Nell’anno 70 dopo Cristo, mentre Gerusalemme ardeva negli ultimi fremiti della rivolta, un nome si levò dalle polveri dell’assedio come quello di un eroe destinato a spegnersi tragicamente: Giuliano, centurione romano, uomo di stirpe italica ma proveniente dalla lontana Bitinia, guerriero dalla corporatura possente e dall’animo temprato dal ferro di molte campagne.
La fortezza Antonia, già conquistata dai Romani, dominava con la sua ombra il complesso sacro del Tempio. Era da lì che Giuliano osservava la lotta ferocissima che infuriava sotto le sue mura. I legionari, schiacciati dall’impeto dei Giudei, tentennavano: la posizione sembrava sul punto di cedere, come una diga che trema sotto l’urto della piena.
Allora Giuliano, vedendo il pericolo incombere, non attese ordini né guardò indietro. Scese dalla fortezza, ruppe i ranghi con impeto irresistibile e si scagliò solo, scudo avanti e gladio saldo nella mano, contro la massa nemica. La sua furia fu tale che molti Giudei caddero subito, altri fuggirono terrorizzati; e tutti, amici e avversari, videro in quel centurione una forza sovrumana.
Dall’alto, il generale Tito stesso seguiva la scena con stupore, mentre i legionari trattenevano il respiro dinanzi a quell’audacia.
Ma in quel momento in cui la vittoria sembrava volgere a favore dei Romani, il destino tese il suo tranello. Giuliano, come tutti i soldati delle legioni, portava ai piedi sandali armati di chiodi; correndo, scivolò sul pavimento liscio e cadde fragorosamente, l’armatura rimbombò come un tuono. Gli avversari che stavano già retrocedendo si voltarono di scatto.
Lo circondarono.
Flavio Giuseppe racconta che Giuliano, seduto a terra, completamente corazzato, con la testa infossata nel metallo che lo proteggeva, continuava a menare colpi con il gladio, colpendo ogni nemico che osava avvicinarsi.
Più volte tentò di rialzarsi, ma il numero degli assalitori glielo impedì. Decine di lance e spade calarono su di lui, ma i punti vitali erano nascosti dall’elmo, dalla corazza, dal collo serrato tra le spalle: ci volle tempo, molto tempo, per abbatterlo.
Intanto dall’Antonia s’alzava il grido disperato dei legionari, impotenti, mentre Tito, pur sopraffatto dall’orrore della scena, non poteva raggiungerlo.
Solo quando ogni sua membra fu amputata, e nessun compagno riuscì a soccorrerlo, Giuliano cadde. Cadde da eroe, dicono le fonti, e tale fu ritenuto nella memoria della presa di Gerusalemme.
I Giudei s’impadronirono del suo corpo, respinsero i Romani fino all’interno della fortezza, e Tito — colmo di ammirazione e rammarico — riconobbe in quella morte la prova suprema del coraggio del suo centurione.
Così terminò la vita di Giuliano, un guerriero che, in un giorno di sangue e fuoco, divenne leggenda.

Nessun commento:
Posta un commento