giovedì 28 giugno 2012

Finché c'è prosecco c'è speranza

Certe fabbriche hanno qualcosa di orrorifico, si capisce subito, al primo sguardo, che non sono luoghi sani, che vi si producono reddito e malattia con la stessa intensità.

Fulvio Ervas, Finché c'è prosecco c'è speranza, Edizioni Marcos y Marcos

Mi spiace, lo giuro, dover scrivere ancora di Marchionne. Ma con la SATA di Melfi ho il chiodo fisso (e lui se la cerca). 
Quando questa fabbrica è nata, avrebbe dovuto essere un modello di "integrazione", sia con i lavoratori, sia con il territorio su cui è sorta. Di come gli operai vivano questa armonica integrazione in fabbrica, soprattutto se iscritti alla Fiom, lo sappiamo con crudezza da Giovanni Barozzino. Si sa un po' meno invece dell'idillio tra SATA, ovvero Fiat, ed il territorio circostante.

Di fianco alla fabbrica c'è la Fenice, non il teatro ma il mastodontico impianto per la termovalorizzazione dei rifiuti che serve quasi esclusivamente alla fabbrica stessa. Che significa non solo inquinamento dell'aria ma anche arsenico oltre i limiti nell'acqua. Rischio doppio di malattie, soprattutto respiratorie. Ma anche doppio ricatto: tra lavoro senza dignità  o licenziamento, oppure idem e malattia compresa nel prezzo.
La solfa è sempre la solita: se chiude la Fenice, chiude Fiat. Un teatro. Ma finché c'è prosecco c'è speranza.
Libiamo ne' lieti calici.
 

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