Negli
Stati Uniti oltre 300 persone sono state vittime di un'epidemia di
Salmonella causata da un prodotto alimentare surgelato a base di tonno
crudo,
proveniente dall'India. La vicenda è interessante, perché si tratta di
un
preparato ottenuto recuperando dalla carcassa del tonno pezzetti di
carne
rimasta attaccata alle ossa dopo la sfilettatura, operazione denominata raschiatura mentre il prodotto finito si definisce in inglese tuna scrape. Si tratta di un sistema simile a quello impiegato, sempre in Usa, per
recuperare la carne dalle ossa dei
bovini (in Europa è vietato per la vicenda della mucca pazza, e si può effettuare solo sulle carcasse di
polli, conigli e maiali).
L'epidemia nei primi cinque mesi del 2012 ha colpito 316
persone (di cui 37 ricoverate in ospedale) in 26 stati
americani.
Le autorità hanno indicato come causa il Nakaochi Scrape, una poltiglia
di tonno
prodotta in uno stabilimento indiano di Kochi, nel Kerala, con la
raschiatura della carcassa. Questi lotti di pesce, importati congelati
dalla ditta Moon Marine USA Corporation, sono stati venduti a ristoranti
e
supermercati, che li hanno utilizzati per confezionare sushi.
«Questa poltiglia è l’equivalente della carne separata
meccanicamente - spiega Valentina Tepedino, veterinaria e direttore di
Eurofishmarket, società di consulenza e ricerca nel settore ittico - L'industria utilizza attrezzature
che ripuliscono le lische di ogni pezzetto di carne rimasto. In genere, questo prodotto viene
utilizzato per confezionare hamburger e salumi di pesce oppure, nel caso di
pesci poco pregiati, anche cibo per animali. La cosa importante è che deve
essere consumato cotto». Così era scritto sulle confezioni del Nakaochi Scrape,
ma in molti Stati americani gli acquirenti hanno pensato di proporlo crudo.
Eppure mai come in questi casi l'attenzione dovrebbe essere
altissima. «Nella carne e nel pesce raschiati o macinati la superficie di
esposizione all'ambiente rispetto ai filetti interi aumenta e ciò favorisce il rischio
di contaminazione da microrganismi», continua Tepedino. Il congelamento
uccide molti batteri, ma alcuni possono sopravvivere e moltiplicarsi quando
l'alimento viene scongelato, come nel caso della Salmonella. Le condizioni
igieniche dello stabilimento di produzione dovrebbero essere perfette per
ridurre al minimo la possibilità di contaminazione, ma gli ispettori della Food
and Drug Administration americana, inviati in India per un controllo, hanno
riscontrato condizioni ben lontane
dalla decenza.
Basti dire che la linea di produzione del ghiaccio per la conservazione del
pesce era priva di qualunque sistema di analisi e di controllo ed esposta a vari
contaminanti ambientali, dalla ruggine al passaggio di animali.
Il pesce destinato al sushi dovrebbe
essere di qualità eccellente: «La preparazione del sushi è un'arte che richiede
abilità eccezionali», ha scritto Marion Nestle, esperta americana di
sicurezza alimentare, in un commento sulla vicenda.
«Uno chef impiega anche 10 anni per imparare a riconoscere il pesce più fresco,
delicato e sicuro: per questo il sushi può essere costosissimo. Ma negli Stati
Uniti lo si trova dappertutto: ogni supermercato ha il suo angolo sushi, ed è
chiaro che si tratta di un prodotto economico, confezionato con materie prime dal
costo abbordabile e da cuochi non
sempre preparati in modo adeguato».
Anche in Europa si intravede una simile tendenza. Fino a
pochissimi anni fa, per gustare del sushi bisognava andare in un ristorante
dedicato ed essere disposti a spendere cifre ragguardevoli. Oggi anche in
Italia si trova nei supermercati e
in moltissimi ristoranti a buon prezzo. Corriamo il
rischio di trovare nel piatto qualcosa di poco sicuro? Sul fronte
Nakaochi Scrape possiamo stare tranquilli. Interpellato sull'argomento, il
Ministero della salute ha dichiarato al Ilfattoalimentare.it che sono state
attivate tutte le misure necessarie per bloccare direttamente ai posti di
ispezione frontaliera eventuali partite di pesce provenienti dallo stabilimento indiano coinvolto nella
vicenda. Di più: dal primo gennaio 2012 a oggi non risultano importazioni sul
territorio nazionale di prodotti ittici di quello stabilimento. Anche Valentina
Tepedino rassicura: «Le catene di supermercati italiani eseguono in
genere controlli molto stringenti sui prodotti ittici destinati a essere
consumati crudi».
In ogni caso, almeno per quanto riguarda l'Italia, l'esperta
non si aspetta grosse sorprese sul fronte del pesce separato meccanicamente. «Il rischio potrebbe
essere quello di frodi commerciali». Potrebbe succedere, cioè, di trovarsi di fronte a
un prodotto venduto come filetto tritato e invece ottenuto per separazione
meccanica (e quindi di qualità inferiore): del resto, non c'è l'obbligo di
indicare in etichetta il processo di lavorazione. «Non sappiamo al momento se e
quanto possa essere diffuso questo fenomeno: perciò Eurofishmarket ha intenzione
di approfondire l’argomento con un
progetto di ricerca ».
Nel frattempo, a proposito del sushi il consiglio è
preferire quello freschissimo, appena preparato, se possibile proprio di fronte
a noi. Senza dimenticare che nel caso di questa prelibatezza, come pure di
altre specialità italiane consumate crude o quasi crude come i carpacci o le
alici marinate, il rischio maggiore è quello di contaminazione con le larve del
parassita Anisakis (una sorta di piccolo verme visibile anche a occhio nudo che
può causare disturbi gastrointestinali gravi). «Tutti i prodotti ittici possono
essere infestati da parassiti, e
tra le specie più a rischio troviamo calamaro, nasello, alice, sardina, triglia
e sgombro» spiega il veterinario Vincenzo Olivieri, responsabile del gruppo di
lavoro di acquacoltura e prodotti della pesca della Società italiana di
medicina veterinaria preventiva.
«Oltre che con
il calore, le larve possono essere uccise anche per congelamento. Per questo
motivo la legge pone l'obbligo per i ristoranti di servire crudo solo pesce che
sia stato precedentemente congelato in un abbattitore di temperatura a -20° C
per almeno 24 ore». La legge è chiara, eppure ogni anno si registrano nel nostro
paese alcune decine di casi di infezione da Anisakis.
Valentina Murelli
foto: Photos.com
www.ilfattoalimentare.it
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