lunedì 15 gennaio 2024

LARI. PENATI.

 




Gli Dei famigliari o domestici erano chiamati Lari e Penati. I Lari erano propriamente i genii tutelari di ciascheduna casa, come a dire i custodi delle famiglie ; ed i Penati passavano per essere protettori delle città e degl’imperi, e venivano scelti fra gli Dei primari dell’Olimpo o fra gli eroi deificati ; ma spesso andavano ancora confusi coi primi, quali Dei del domestico focolare, ossia del luogo ove la famiglia manteneva il fuoco sacro.

 V’erano inclusive i Lari preposti alle strade, ai trivj, alle vie, ai campi, ai navigli ; e sui luoghi stessi ricevevano pubblico culto.

Le statuette dei Lari, spesso in forma di cane, per allusione alla fedeltà di questo animale, e quelle dei Penati per lo più effigiati in due giovani assisi con una lancia per uno ed un grosso cane accovacciato a’piedi, risiedevano per entro i recessi più segreti della casa in una cappella detta Lararium ; e colà avevano tabernacoli ed are con lampade accese ed offerte d’incenso, di vino e talora di vittime. Ad essi erano consacrati i cani perchè animali domestici e fedeli ; e i medesimi Lari avevano spesso per manto una pelle di cane. Ciascuna famiglia romana aveva i suoi propri Penati, e li portava seco ad ogni variar di casa ; ma i Lari non abbandonavano mai l’abitazione dove erano stati collocati una volta.

Le feste celebrate in onore di questi idoli erano dette compitali dal latino compita che suona crocicchio o trivio. I divoti appendevano pubblicamente certi fantocci di lana a guisa di vittime espiatorie, e scongiuravano gli dei Lari affinchè sfogassero tutto il loro sdegno su quei fantocci, ed a loro facessero sopportare tutte le pene che potevano essere meritate dagli uomini. Quindi le statue degli dei Lari si vedevano per tutto, e gli schiavi divenuti liberi appendevano ad essi in ringraziamento le loro catene. Quanta carità civile in queste idee ! E come la moltiplicità di siffatti idoli rappresentava bene l’importanza della cura domestica e della pubblica polizia ! Ettore apparso ad Enea nella tremenda notte dell’ eccidio di Troia,


… Oh fuggi, Enea, fuggi,… disse :

Togliti a queste fiamme ; ecco che dentro

Sono i nostri nemici ; ecco già ch’ Ilio

Arde tutto, e ruina. Infino ad ora,

E per Priamo e per Troja assai s’è fatto.

Se difendere omai più si potesse,

Fôra per questa man difesa ancora.

Ma dovendo cader, le sue reliquie

Sacre, e gli santi suoi numi Penati

A te solo accomanda, e tu li prendi

Per compagni a’ tuoi fati : e com’ è d’uopo

Cerca loro altre terre, ergi altre mura ;

Chè dopo lungo e travaglioso esiglio

Le ergerai più di Troja altere e grandi.

Detto ciò, dalle chiuse arche reposte,

Trasse, e gli consegnò le sacre bende,

E l’effigie di Vesta, e ’l fuoco eterno.

Ed Anchise, conosciuta anche per celesti annunzi ormai inevitabile la ruina di Troia, esclama :


…….O della patria

Sacri numi Penati, a voi mi rendo.

Voi questa casa, voi questo nipote65

Mi conservate : questo augurio è vostro ;

E nel poter di voi Troja rimansi.

(Eneide, lib. II. Trad. del Caro.)

Indi Enea lasciava la città incenerita, seguito da Creusa e da Julo, e recandosi in ispalla il vecchio Anchise il quale sosteneva con le sue mani il sacro incarco de’santi arredi e de’patrii Penati, perchè al guerriero, lordo di sangue e uscito allora da tanta uccisione, non era permesso toccarli prima che si fosse lavato alla pura onda di un fiume.

Mitologia greca 

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