"Canta adesso, maestro!"
Gli aprirono a forza la bocca, e giù di olio. L'olio di ricino da solo non era abbastanza. Gli squadristi decisero allora di mischiarlo con olio di motore. Scendeva nella gola, e bruciava, bruciava tantissimo.
Lojze pensò probabilmente alla musica per sopportare il bruciore. La musica che insegnava ai bambini della sua città: Gorica, diventata Gorizia dopo il 1918. Ma Lojze Bratuz era nato sloveno, e sloveno sarebbe rimasto. E voleva che le migliaia di sloveni friuliani preservassero l'utilizzo della propria lingua nel Regno d'Italia. Così insegnò i canti religiosi nelle scuole, nei seminari e nelle chiese esclusivamente in sloveno. Mischiava il canto religioso al canto popolare, una scelta non solo "stilistica" ma anche ideologica, dato che Lojze fece di tutto per coinvolgere nei suoi cori i bambini dei ceti popolari.
Poi arrivò il fascismo che decise di cancellare ogni tradizione culturale e linguistica. E così il primo arresto per Lojze - che nel frattempo aveva dovuto cambiare nome in Luigi Bertossi - arrivò nel 1929. Attività anti-italiane, dissero. Ma lui non si arrese e continuò a lottare. Lo fece fino al dicembre 1935.
Era il 27 dicembre, appunto, quando, appena uscito dalla messa, Lojze venne aggredito da un gruppo di fascisti. Prima arrivarono le botte, poi la miscela di olio di ricino e olio di motore. Quanto bruciava, mentre venne trasportato in ospedale. Continuò a bruciare per oltre un mese. Agli inizi di febbraio un gruppo di sostenitori si ritrovò sotto l'ospedale dove era ricoverato. Intonarono una canzone in sloveno e fuggirono subito, beffando i fascisti che non riuscirono ad arrestarli. Ma, nonostante tutto, quel bruciore continuò a consumare Lojze dall'interno. Il 16 febbraio morì dopo quasi due mesi di sofferenza. Noi vogliamo ricordare la sua storia, oggi, con questo breve post. La sua musica, invece, viene ricordata ogni giorno da un centro culturale della città di Gorizia che porta il suo nome.

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