mercoledì 21 maggio 2014

MEN BEHIND THE SUN



Basato su una storia vera, Men Behind the Sun narra le vicende avvenute nel campo di concentramento 731. Questo campo giapponese, che si trovava in un remoto avamposto in Manciuria, era la sede segreta di segretissime sperimentazioni batteriologiche. I prigionieri cinesi venivano utilizzati come cavie da esperimento per assurdi test, mentre la giovane milizia giapponese era costretta ad assistere ad ogni genere di atrocità.
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La frase dal film: "L'amicizia è l'amicizia, la storia è la storia"

Noto come uno dei film più brutali mai girati, Men Behind the Sun è un vero pugno nello stomaco anche per coloro che si sono "fatti le ossa" con parecchie produzioni splatter, tanto più che la pellicola narra di eventi realmente accaduti. Il regista hongkonghese impiegò quattro anni in ricerche sul famigerato campo 731 e quel che vedrete in questo film è il risultato di tali ricerche. Quando il film fu proiettato per la prima volta in Cina, non venne pubblicizzato in maniera particolare ed il pubblico non fu in pratica avvertito di ciò che si sarebbe trovato davanti. Risultato: svenimenti, shock e, a quanto si dice, 16 morti per infarto. In Giappone il film venne bandito ed il regista minacciato di morte; i pochi studenti giapponesi per i quali fu proiettato non volevano credere che dei loro connazionali avessero compiuto tali atrocità ma alcuni veterani confermarono. Rimane il fattto che la presenza del regista è poco gradita in territorio nipponico. Ma perché tanto astio per questo film da parte dei Giapponesi? Semplice: la pellicola descrive in maniera esplicita l'inumana crudeltà che i figli del Sol Levante ebbero nei confronti dei prigionieri cinesi (e non solo) tenuti segregati nel campo di sperimentazione 731 in Manciuria, luogo in cui segretamente si cercavano di sviluppare armi batteriologiche. I prigionieri (definiti "Maruta", ovvero "cavie") non erano considerati uomini ma veri e propri animali da laboratorio, e quindi sottoposti alle più assurde sperimentazioni. Il regista Mou non usa certo immagini ellittiche per rappresentare le torture alle quali venivano sottoposte le vittime: ad una donna vengono congelate le braccia e dopo avergliele immerse in acqua calda le viene strappata la carne dalle braccia che si toglie come un guanto, un uomo viene infilato in una camera iperbarica e sottoposto ad una pressione estrema con il risultato che l'intestino gli esce dall'ano (si dice che fu usato un cadavere per questa scena ma non è vero). Fra le scene più violente ed insostenibili di certo quella ai danni di un gatto che viene buttato in una stanza piena di ratti e da questi mangiato vivo (i topi verranno poi bruciati vivi). L'altra scena incriminata riguarda l'autopsia ad un bambino. Entrambe le scene sono vere, nessun effetto speciale: il gatto era vero ed il cadavere del bambino era quello di un ragazzino morto poco prima*. E' forse a questo punto che il regista sorpassa il diritto di cronaca lecitissimo e si va ad inoltrare nello shock exploitation, non per nulla la copertina del dvd "esclama" In the tradition of Faces of Death facendo riferimento alla saga shokumentaristica di Faces of Death (1978), e questo è un peccato. Mou voleva far conoscere al mondo le atrocità avvenute nel campo 731, andando ad arricchire la non invidiabile sequela di aberrazioni che alla fine della Seconda Guerra Mondiale sembrava essere detenuta solo dai Nazisti: questo è pregevole e ringrazio "personalmente" il regista per avermi messo al corrente di un dramma vero e impietoso (nessuno dei prigionieri è scampato al 731) poiché la storia dimentica presto coloro che non hanno una voce che possa tramandare la loro sorte. Eppure dal punto di vista cinematografico mi donando se fosse proprio necessario mostrare tanto, se Spielberg non avesse raggiunto lo stesso scopo con Schindler's List (1993) evitando l'exploitation, se uccidere un gatto per un "buon fine" non sia pardossalmente comparabile a quello che i giapponesi hanno fatto supponendo di attuare un buon fine (uccidere persone per la salvezza dell'impero nipponico). Una certa poetica del film che si declina nel rapporto di amicizia fra i commilitoni, nell'amore delle figure femminili, nella totale alienazione dell'uomo che brucia i cadaveri, per la bandiera giapponese sporca di sangue nell'ultima scena, rendono Men Behind the Sun una pellicola da non buttare certo nel cestino, tanto più che il livello recitativo degli attori è generalmente buono, sicuramente migliore di una regia non particolarmente creativa. Resta il fatto poi che nel bene e nel male il film è per noi Occidentali uno dei pochi documenti reperibili che narra il dramma del campo 731, se mai avessimo voglia di sapere cosa accadde così lontano da casa nostra; come dice anche il regista, in effetti alla gente interessa solo quello che è accaduto alla propria gente. Da vedere, se avete lo stomaco abbastanza forte; se volete implementare le vostre conoscenze sui drammi sofferti dal popolo cinese vi consiglio di guardare anche Black Sun - The Nanking Massacre(Man behind the Sun 4), non meno violento ma molto meglio girato.

* l regista chiese alla polizia se avessero un cadavere di bambino morto. Per settimane non si ebbe nulla poi la polizia chiamò il regista ed in fretta e furia la crew andò a filmare l'autopsia. Solo il cuore che batte fu un effetto speciale.

I film della serie "Men Behind the Sun" sono: Men Behind the Sun (1987); Man Behind the Sun 2: Laboratory of the Devil (1992), Men Behind the Sun 3 (Hei tai yang 731 si wang lie che, 1994; è essenzialmente solo una film di guerra e quindi non verrà recensito); Black Sun: The Nanking Massacre (1995) noto anche come Men Behind the Sun 4.

http://www.exxagon.it/menbehindthesun.html

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