessario per arrivare all’ultimo capitolo del
“Piano Rai” di Passera, e cioè la vendita dei canali.
FASE 3:VENDITA A RCS E DE BENEDETTI
- I due
gruppi editoriali del Corriere e di
Repubblica soffrono da
alcuni anni per l’esiguo spazio editoriale nel settore multimediale. I piccoli
canali che hanno conquistato sulle frequenze del digitale o l’asfittica attività
di web tv messa in piedi sui rispettivi siti internet delle loro testate non
sono neanche lontanamente competitivi. Pubblico scarso e visibilità da
televisione di quartiere. Nei board delle due case editrici però sta crescendo
la consapevolezza delle opportunità che si
stanno aprendo nel mercato della tv italiana. La crisi
conclamata di Mediaset, le crescenti difficoltà di Sky e le perduranti
incertezze editoriali di Telecom potrebbero permettere infatti l’apertura di
nuovi scenari e l’ingresso di player inaspettati. Si tratta di una visione che
sembra molto interessante per i due colossi editoriali che hanno i magazzini pieni di contenuti e le redazioni
affollate di costosissimi giornalisti, in un momento in
cui la vendita della carta e il mercato delle edicole stanno crollando
verticalmente.
Secondo il
dossier, la cui preparazione Passera avrebbe seguito personalmente confidandosi
solo con poche persone, i destinatari della cessione dei canali televisivi della
Rai dovrebbero essere proprio loro, Rcs e Carlo De
Benedetti. L’analisi è coerente con gli obiettivi politici
di Passera di cui ilVostro ha parlato
nell’editoriale del direttore (leggi qui). Mario
Monti, in positivo, e Silvio
Berlusconi, in negativo, insegnano. Per diventare
presidente del Consiglio dei ministri si deve avere la “copertura politica” di
Corriere e Repubblica. Quale modo
migliore di ottenerla se non con un simpatico regalo come la Rai, soprattutto se
fatto sulle spalle dei contribuenti?
Si tratta
di uno scenario decisamente inquietante. La politica politicante che da anni,
nel bene o nel male, ha trovato nella Rai uno spazio importante di visibilità,
sta adesso cominciando a preparare le barricate. Sugli elmetti che già compaiono
sulla testa di deputati o senatori c’è una sola scritta: “Passera non
passerà”.
UGL,
LETTERA A ZAVOLI PER CHIEDERE RISPETTO NOMINE CDA
(AGENPARL)
- Roma, 11 giu -á"L'Ugl Rai ha scritto una lettera al presidente della
Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi
radiotelevisivi, Sergio Zavoli, per chiedere la più rigorosa vigilanza possibile
sui dettami di legge nella designazione dei futuri Consiglieri a tutela delle
lavoratrici e dei lavoratori". Lo rende noto il vice segretario nazionale
dell'Ugl Telecomunicazioni, Fabrizio Tosini.
"Ci
riferiamo - è scritto nella missiva - in particolare al dettato dell'art. 20
comma 4 della Legge 112/2004, che recita testualmente: ------Possono essere
nominati membri del consiglio di amministrazione i soggetti aventi i requisiti
per la nomina a giudice costituzionale ai sensi dell'articolo 135, secondo
comma, della Costituzione o, comunque, persone di riconosciuto prestigio e
competenza professionale e di notoria indipendenza di comportamenti, che si
siano distinte in attività economiche, scientifiche, giuridiche, della cultura
umanistica o della comunicazione sociale, maturandovi significative esperienze
manageriali'".
"Crediamo
sia superfluo ricordare - prosegue la lettera
- come il
reiterato mancato rispetto di questi criteri abbia trasformato quello che
dovrebbe essere il Consiglio di Amministrazione di una delle aziende più
importanti del Paese in un comitato di gestione di un ente di terzo grado,
popolato da pochi veri professionisti, da tanti politici a fine carriera in
cerca di una sinecura e da qualche portaborse con ambizioni da leader". E per
questo "la Rai, i suoi lavoratori e, certamente non da ultimo, i suoi abbonati,
hanno subito e tutt'ora subiscono danni probabilmente inemendabili, cagionati da
scelte editoriali ed industriali frutto d'ignoranza, nella migliore delle
ipotesi, o da scelte terze rispetto all'interesse pubblico, nell'ipotesi
peggiore". "L'Ugl Rai - è scritto in conclusione della lettera - metterà in
campo tutte le iniziative possibili sia sul fronte sindacale che su quello
legale volte ad invalidare eventuali nomine che non dovessero rispettare alla
lettera i requisiti previsti".
com/sdb
111404 GIU
12
Corriere
della Sera 11-giu-2012 pag.11
Ma il leader insiste: non daremo indicazioni per il consiglio della tv di Stato
I dubbi del premier (e dentro il Pd) sulla linea di Bersani
Il rischio paralisi e i timori del Quirinale
La campagna Il segretario democratico ai suoi: se lanciamo la sfida che cosa fa il Pdl? Sceglie tutti da solo? Un argomento in più in campagna elettorale
Sulla Rai Pier Luigi Bersani non arretra. <Noi non indicheremo nessuno, non faremo proprio niente»: continuava a ripetere ancora ieri il segretario del Pd. E anche di fronte alle richieste informali di fare i nomi di due tecnici di area, il Partito democratico ha opposto un rifiuto. Del resto, i ragionamenti che il leader del Pd va facendo in questi giorni con i suoi sono questi: «Finché non c'è la riforma della governance al vertice della Rai potrebbe esserci anche Einstein e non cambierebbe nulla». Eppure le pressioni cui è sottoposto il segretario sono molte. Una parte del Pd ritiene che con la linea della fermezza il segretario si sia cacciato in un vicolo cieco. Lui però non la pensa così: «Se noi lanciamo questa sfida, voglio vedere che fa il Pdl. Si nomina il consiglio d'amministrazio-ne da solo? Bene, ci offre un argomento in più nella campagna elettorale». I sondaggi rivelano che l'atteggiamento del leader del Partito democratico non dispiace all'elettorato di centrosinistra. E questo è un motivo in più per spingere Bersani ad andare avanti. Ma riuscirà a portare avanti la sua battaglia fino in fondo? Raccontano che Giorgio Napolitano non gradisca un comportamento che potrebbe portare alla paralisi della Rai. Il presidente della Repubblica se ne è lamentato con lo stesso Bersani. E anche Mario Monti è perplesso: «Non capisco l'atteggiamento del segretario del Pd». Però, quando il capo del governo, l'altro giorno, aveva preannunciato ai leader della sua maggioranza le nomine che aveva deciso di fare, Bersani lo aveva avvertito: al massimo il suo partito poteva consentire l'elezione della presidente del cda per non bloccare tutto, ma niente di più. Per questa ragione, per smuovere Bersani dalla sua posizione, ieri si è tentata una manovra a tenaglia da parte dell'Udc e di quella fetta del Pd che non approva la scelta del segretario. Al leader è stata offerta una soluzione che gli avrebbe consentito di rientrare in gioco senza avere l'aria di dare il «contrordine compagni». Prima Beppe Fioroni ha proposto che sia il governo a procedere a tutte le nomine del cda Rai: «Giustamente hanno voluto commissaria-re la tv di Stato e allora a questo punto vadano fino in fondo, scelgano anche gli altri sette consiglieri». Poi è stata la volta di Pier Ferdinando Casini che ha avanzato la stessa proposta, dopo aver dato atto che le resistenze di Bersani nascono da «motivazioni alte e nobili». D'altra parte, il leader del Partito democratico ieri ha detto di sentirsi «garantito dal governo», quindi perché non accettare questa soluzione? Quelle parole di Bersani hanno fatto sperare i sostenitori dell'accordo: il governo indica dei nomi che vanno bene sia al Partito democratico che al Pdl e con questo compromesso all'italiana si esce dal guado della Rai. Quanto alla riforma della «governane» se ne discuterà nella prossima legislatura, quando, probabilmente, i numeri saranno più favorevoli al centrosinistra. Ma Matteo Orfini, responsabile del Pd per il settore Rai non sembra aprire uno spiraglio nemmeno di fronte a questa soluzione: «Anche in questo caso non voteremmo lo stesso. Possono metterci pure Bill Gates, ma senza cambiare governance è inutile». Già, però gli azionisti su proposta del ministro dell'Economia dovrebbero modificare i poteri di presidente e direttore generale. Basterebbe? Sarebbe un «segnale», dicono a Largo del Nazareno. Non sufficiente, però, sottolinea Orfini: «I cambiamenti dello statuto non possono comunque confliggere con la legge Gasparri, quindi o si cambia quella o è tutto inutile, com'è inutile avere un consiglio d'amministrazione così congegnato». Orfini, che è in continuo contatto con il segretario, non recede dalla linea dura. Ma, come si diceva, il pressing nei confronti di Bersani è fortissimo. Dentro il partito è in corso una discussione accesa. C'è chi accusa il leader di lasciare tutto in mano al Pdl, c'è chi è d'accordo con le scelte di Monti. Ai veltroniani, per esempio, non dispiacciono le nomine fatte dal presidente del Consiglio. Paolo Gentiloni si dice «soddisfatto perché finalmente c'è una svolta». Veltroni ricorda che fu proprio lui a ipotizzare «una Rai modello Bankitalia». Il suo braccio destro e sinistro Walter Verini avanza una nuova ipotesi per cercare di convincere il segretario ad ammorbidire la linea: «Perché il Pd non lancia una sfida in costruttivo alle altre forze politiche, proponendo di nominare tutti insieme sette personaggi di straordinario livello culturale, slegati dai partiti? Questo per superare l'attuale impasse, poi riformeremo la governance». Ma questa è una partita che il Pd non gioca da solo. Nel Pdl monta la rivolta contro Gianni Letta che, previa consultazione con Silvio Berlusconi, ha dato il via libera a Gubitosi. Perciò al Partito democratico devono tenere conto anche delle possibili mosse del centrodestra, che potrebbe avere tutto l'interesse a lasciare le cose così come sono. Maria Teresa Meli :
Corriere
della Sera 11-giu-2012 pag.10
II totonomine L'Udc tentata dalla conferma di De Laurentiis. Nell'area del centrosinistra c'è chi spera in Eco e Rodotà
Il centrodestra «rivuole» Verro Per la Lega la trentenne Tessarolo
Bonsanti e Onida Dal gruppo riformista Articolo 21 i nomi dei vertici di Libertà e giustizia, Bonsanti e Onida
Com'è inevitabile nei tradizionali riti Rai, rieccoci al totonomine. Stavolta c'è un presidente designato (Anna Maria Tarantola), un consigliere in quota ministero dell'Economia, cioè l'azionista (Marco Pinto), addirittura già un direttore generale indicato sempre da Mario Monti (Luigi Gubitosi). Ma all'orizzonte non c'è ancora un Consiglio perché il Pd continua sulla sua linea («non parteciperemo a questo voto...» eccetera). Eppure, a ben cercare nelle pieghe dei partiti, non è difficile registrare le prime avvisaglie di candidature. Cominciamo dal Pdl, dove c'è già chi pensa che l'attuale partito di maggioranza relativa si troverebbe in perenne minoranza (Pinto non sostituirebbe certo nello schieramento Angelo Maria Petroni, a suo tempo indicato da Giulio Tremonti) se non guadagnasse un posto in più. Ma questa è materia di eventuali, ipotetici patteggiamenti col Pd. E torniamo ai nomi. Una parte non marginale del Pdl vorrebbe la riconferma di Antonio Verro, consigliere uscente, che a gennaio lasciò il suo seggio alla Camera (per un subentro come secondo dei non eletti): gesto di lealtà che chi è vicino a Berlusconi vorrebbe premiare. Nessuna possibilità di conferma per i due ultrasettantenni Alessio Gorla (che votò per la destituzione di Augusto Minzolini) e Guglielmo Rositani, ex An, rimasto senza sponsor politici (se non Renata Polverini, presidente della Regione Lazio, con la quale partecipò all'indimenticata sagra del Peperoncino a Rieti nel luglio 2011). Due i nomi interni Rai che i berlusconiani potrebbero spendere nel caso di una «scelta aziendale». Guido Paglia, oggi a capo della direzione Comunicazione e relazioni esterne: pessimi i suoi rapporti con l'area ex An (Maurizio Gasparri, per esempio, ma anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno) eccellenti, invece, quelli con lo stesso Berlusconi e altre aree del centrodestra. Altra ipotesi di peso, sempre interna, quella di Rubens Esposito, ex capo del Servizio legale Rai, da poco in pensione, altro profondo conoscitore dell'azienda, ora consulente dell'Agcom e di Raiway, sempre considerato (ai tempi) in quota An e poi centrodestra. L'Udc non vorrebbe cambiare cavallo, Rodolfo De Laurentiis, considerato dai suoi equilibrato e in grado di muoversi con padronanza nell'azienda (e poi non ci sono altri candidati all'orizzonte). La Lega, dopo Giovanna Bianchi Clerici, punterebbe su Gloria Tessarolo, poco più che trentenne, dal 2010 nel Consiglio di amministrazione di Rai cinema. E considerata vicina a Luca Zaia, rappresenta la nuova generazione leghista che incarna il dopo Bossi da molti punti di vista. E il centrosinistra? Qui siamo, per ora, nella pura virtualità e nelle congetture, vista la posizione irremovibile di Pier Luigi Bersani. Ma se davvero si dovesse ricorrere alle candidature pubbliche da parte di associazioni e gruppi, per esempio da Articolo 21 (il gruppo di giuristi, giornalisti, economisti che «si batte per la libertà di manifestazione del pensiero») si potrebbe dire che su quel sito si registrano molti consensi per le posizioni di Sandra Bonsanti, giornalista, presidente di Libertà e giustizia, e per quelle di Valerio Onida, presidente onorario della stessa associazione. Apprezzata, sempre nei forum di Articolo 21, anche Lorella Zanardo, documentarista e regista, coautrice de «Il corpo delle donne» nel 2009, membro dell'Advisory Board di Win, organizzazione internazionale di donne professioniste con sede a Oslo. Naturalmente, chiedendo nomi in area Pd, c'è chi continua a citare Umberto Eco o Stefano Rodotà, ma sembra difficile immaginare due personaggi del genere in un Consiglio di amministrazione Rai fatalmente litigioso. Comunque, è stato già Sergio Zavoli, presidente della commissione di Vigilanza, il 6 giugno scorso, ad annunciare che «i curriculum dei cittadini che intendono candidarsi al Consiglio di amministrazione Rai saranno consultabili nel portale Intranet della commissione». La via è insomma spianata per un Pd che volesse affidare alle candidature pubbliche e non di partito la via per uscire da un vicolo che appare sempre più cieco o diretto alla proroga dell'attuale Consiglio di amministrazione e della direzione generale di Lorenza Lei. Paolo Conti
Corriere
della Sera 11-giu-2012 pag.10
Nessun commento:
Posta un commento