mercoledì 25 luglio 2012

L'errore e l'omertà



«Non sapevo niente della flebo sbagliata. Non me l’aveva detto nessuno. In ospedale mi hanno solo detto che il mio bambino era morto per una crisi al respiro. E quando alla televisione ho sentito la notizia del neonato morto dopo l’errore della flebo non ho capito che quel neonato era il mio piccolo Marcus».

Oltre alla difficoltà della lingua straniera c’è la timidezza, così Jacqueline De Vega - la mamma filippina ventottenne del neonato morto al San Giovanni Addolorata dopo che in vena gli hanno iniettato latte al posto della soluzione fisiologica - racconta a fatica il suo dolore. Le sue parole sono pietre. «Non è vero che mi sono opposta all’autopsia. Solo non capivo perché la volevano fare, visto che Marcus era nato prematuro e nessuno mi aveva detto che c’era stato lo sbaglio della flebo».

Nello studio del suo legale, l’avvocato Danilo Granito - per la cui famiglia, tra l’altro, lavora come colf da quattro anni - Jacqueline ricostruisce la sua storia con particolari che hanno dell’incredibile. «Chi ha sbagliato deve pagare» insiste la giovane, che era alla sua prima gravidanza. Lo stesso avvocato precisa: «Quando mi telefonò per chiedermi se sapevo spiegarle perché era necessaria l’autopsia, anch’io rimasi stupito». Il caso non è certo di quelli semplici: il sospetto degli inquirenti è che in ospedale abbiano voluto coprire il terribile errore. Il pm Michele Nardi, l’aggiunto Leonardo Frisani e i carabinieri del Nas, assistono a uno scandaloso scarica barile: tutti contro tutti. Basti pensare che sono oltre 20 gli iscritti nel registro degli indagati per «omicidio colposo».

Oltre al direttore sanitario Corea, a quello dell’azienda sanitaria Passafaro, alla primaria della Neonatologia De Carolis, la sua vice Chiusuri, ci sono 13 infermieri e almeno altri 6 medici. Quasi tutto il reparto, dove tra il 27 giugno (flebo confuse) e il 29 (giorno del decesso) è successo di tutto: ritardi, comunicazioni omesse o imprecise. Idem nei giorni successivi, fino a quando il 2 luglio è stato informato il direttore generale Bracciale, che ha chiesto una relazione scritta e ha disposto di informare i Nas (avvisati il 3 luglio). La procura ha quindi ordinato l’esame autoptico e oggi ne sarà eseguito un altro. Non finisce qui. Oltre all’inchiesta giudiziaria e a quella interna all’ospedale (per la quale il direttore generale potrebbe già spostare di reparto alcuni medici e infermieri) c’è l’indagine avviata dal ministro alla salute Renato Balduzzi.

La fotografia degli ispettori è allarmante. Scrivono di una «redazione lacunosa della cartella clinica con cancellature e modifiche» e di «suggestioni che sembrano indicare la volontà di nascondere quanto avvenuto. Oltre a un clima di conflittualità tra il personale». Il neonato, proveniente dall’Ospedale Grassi di Ostia, dove era nato prematuro di 26 settimane e del peso di 840 gr. è stato ricoverato al San Giovanni il 29 maggio. «Il decorso clinico appariva essere di apparente stabilità, se non di progressivo e lieve miglioramento, tanto che il 15 giugno il piccolo veniva estubato». Il 27 giugno l’errore fatale. Ora, fra l’altro, il ministro Balduzzi ha vietato l’acquisto di cateteri per uso neonatale che non rispettino la norma tecnica europea Uni En 1615 e ha raccomandato l’uso «con estrema cautela» delle scorte rimanenti».

E c’è anche chi, come il capogruppo Pd in Regione Esterino Montino e l’assessore Udc alla Famiglia Aldo Forte, avanza un terribile dubbio: «Il tentativo di nascondere l’errore è stato rafforzato dalla condizione di extracomunitaria della mamma?».

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