Sanità in Piemonte, una conseguenza dell'emergenza Coronavirus. Ma la situazione cambia se ci si rivolge alle strutture private
TORINO
Dopo tredici minuti di attesa, Giulia riesce a mettersi in contatto con il Cup Piemonte: «Dovrei prenotare una visita oculistica e ortottica per mia figlia con l’impegnativa della pediatra». «Ok, verifichiamo la disponibilità in tutta la regione», replica l’operatore. Pausa. «Mi spiace, non c’è posto. Chiami domani». «Sono stata rimbalzata già la scorsa settimana. Cosa cambierebbe domani?». «Potremmo vedere se c’è disponibilità in un giorno successivo». «Dovrei chiamare tutti i giorni allora?». «Ora in Piemonte non c’è possibilità. Può provare con l’intramoenia».
Tramite il Servizio sanitario nazionale per la figlia di Giulia non c’è disponibilità, in nessuna struttura, nemmeno nel 2021. Diverso l’esito digitando il tasto riferito alle prestazioni in libera professione sempre attraverso il Cup (centro unico di prenotazione regionale). «Dovrei prenotare una visita per mia figlia ma non ho trovato disponibilità con il Ssn, c’è possibilità privatamente?». «Vediamo se c’è qualcosa a Torino. All’Oftalmico c’è la disponibilità di un medico tra due settimane». «Quanto costa?». «60 euro + 2 euro di bollo».
Quella di Giulia è solo una delle tante segnalazioni raccolte, in
queste settimane, sui disservizi ai cittadini nella sanità pubblica in
Piemonte, sull’impossibilità di prenotare una visita o sui ritardi al
centralino unificato. Il peso del Covid non è certo facile da smaltire –
300 mila prestazioni ospedaliere ed ambulatoriali sono state congelate
durante il lockdown – e rischia di mandare in tilt il sistema sanitario
regionale. Ma è un problema di sistema che non riguarda solo gli effetti
collaterali del Coronavirus: manca una pianificazione dell’agenda
pubblica delle Asl, senza una calendarizzazione delle disponibilità
anche il call center più efficiente andrebbe in panne, favorendo così la
via privata.
Ieri, il tema dei ritardi del Cup ha interessato la Commissione Sanità
in Regione, dove l’assessore Luigi Icardi ha illustrato una serie di
misure già messe in campo, che vanno dalla diffida al gestore (il
centralino è esternalizzato, ndr) all’incremento di ore aggiuntive del
personale, oltre a un piano di comunicazione al cittadino dedicato ai
servizi digitali e alla ricerca di nuovi canali di prenotazione da parte
degli operatori del territorio, come farmacie e studi medici.
Il capogruppo di Liberi Uguali Verdi Marco Grimaldi, a margine della seduta, ha sottolineato: «La difficoltà dei cittadini per prenotare una prestazione sanitaria nel pubblico è la più urgente da risolvere nell’ambito dei problemi post-Covid. Se le liste di attesa sono esplose anche a causa del lungo fermo dovuto all’emergenza, occorre però risolvere subito la grana dell’organizzazione del sistema. Due i problemi: prendere la linea è complicato e il sistema rischia di far rotolare molte prestazioni sull’intramoenia e sui privati».
Secondo Grimaldi «se speriamo che siano chiamate entro i due minuti
di durata a garantire l’efficienza sbagliamo di grosso, le chiamate
devono durare il necessario a offrire un servizio all’altezza,
garantendo all’operatore il tempo adeguato a sondare tutte le
possibilità».
«Non avrebbe senso neppure – ha precisato Grimaldi – tentare di
abbattere i costi spostando i call center in Albania. I troppi buchi nel
sistema di prenotazione tramutano in una corsa a ostacoli il processo
di cura. Il lavoro del Cup è indispensabile per garantire una buona
sanità pubblica, pertanto occorre investirci più soldi e aumentare i
lavoratori in servizio. Si potrebbe eliminare il lavoro alla domenica,
quando l’uso del call center è pari a zero, e distribuire il personale
sui restanti giorni». Ieri, la Commissione Sanità, presieduta del
leghista Alessandro Stecco, ha annunciato che nel 2021 entreranno nel
sistema Cup anche le aziende sanitarie private.
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