mercoledì 16 agosto 2023

“NON VERGOGNARTI MAI DI SCRIVERE UNA MELODIA CHE PUOI FISCHIETTARE”

 

IN GLORIA DI BURT BACHARACH - “NON VERGOGNARTI MAI DI SCRIVERE UNA MELODIA CHE PUOI FISCHIETTARE” – L’AUTORE DELLE MINI-SINFONIE PIU’ CELEBRI DELLA MUSICA POP (“SAY A LITTLE PRAYER”, “ALFIE”) SI CELEBRA CON UNA CRUDA AUTOBIOGRAFIA

Ragazzino timido e impacciato, senza vocazione per la musica ma solo una madre ebrea che lo faceva sentire in colpa quando mollava le lezioni di piano, divenne una leggenda della musica, che faceva impazzire le donne più belle del mondo. Il dolore e la sconfitta del suicidio della figlia Nikki…

VIDEO - DO YOU KNOW THE WAY TO SAN JOSÈ? CANTATA DA DIONNE WORWICK DI BURT BACHARACH

https://youtu.be/jqWt49o7R-k

VIDEO - “THE LOOK OF LOVE” CANTATA DA DUSTY SPRINGFIELD NEL FILM “CASINO ROYALE” DEL 1967

https://youtu.be/IW_kMtut25M

I SEGRETI DI BURT

Nicoletta Tiliacos per "il Foglio"

 

dinah shore burt bacharach dinah shore burt bacharach

Prima che ci tornassero su nel 2006 Daniel Craig e il regista Martin Campbell, “Casino Royale” fu, nel 1967, il primo film con James Bond protagonista. Ebbe ben quattro registi – John Huston, Val Guest, Ken Hughes, Joseph McGrath e Robert Parrish – e fu scelta la chiave comica, con tutti i personaggi che a turno diventavano 007, da Peter Sellers a Ursula Andress, a David Niven, in una girandola di colpi di scena esilaranti e volutamente grotteschi.

 

La canzone del film, “The Look of Love” (interpretata da Dusty Springfield e poi da molti altri) è una delle più belle che siano mai state scritte. Come molte delle composizioni nate dalla musica di Burt Bacharach e dalle parole di Hal David, vive di vita propria: armonica con quello che accade sullo schermo o che è raccontato dal testo, ma sempre, miracolosamente in sincrono con l’umore – malinconico o sereno, inquieto o disteso – di chi la ascolta.

 

burt bacharach 1972 burt bacharach 1972

Sarà questo il segreto di Burt Bacharach? Da sei decenni ascoltiamo le sue musiche, anche quando non sappiamo che sono sue: in Italia, a cavallo tra i Sessanta e i Settanta, una delle trasmissioni radiofoniche più seguite della mattina, all’ora in cui ci si preparava per andare a scuola o al lavoro, aveva come sigla una canzone del duo David-Bacharach, “Do You Know the Way to San José?”.

 

Una melodia brillante, ritmata, perfetta per dare la sveglia a chi s’era appena alzato e per dirgli, coraggio, vedrai che ti aspetta una buona giornata (e comunque a chi la ascoltava faceva quell’effetto). Eppure, racconta il musicista, “non è affatto una canzone allegra”, perché parla “di una persona che sta tornando a San José dopo aver mandato all’aria le sue chance di diventare famosa”.

 

E visto che siamo in epoca di Mondiali di calcio, era un’altra canzone del duo David-Bacharach, “I Say a Little Prayer”, cantata da Aretha Franklin, a fare da sigla italiana a quelli del 1970 in Messico, dove la preghiera evocata a proposito di un amore sperato e forse disperato diventò naturalmente la preghiera del tifoso italiano, non meno accorata di quella delle intenzioni originali. Assonanze, dissonanze, fraseggi asimmetrici.

 

burt bacharach angie dickinson burt bacharach angie dickinson

E’ fatto di tutto questo il segreto di Burt Bacharach, l’uomo che, a sentirlo raccontare di sé, sembra non avere segreti? Arrivato a ottantasei anni (è nato a Kansas City nel maggio del 1928, ma è cresciuto a New York, nel Queens), il compositore firma un’autobiografia con Robert Greenfield, appena pubblicata in italiano da Mondadori.

 

Si intitola “Chiunque abbia un cuore”, traduzione letterale di “Anyone Who Had a Heart”, che è anche il titolo di una delle prime canzoni scritte da Bacharach per Dionne Warwick (la ragazza nera dalle gambe lunghe, le scarpe di tela e i codini che divenne l’interprete sofisticata di decine di successi della ditta David-Bacharach. Lui racconta che la sua voce lo colpì perché delicata e misteriosa come una nave in bottiglia.

 

Lei si chiamava Warrick, ma sbagliarono il nome sulla copertina del primo disco, e rimase per sempre Warwick). “Non vergognarti mai di scrivere una melodia che puoi fischiettare”. Quando il musicista francese Darius Milhaud gli diede, durante un corso estivo di composizione, questa lezione mai più dimenticata, Burt Bacharach (detto Happy in famiglia per non confonderlo con il padre, che si chiamava Bert), era un adolescente complessato, appassionato di jazz e di musica dodecafonica, indeciso tra voler emulare Schoenberg, Berg e Webern o suonare un giorno con Dizzy Gillespie.

burt bacharach hal david con i grammy burt bacharach hal david con i grammy

 

Il consiglio del maestro fu preso alla lettera dal futuro autore di “Alfie” e di “Promises, Promises”, di “The Look of Love” e di “I Say a Little Prayer”, di “What the World Needs Now” e di “Walk on By”, di “Close to You” e di “I’ll Never Fall in Love Again”. Ovvero, di alcune delle canzoni più amate, eseguite, canticchiate e – di sicuro – fischiettate al mondo.

 

Eppure all’inizio la musica è stata per Bacharach più costrizione che passione, un po’ come quei grandi amori che nascono dall’antipatia o quei matrimoni combinati che durano, a differenza di certi legami travolgenti che collassano alla prima difficoltà. Burt era l’unico figlio di una coppia di ebrei piccolo borghesi, che non di Nicoletta Tiliacos frequentavano la sinagoga e non raccontavano mai a nessuno di essere ebrei (da piccolo, anche lui era convinto di doverlo nascondere.

burt bacharach burt bacharach

 

Giocava a football con la squadra dell’oratorio della chiesa cattolica di quartiere contro la squadra di ragazzini ebrei, e pure lui gridava: “Sì, facciamoli neri, quegli ebrei!”). Il padre era stato rappresentante di articoli d’abbigliamento maschile e poi era diventato autore di manuali sull’uomo elegante, oltre che cronista di giornali locali. Recensiva anche ristoranti, portandosi dietro moglie e l’unico figlio. Happy era imbarazzato all’idea che, non contenta di mangiare senza pagare, la madre si permettesse pure di chiedere al cameriere se la spremuta d’arancia era davvero fresca.

 

Fu proprio per decisione della madre, Irma Freeman, pittrice e cantante mancata, che all’età di otto anni Burt cominciò a prendere lezioni di pianoforte, mentre lui voleva solo “andare in strada a giocare a palla come tutti quelli che conoscevo”: “Vivevo a Forest Hills, ero ebreo ma non volevo che nessuno lo sapesse. Ero troppo basso perché una ragazza notasse anche solo che ero vivo. Leggevo ‘Fiesta’ e mi portavo dietro un nome come Happy. E, mentre avrei potuto trovare me stesso imparando davvero a suonare il pianoforte, non c’era niente al mondo che odiassi più di quello strumento”.

 

burt bacharach burt bacharach

Niente vocazione, niente sacro fuoco, nessuna predestinazione delle muse. Solo una madre ebrea abbastanza pressante da farlo sentire un verme quando gli si prospettò la possibilità di piantarla lì, con quelle lezioni di pianoforte dalla signora Raymond, che palesemente gli infelicitavano la vita e che, nel suo caso, sembravano fatica sprecata e soldi buttati: “Pensai: ‘Caspita, è magnifico! Sono libero finalmente’.

 

Ma più tardi, quella notte, il tipico senso di colpa ebraico cominciò a insinuarsi dentro di me: ‘Oddio, non posso fare questo a mia madre’. Così continuai a prendere lezioni da Rose Raymond e forse a fare pratica con un po’ più di impegno. Ma continuavo a non avere un reale rapporto con la musica che suonavo”. Però già gli piaceva Debussy e la Suite n. 2 per orchestra del balletto “Dafni e Cloe” di Ravel era uno dei suoi brani preferiti, tanto da leggerne la partitura – tenuta sulle ginocchia sotto il banco, come altri avrebbero letto di nascosto un fumetto – durante certe noiose lezioni di spagnolo al college.

 

Bacharach racconta anche che a quindici anni aveva rimediato una carta d’identità falsa per intrufolarsi nei piccoli jazz club della Cinquantaduesima a Manhattan. Decise, dopo averlo ascoltato dal vivo, che Dizzy Gillespie sarebbe stato per sempre il suo eroe. Ciascuno può giudicare se sia o meno promettente, l’inizio del romanzo di formazione di Burt Bacharach, che lui illustra con ironia e ammirevole sprezzatura, pronto a raccontare gli insuccessi, i rovesci, le umiliazioni, e anche a dare la parola, nel corso del racconto, a chi avrebbe qualche buon motivo per avercela con lui (le tre ex mogli, soprattutto).

 

burt bacharach burt bacharach

Certi schizzinosi che lo reclutano nel plotone dei compositori da musica da ascensore, si stupirebbero poi nel sapere che nella formazione di Bacharach non ci fu nessun posto per l’easy listening. A partire dalle lezioni di Milhaud, “uomo meraviglioso e ottimo insegnante” nei ricordi del suo discepolo.

 

Fuggito dalla Francia nel 1940 perché ebreo, amico di Erik Satie e componente del Gruppo dei Sei (tra gli altri c’erano Arthur Honegger e Francis Poulenc), Milhaud ebbe tra i suoi allievi, oltre a Bacharach, anche Karlheinz Stockhausen e Dave Brubeck, Philip Glass e Iannis Xenakis: insomma, tra Stockhausen e l’autore di “Raindrops Keep Fallin’ on My Head” e (udite udite) di “Magic Moments”, scritta nel 1957 con il solito Hal David e portata al successo da Perry Como, c’è un solo, piccolo grado di separazione.

 

Le vie della musica, per non parlare di quelle della vita e dell’amore, sono imprevedibili. Ma quando il giovanissimo Burt era ancora per tutti Happy, si dimostravano tutte compattamente impervie e ostili, capaci di promettere piacere ma anche di infliggere infelicità e senso di inadeguatezza: al college Bacharach invidiava “quelli che studiavano Legge o Medicina perché, diversamente da me, avevano tutti l’aria di sapere che cosa facevano e avevano uno scopo reale nella vita”.

burt bacharach oggi 1 burt bacharach oggi 1

 

L’unico vero vantaggio di tutte quelle lezioni di pianoforte era la possibilità di cominciare a suonare alle feste e di incontrare così ragazze “che altrimenti non mi avrebbero mai rivolto la parola”. Il ragazzino timido e basso come nessun altro nella sua scuola, con l’apparecchio fisso ai denti e con la paura perenne di prendere freddo, tanto che portava sempre con sé una bottiglia di colluttorio Listerine con cui fare gargarismi d’emergenza, era ancora abbastanza strano e disadattato per poter sperare almeno in un flirt.

 

Altro che Happy. Ma anche in tema di amore, il buongiorno non si vide affatto dal mattino, nella vita di Burt Bacharach. Nella leggenda glamour che lo riguarda, le donne – tutte bellissime, tutte famose, tutte da copertina – sono un ingrediente fondamentale. Perché il ragazzino imbranato, una volta cresciuto, avrebbe sicuramente continuato ad andare in giro col flacone di Listerine, a diffidare dell’aria condizionata e “a lavarsi le mani prima di lavarsi le mani”, come racconta di lui il tecnico del suono e grande amico Phil Ramone. Ma sarebbe diventato un uomo molto amato dalle donne.

 

burt bacharach e dionne warwick burt bacharach e dionne warwick

Una qualità particolare che la sua amica Dionne Warwick (con la quale si favoleggiò naturalmente di un flirt, senza però conferma ufficiale degli interessati) una volta attribuì a quell’aria da ragazzino, sempre un po’ spettinato e assonnato, capace di “renderlo caro al sesso opposto” nonostante il passare degli anni. Marlene Dietrich, per la quale Bacharach lavorò per tre anni come accompagnatore nei concerti tra America ed Europa, all’epoca in cui cercava di far pubblicare senza successo le proprie canzoni, scrisse nella sua autobiografia che “come uomo, incarnava qualsiasi cosa una donna potesse desiderare. Era premuroso e sensibile, galante e coraggioso, forte e sincero”.

 

Fu lei a credere per prima in Bacharach come artista. E a prendersi cura di lui – ma senza mai passare alle vie di fatto, eroticamente parlando – fino al punto, racconta il compositore, di farsi trovare a lavargli maglietta e calze usati per il tennis, una volta che erano insieme a Las Vegas per una serie di concerti. Una delle sue ex fidanzate certificate, l’attrice Lee Grant, dice a un certo punto di “Chiunque abbia un cuore” che “lui era stupendo. Stupendo ed elettrico e ossessionato, e non c’è nulla di tanto attraente come una persona che grazie al cielo non è ossessionata da te, ma dal proprio lavoro, dal proprio talento”.

burt bacharach dionne warwick burt bacharach dionne warwick

 

Tutte le donne della sua vita, con accenti diversi, finiscono per raccontare la stessa cosa. Da Angie Dickinson, l’attrice famosissima dalle gambe leggendarie, sposata con Bacharach dal 1965 al 1981, alla modella e attrice Slim Brandy, un’altra super bella con la quale il musicista si mise a intermittenza nell’arco di anni, tra un divorzio di lui e uno di lei. Fino alla terza moglie e anche collaboratrice, Carole Bayer Sager, che lavorò con Bacharach come paroliera dopo la rottura (poi sanata) con Hal David, il figlio di droghiere austriaco che aveva scritto canzoni per Frank Sinatra prima di incontrare Burt nel 1956 (Nal David è morto nel 2012, novantunenne.

 

Con Bacharach ha vinto due Oscar nel 1970 e ha ricevuto proprio nel 2012 il premio Gershwin per la musica popolare, assegnato dalla Biblioteca del Congresso americano). Per tutte – amiche, mogli, amanti – Bacharach era ed è un uomo incantevole, appassionato, geniale, seducente, che ti corteggia come nessuno. Angie Dickinson, che ebbe flirt con John Kennedy e con Sinatra, dice di essersi sentita grazie a Burt Bacharach al centro del “corteggiamento più romantico di sempre”.

 

burt bacharach angie dickinson burt bacharach angie dickinson

Ma alla fine vinceva sempre e solo la sua musica, pensiero fisso della notte e del giorno. Lui sostanzialmente ammette: “Se due persone fanno l’amore, non ci si dovrebbe alzare dal letto per scrivere ciò che ci risuona nella testa e dire: ‘Il sol passa a bemolle, non a la minore. Funziona, baby’”. Al giornalista del Telegraph Mark Davis, che lo ha intervistato nel 2013, all’uscita dell’autobiografia in Gran Bretagna, Bacharach confessa che nemmeno le canzoni più sensuali e avvolgenti, come per esempio “Walk On By” sono state scritte per una donna in particolare: “Lui ride: ‘Non riesco a ricordare di chi ero innamorato al momento. Ero innamorato della mia musica’”.

 

Irma Freeman, la mamma ebrea, aveva messo in guardia la cantante Paula Stewart, diventata nel 1953, per un paio d’anni, la prima moglie di Burt: “Sai cara, lui non è veramente un soggetto da matrimonio”. Ma seguendo le tappe della sua vita, si capisce che per Bacharach tutto, nella musica come nel rapporto d’amore, è solo un problema di proporzione tra regole e libertà, di equilibrio tra il troppo lontano e il troppo vicino.

 

bacharach e hal david bacharach e hal david

Fino a che punto conviene puntare alla sincronia perfetta, e da che punto in poi il massimo arriva dalla dissonanza, dall’imperfezione apparente che ti fa dire finalmente: “Funziona baby”? Lui racconta che, quando in sala di registrazione faceva suonare due pianoforti (ma arrivò a cinque per “What’s New Pussycat?”) l’effetto che lui cercava era dato dalla leggera asincronia, non dalla sovrapposizione millimetrica del suono. Era già molto famoso – la sua musica scritta con David era diventata la colonna sonora di un’America da romanzi di Updike e lui non era più l’ultima ruota del carro nel Brill Building di New York, il palazzo dove nascevano i grandi successi degli anni Sessanta – quando gli arrivò una proposta allettante dall’altra parte dell’Atlantico.

 

Bisognava scrivere una canzone per un film girato in Inghilterra da Michael Caine, “Alfie”. David scrisse un testo che Bacharach definisce magnifico, “un grande, grande testo”, e lui lavorò alla musica in modo ossessivo, come suo solito: “Una canzone pop è un componimento breve, perciò tutto conta. Puoi cavartela con un assassinio in un dramma di tre quarti d’ora, ma non in una canzone di tre minuti e mezzo”.

 

L’interprete doveva essere Cilla Black, la ragazza di Liverpool amica dei Beatles, figlia di uno scaricatore di porto e già una star. A lei la canzone non era piaciuta e faceva un sacco di storie: voleva l’arrangiamento di Bacharach, voleva che fosse lui a dirigere la registrazione negli Abbey Road Studios (dove imperavano George Martin e i Fab Four) e voleva ancora lui a suonare il piano.

 

Bacharach disse di sì a tutto, e la session di incisione di “Alfie” (tutta dal vivo, con orchestra e coriste) è uno spettacolo in sé, visibile su YouTube. “Facemmo ventotto o ventinove incisioni e al termine di ognuna continuavo a dire: ‘Possiamo fare meglio? Ne facciamo ancora una?’. Per come Cilla lo ricorda, George Martin a un certo punto mi chiese: ‘Burt, che cosa stai cercando?’. Risposi: ‘Quel briciolo di magia’, e lui disse: ‘Credo ci sia stato nella quarta incisione’”.

 

Mike Myers, attore e produttore famoso di “Austin Powers” e grandissimo ammiratore di Bacharach, al quale ha dedicato nei suoi film più di un omaggio, cita le parole di Cilla Black: “Volevo ucciderlo, cazzo, ma era davvero splendido, cazzo”. “Alfie”, scrive Bacharach, è forse la sua preferita tra tutte quelle che ha scritto. E’ una canzone indimenticabile, sensuale, malinconica, piena di qualcosa che assomiglia alla rabbia, alla rassegnazione e poi alla voglia di tornare a vivere.

 

“Alfie” è la vita di Bacharach per come la racconta nella sua autobiografia, che è dedicata alla moglie Jane, ai loro due figli Oliver e Raleigh, al figlio adottivo Christopher e a Nikki, la figlia avuta nel 1966 dalla seconda moglie, l’attrice Angie Dickinson. Nata prematura, sopravvissuta miracolosamente e poi morta suicida a quarant’anni, dopo una vita afflitta da quella che probabilmente era sindrome di Asperger non diagnosticata, Nikki era finita per dieci anni in un istituto dove i suoi genitori pensavano potesse essere curata.

 

A suo padre lei non lo perdonò mai. E’ il grande dolore e la sconfitta più bruciante nella vita del compositore. Il quale non ha paura di confessare che per lui la musica è stata anche una via di fuga da una situazione che lo faceva sentire impotente. Non ha mai voluto leggere, anche se la tiene con sé, la lettera che Nikki gli lasciò prima di morire. Perché, dice, “so già quello che c’è scritto”.

https://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/gloria-burt-bacharach-non-vergognarti-mai-scrivere-melodia-79705.htm

Castiglione71 

  

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