ENNESIMA PROVOCAZIONE: PER LA KYENGE SIAMO MALATI, DA CURARE. MA IO NON CHIEDO SCUSA, IO COMBATTO.
Di Andrea Monti
L’anticamera dell’intolleranza, della xenofobia ed in ultima istanza del razzismo, è spesso la generalizzazione, additare il comportamento sbagliato di un singolo ed elevarlo a tratto distintivo di un gruppo intero, per delegittimarlo ed accusarlo a priori, non tanto come singolo individuo ma appunto come gruppo. Questo concetto dovrebbe essere patrimonio universale di tutti, ma in prima istanza di chi ha sposato l’impegno politico e sicuramente dev’essere obbligatoriamente rispettato da chi svolge il ruolo di Ministro per l’integrazione.
Si è già più volte discusso sulla inadeguatezza dell’On. Cecile Kyenge a ricoprire tale carica, capofila tra i nomi illustri a sostenerlo troviamo il politologo Giovanni Sartori. Collegandosi al sito internet del Ministro, troviamo riportata a questa dichiarazione:
«Non sottovaluto gli episodi di razzismo, ma non ne faccio una questione personale. Mi pare di avere a che fare con i miei pazienti. Gente che sta male, manifesta un disagio ma esistenziale, un’incapacità di convivere con i diversi. Una malattia sociale. E io, come nella mia professione, devo ascoltare il disagio, senza farmi contagiare, senza sentirmi io stessa a disagio, perché dovrei? anzi voglio combattere la battaglia culturale senza paura. Anche nel luogo più difficile, dove quel disagio si manifesta, perfino nella tana del lupo, alla festa della Lega, con coraggio, fiera di essere italiana»
Scopro quindi, secondo il dettame della Kyenge, di essere anche io “malato” in quanto leghista; prendendo come pretesto le parole fuoriluogo di qualche singolo, si addita un intero gruppo, i leghisti in questo caso, come pazienti da curare, malati che vivono un disagio, incapaci di convivere con i diversi. Cercare di appiccicare l’etichetta di malato a chi la pensa in maniera diversa, evocare le cure ai propri oppositori politici, non è poi una grande novità, la storia è piena di episodi simili di discriminazione. Non la pensi come me? Sei pazzo, quindi sei malato. E si rappresenta poi il confronto come un atto di coraggio, sfidando addirittura il “contagio”, come se le feste della Lega Nord fossero popolate da lebbrosi ed appestati. Confronto, tra l’altro, che poi non c’è stato, come a dire che tra gli appestati il Ministro per l’integrazione non c’è voluta andare, forse troppo grande la paura del contagio?
Il Ministro Kyenge continua ad evocare l’uscita di Calderoli, quasi come fosse un paravento, con l’accusa di razzismo sul tavolo ogni cosa può essere concessa; si può intimare alle Suore di togliersi il Burqa (?!?!?), si possono dipingere tutti leghisti come malati, si può perfino incassare le scuse ma continuare a pretenderle. Ecco, le scuse appunto. Ieri il Sindaco di Verona Flavio Tosi si è scusato con Cecile Kyenge, risultato? Il Ministro ha rilanciato, pretendendo di essere chiamata da Roberto Maroni.
«Il messaggio non è arrivato e quindi – ha ricordato – ho lasciato una sedia vuota all’iniziativa della Lega» «È vero : io aspettavo una dichiarazione di Maroni. E non sarà più una dichiarazione che aspetto io ma che il Paese aspetta».
Dopo le scuse di Calderoli, reiterate più volte, dopo ancora le scuse di Flavio Tosi, la Kyenge continua a pretendere le scuse, perché lei dice”ho subito tre mesi di attacchi da parte della Lega”. Ecco il punto allora, il Ministro Kyenge non vuole essere attaccato, tiene in mano l’arma dell’offesa razzista per evitare che un movimento politico la possa criticare. Adesso la misura è colma, il giochino è evidente a tutti, e personalmente credo che la Lega Nord non si debba scusare proprio di nulla, tantomeno i leghisti.
Non siamo soggetti malati, la Lega Nord non è composta da persone da curare, semplicemente perché hanno un’idea di società diversa da quel meticciato globale, portatore di omologazione, che tanto sta a cuore al Ministro Kyenge. Io non partecipo al giochino delle scuse, perché vivo in una terra che ha visto distrutta la propria cultura, le proprie lingue, ha visto sfruttati i propri cittadini, le proprie imprese, trascinati in una crisi che sta depauperando le ricchezze accumulate da generazioni e sta privando del futuro i nostri giovani. Chi ha mai chiesto scusa ai cittadini della Padania per tutti questi soprusi, per tutte le prevaricazioni, per aver tentato di cancellare la loro identità per aver aperto le porte ad un’immigrazione selvaggia e indiscriminata? Io non chiedo scusa, io combatto.
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