La sconfitta e la morte dell’imperatore Decio ad Abrittus nel 251 d.C. rappresentano uno degli episodi più drammatici della crisi del III secolo romano.
Decio, salito al potere con l’ambizione di restaurare l’antica disciplina e l’autorità imperiale, si trovò ad affrontare una minaccia crescente lungo il Danubio: la guerra contro i Goti, guidati dal re Cniva. Dopo una serie di incursioni devastanti in Mesia e Tracia, l’imperatore decise di affrontarli direttamente, inseguendoli nel territorio paludoso nei pressi di Abrittus, nell’odierna Bulgaria.
In uno dei primi scontri trovò la morte Erennio Etrusco, figlio di Decio e co-imperatore, colpito mentre combatteva in prima linea. Secondo le fonti, Decio accolse la notizia con stoica fermezza, esortando i soldati a continuare la lotta.
La resa dei conti tra Decio e Cniva andò molto male per il primo. L’esercito romano cadde in una trappola tattica, intrappolato tra gli acquitrini e vittima degli attacchi coordinati dei Goti. Durante la battaglia anche l'imperatore cadde, probabilmente travolto nel caos delle paludi. Fu la prima volta che un imperatore romano moriva in battaglia contro un nemico barbaro.
Dopo la disfatta emerse la figura di Treboniano Gallo, comandante romano proclamato imperatore dalle truppe superstiti. Le fonti antiche insinuarono una sua presunta responsabilità, accusandolo di non aver soccorso Decio o addirittura di aver favorito un accordo con i Goti. Sebbene tali accuse restino controverse, la sua rapida ascesa e la pace concessa ai Goti alimentarono sospetti e polemiche.
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