SIEDITI, CHE TI RACCONTO...
...di un uomo che veniva orrendamente straziato in un giorno come oggi, il 1 giugno 1307
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Come Pietro Valdo oltre un secolo prima, FRA DOLCINO sosteneva la necessitร che la Chiesa si dovesse spogliare delle proprie ricchezze per tornare alla povertร evangelica e nel 1291 era entrato a far parte del movimento degli 'Apostolici' fondato da Gerardo Segalelli, una comunitร cristiana il cui fine era recuperare il senso della condivisione e in cui i beni venivano messi in comune.
Povertร totale, rifiuto delle gerarchie, paritร tra uomini e donne, difesa delle terre lavorate dai contadini: gli Apostolici si diedero poche ma rigide regole che in breve tempo trovarono la simpatia di moltissimi fedeli.
Per loro non esisteva obbedienza cieca alla Chiesa, ma ribellione aperta allo stesso Papa quando si allontanava dai precetti evangelici.
Predicando nei dintorni di Trento, nel 1303 Dolcino aveva conosciuto la giovane Margherita Boninsegna, che i cronisti concordano nel definire bellissima: lei divenne la sua compagna e lo affiancรฒ nella predicazione.
Nel 1304 Dolcino si era trasferito in Valsesia dove a seguito di alterne vicende, si era arroccato con un gruppo di circa 4000 persone sul Monte Rubello nel Biellese, per tentare di resistere all’assedio di Raniero degli Avogadro, vescovo di Vercelli, autore di una vera crociata per disperdere ed annientare gli eretici.
L'ultima resistenza fu vana e terribile l'esito: quasi tutti i prigionieri vennero uccisi, tranne Dolcino, Margherita e il luogotenente Longino da Bergamo.
Margherita e Longino vennero arsi vivi sulle rive del torrente Cervo, vicino a Biella, dove la tradizione identifica ancora una sorta di isolotto detto appunto "di Margherita" e Dolcino fu costretto ad assistere al supplizio della sua amata.
L’esecuzione di Dolcino fu esemplare: condotto su un carro attraverso la cittร di Vercelli come macabro trofeo mentre veniva torturato e mutilato con delle tenaglie arroventate, fu infine issato sul rogo e arso vivo di fronte alla Basilica di Sant'Andrea.
Nel 1907, per il 600° anniversario della morte di Dolcino, un obelisco fu eretto in memoria della sua comunitร . Venne abbattuto durante il regime fascista per essere ricostruito, nel 1974, a cura di Tavo Burat, membro della Chiesa Valdese di Biella, alla presenza di Dario Fo e Franca Rame che ne recuperarono la memoria storica
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https://m.youtube.com/watch?v=CNmFoWliDxA&feature=youtu.be
Alla sua vicenda si riferisce Dante, in una celebre terzina, collocando Dolcino nella nona bolgia, tra i seminatori di discordie: lร infatti egli incontra Maometto che gli affida una sorta di raccomandazione per il ribelle piemontese: " Or di a fra Dolcin dunque che s'armi, / tu che forse vedra' il sole in breve, / s'ello non vuol qui tosto seguitarmi, / sรฌ di vivanda, che stretta di neve / non rechi la vittoria al Noarese, / ch'altrimenti acquistar non saria leve " (If XXVIII 55-60).
Centrale รจ la vicenda di Fra Dolcino nel Nome della Rosa, di Umberto Eco: dolciniani sono, nella finzione di Eco, Remigio da Varagine e Salvatore (quello del penitenziagite) giudicati da Bernardo Gui.
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Dedico questo mio piccolo contributo alla memoria di TAVO BURAT, infaticabile raccoglitore di storie perdute, indimenticabile Amico di famiglia e Fratello in fede.
(Ambra Di Luce)
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