domenica 16 settembre 2012

La redenzione nel sangue

L'Antidemocratico
 
C’è, nel nostro bel paese, una gran voglia di menare le mani. Gente allo stremo da tempo, che non ha di che vivere, che si sente soffocare da una mediocrazia (la democrazia patetica dei media e dei mediocri) subdola e sfuggente (bei tempi quando bastava ghigliottinare un re) ma inarrestabile.
E vien da pensare: è un vero peccato che, mezzo secolo fa, la Provvidenza abbia fatto incontrare Democrazia e Pace nel cesso di un casinò di Las Vegas e lì le abbia fatte innamorare: si sarebbero sposate il giorno dopo, e avrebbero presto adottato dei figli da educare come tutti i genitori fanno: con estremo bigottismo e senza aver le idee ben chiare. Per di più, litigando incessantemente.
È un vero peccato perché i figli, oggi cresciuti, non soffrirebbero il peso psicologico di non potersi violentemente liberare dei loro falsi e ipocriti tutori (poco passò prima che Democrazia e Pace crepassero – entrambe per errore: una di aborto, l’altra d’amore) a causa dell’educazione da vili schiavi ricevuta prima dalle madri, poi dagli stessi tutori (osservava infatti Alexis de Tocqueville: “Volete innalzare lo spirito umano in modo che guardi con generosità le cose di questo mondo? Volete ispirare gli uomini al disprezzo delle cose materiali? Desiderate far conoscere o mantenere negli uomini convinzioni profonde e prepararli a grandi slanci? Volete migliorare i costumi, educare i modi, far risplendere le arti? Volete la poesìa, la fama, la gloria? Volete destinare il popolo a compiere grandi imprese e, quale che sia il risultato dei suoi sforzi, a fargli lasciare una traccia profonda nella Storia? Se questo è, secondo voi, l’oggetto principale che devono proporsi gli uomini in società, non scegliete il governo democratico, ché esso non vi farà perseguire lo scopo prefisso”) e infine dal prete (scriveva Bertrand Russell: “Il cristianesimo dà elementi per non temere la morte e l’universo, e facendo ciò trascura d’insegnarci adeguatamente la virtù del coraggio. Cullarsi in una fede comoda per evitare la paura non è il miglior modo di vivere: la religione che fa appello alla paura è degradante per la dignità umana”).
C’è, nel nostro bel paese, gente che ne ha i coglioni pieni, sia di queste istituzioni che di coloro che le tengono in vita (tra cui quelli che vogliono “cambiare le cose” con i metodi che la stessa truffa democratica concede da sessant’anni, e che infatti da sessant’anni permettono tomasidilampedusanamente di non cambiare un bel nulla), gente che si sta procurando un arsenale in vista di tempi più eroici, gente che vuole far da sè, senza lezione.
C’è questa gente, io ne conosco, e la cosa più esilarante, e benaugurante, è che le BR non c’entrano nulla. (Comunque spero che questi ragazzi accettino un consiglio: quello di usare le BR come depistaggio. I media non vedono l’ora di riesumare antiche paure con cui render mansueti i servi. E l’opinione pubblica, il cui etimo è precisamente “tutti quanti non conoscono i fatti”, gode sempre nel dir la sua su questioni del cazzo qualunque, specie se presentate come importanti: se un governante vuole che tutti parlino di quanto poco sia importante la questione dei lavavetri, basta che imponga ai media da lui controllati di parlare dei lavavetri. Tutti ne parleranno, tranne, s’intende, gli stronzi che parleranno davvero dei lavavetri)
C’è davvero questa gente; la trovi non su Internet ma nei bar, perché i loro anatemi è bene che rimangano soltanto verbali: una volta vidi un vecchio, in pugno un whiskey limpido come il suo disinteresse verso il rito del calcio, gridare al “GOLPE!” al gol di Milito. Pensai allora che un golpe sì valesse una ola ben compiuta, non come quando allo stadio mi alzo fuori tempo per mandare in confusione chi mi siede accanto. “È la ola?” “No, mi stavo stiracchiando, signora.”
Cosa vuole, questa gente? Vuole una resa dei conti. Una resa dei conti del popolo italiano con lo Stato, ma soprattutto una resa dei conti del popolo italiano con se stesso. Pensa, questa gente, che in Italia ciò non sia mai accaduto: non durante il Risorgimento, la cui storia di eroi a fumetti è stata dettata da veline dall’accento francese; non durante la Grande Guerra, un grand guignol per aristocratici feticisti; non durante il Ventennio, allorché gli italiani mostrarono di non riuscire ad esser seri neanche quando imbastiscono una dittatura; non durante la Resistenza, che fece piazza pulita del cadavere del Duce e non si occupò mai delle anime del popolo (se non a posteriori, con una penosa retorica volta a mondare, senza pagarli col sangue, i viziucci eterni di tradimento, viltà e opportunismo a breve termine); non durante Tangentopoli, illudendosi che fossero i magistrati a poter fare il lavoro sporco di tutti; non durante il sultanato di Berlusconi, lasciato sfiorire lentamente assieme all’Italia intera senza grandi contrasti sociali (tranne le solite, inutili pantomime di piazza).
Quello che francesi ed inglesi si sono guadagnati sul campo, gli italiani, salvo i soliti sparuti manipoli di martiri, se lo son visto scendere dal cielo, con soavi peana di ringraziamento ad accompagnar baci di tiepide babbucce.
Che Berlusconi si candidi nuovamente appare dunque un fatto foriero di gioia e di speranza; è una manna e un sollievo per tutti coloro che pensano che egli abbia rappresentato, e rappresenti ancora, una possibilità per gli italiani di fare i conti con se stessi, terrorizzati all’idea di ulteriori decenni fottuti di penoso e vomitevole servilismo da minorati del cazzo (in senso kantiano, s’intende), e consci del mero fatto storico che all’Italia manca una vera, sana e compiuta redenzione nel sangue.

http://www.tzetze.it/2012/09/commenti-su-le-fatwe-ignoranti-di-giuliopk.html

Nessun commento:

Posta un commento