mercoledì 28 agosto 2024

Una storia di razzismo e classismo che ha rovinato una famiglia felice.

  



È la triste storia di Papà Seny (Alias Papis), uomo d’origine senegalese, ex ambulante, laureato in Economia e Commercio e Scienze dell'istruzione.


Papis conobbe la sua ex moglie alla fine del 2011. Subito si innamorarono, con tutte le difficoltà che una città come Foggia può dare. La loro relazione continuò nonostante tutti gli ostacoli.


I primi mesi del 2013 lei rimase incinta ma fu subito costretta dai suoi genitori ad interrompere la gravidanza. Papis lo venne a sapere solo dopo tre mesi, in quanto lei, in quel periodo, evitò in ogni modo di essere contattata da lui.


Una sera lui stava giocando a calcetto e lei lo trovò perché conosceva tutte le sue abitudini. Parlarono e poi andarono al solito posto per mangiare con altri amici. Per lui la loro storia era finita, però, in fondo, era ancora innamorato di lei.


Lei provò a spiegare la vicenda e la sua contrarietà alle obbligazioni della famiglia, e spiegò che per paura di non essere capita aveva nascosto tutto. Voleva che ritornassero insieme. 


“Io avrei voluto riprendere i rapporti se mi avesse spiegato con onestà il motivo per cui era sparita."


Solo dopo averle promesso che l’avrebbe perdonata, qualunque fosse stato il motivo, lei confessò l'accaduto. Lui era arrabbiato ma doveva mantenere la sua parola. Se fosse stata una sua scelta, l'avrebbe accettata tranquillamente. 


Finalmente ritornarono insieme e alla fine del 2013 lei rimase nuovamente incinta. Fu cacciata da casa dei suoi e andò dai nonni.


“Il 30 maggio 2014 ci siamo sposati al Comune di Foggia. Nei primi mesi di gravidanza i suoi volevano farla abortire. Sua madre mi accusava di avere macchiato la loro famiglia e non voleva avere un nipote nero.”


Un giorno, uscendo da casa dei suoi, fu  investita da una macchina in Viale Olfanto. I genitori fecero di tutto per opporsi alla denuncia ma, nonostante tutto, la denuncia venne sporta. Nessuno testimoniò l'accaduto, sebbene fosse una strada molto trafficata.


Chiamarono l'ambulanza per portarla in ospedale e, successivamente, fu trasferita nella clinica dove lavorava sua madre. Papis chiese che ritornasse in ospedale perché non si fidava più. 


Lei rimase con una gamba fratturata e una gravidanza a rischio, ragione per la quale il figlio nacque 15 giorni prima del termine, con parto  cesareo, nell'ottobre del 2014. Dopo il matrimonio andarono a vivere insieme.


Nel 2015 trovò un posto fisso a Mantova. Erano felici di lasciare Foggia con tutti gli ostacoli che avevano incontrato. Ora potevano finalmente concentrarsi con più serenità sulla famiglia. 


Lui le chiese di raggiungerlo, ma ci voleva un po’ di tempo dato che il bambino era piccolo. 


“Nel frattempo lei trovò lavoro nella clinica dove lavorava sua madre. I suoi genitori continuarono a scoraggiarla per la distanza. Avevo anche preso una casa in affitto per la famiglia perché ci credevo.


Io scendevo una volta al mese per andare a trovarli e anche lei, quando aveva le ferie, veniva a trovarmi. Nonostante la distanza eravamo innamorati e felici di essere genitori.


Nel 2018 lei rimase incita della nostra seconda figlia. Dopo il parto le chiesi di traferirsi da me ma sua madre si mise in mezzo nuovamente, dicendo che non poteva trasferirsi dopo aver appena partorito. Cinque mesi dopo ritornarono gli stessi problemi.”


Dopo diversi tentativi di riunirsi, Papis chiese di trovare una soluzione perché non poteva più economicamente mantenere due case e i viaggi continui. 


Nel 2020 lei chiese la separazione: “quando mi arrivò la lettera, le chiesi se fosse convinta e mi rispose di sì. Ci separammo, prima in via giudiziale e poi in consensuale. La lasciai libera perché in fondo sapevo che non era una sua scelta. Era solo vittima dei suoi genitori razzisti.”


“La sentenza della separazione arrivò nel dicembre del 2020.


Dopo la separazione mantenemmo una relazione civile ma subito lei si pentì della separazione fino a chiedere la mediazione degli amici in comune.


Voleva ripristinare il matrimonio, così andò al comune per inviarmi i documenti per il ripristino del matrimonio. Rifiutai perché sapevo che la situazione non sarebbe cambiata. Riferii: ‘se tu avessi messo la nostra famiglia in primo piano, tutto questo non sarebbe potuto succedere’.”


Dopo il mio rifiuto decise di punirmi mettendo i bambini contro di me, accusandomi di tutto, calunniandomi in un giorno in cui ero a Castiglione delle Stiviere per lavoro. 


Nell'estate del 2021 sarei dovuto andare a prendere i miei figli per 15 giorni, ma lei, pur di non farmeli vedere, li fece ricoverare in neuropsichiatria infantile.


Io e il mio avvocato chiedemmo la cartella clinica e scoprimmo, in base a questa, che i bambini non avevano nulla. Intervennero i carabinieri, facendo la segnalazione alla Procura della Repubblica di Foggia. Io denunciai anche.


Due giorni dopo portai i bambini ad Olgiate ad un matrimonio e dopo mi recai dai carabinieri. Non volevo mettere lei in difficoltà o in una situazione imbarazzante, perché è e resterà la madre dei miei figli. 


Arrivata con i suoi in caserma, i carabinieri videro che i bimbi stavano bene, le chiesero di lasciare i bambini ma lei si rifiutò. 


Dovetti rivolgermi al tribunale dei minori per poter vedere i miei figli. Dopodiché lei mi denunciò per maltrattamento di minori e violenza domestica. 


Lei mi disse: “Io sono una donna bianca e tu nero: è la mia parola contro le tua, pensaci bene”. Fortunatamente fui assolto da queste accuse false dal tribunale per mancanza di prove, comportamento razzista della giudice Gisella Stallone del tribunale dei minori di Bari e per la poca trasparenza dei servizi sociali di SNIPIA Foggia nel fornire i documenti. 


Ora non riesco più a seguire neanche il percorso scolastico dei miei figli. La preside, amica della nonna, si rifiutò nel 2021 di darmi le credenziali di accesso e il mio avvocato ha dovuto inviare una lettera per farmele avere. 


Adesso si tenta di fare credere ai miei figli che io li abbia abbandonati, dipingendomi come se fossi un padre irresponsabile che mette i figli al mondo e poi fugge dalle sue responsabilità genitoriali. Soffro molto per questa situazione dato che sarei diposto a fare tutto per garantire un futuro ai miei figli.


So quanti bambini soffrono per questi motivi. È una situazione difficile per me, soprattutto quando ti trovi in una società basata sui pregiudizi razzisti e in più veniamo dipinti come quelli che abbandonano i figli. No! Non abbiamo i mezzi, soprattutto economici, per affrontare situazioni del genere. 


Anche chi dovrebbe garantire giustizia,in maniera oggettiva, imparziale e terza, mostra razzismo.


Ancora ci sono cause penali e civili pendenti al Tribunale dei minori di Bari e al Tribunale di Foggia.

Soumalia Diawara 

Facebook 

Nessun commento:

Posta un commento